Quando mi decisi a fermarmi, sudata e tremante per lo sforzo, il sole brillava alto nel cielo. La furia del temporale si era placata con le prime luci dell'alba, e io avevo approfittato di quella piacevole frescura per farmi una corsetta rilassante; che poi la corsetta si fosse trasformata in un addestramento militare tra i boschi di Roccascura era del tutto irrilevante. Non avevo idea del perché, ma correre mi aiutava a non rimuginare troppo su pensieri inutili. E, considerando quello che era successo nelle ultime ore, non poteva essere che un bene.
Una volta finiti gli allungamenti, percorsi a ritroso il sentiero nel bosco e mi incamminai per le stradine di Roccascura. Sembrava quasi che il paese si stesse risvegliando in quel momento: qualcuno tirava su la serranda del proprio negozio, alcuni bevevano una tazza di caffè sulla veranda, qualcun altro ancora apriva le persiane per far entrare la luce del sole. Gli schiamazzi dei bambini che si rincorrevano per i vicoletti rimbalzavano sulle pareti, accompagnati dal cicaleccio più tenue degli adulti.
Svoltando nella traversa di via Santa Teresa, un vicolo stretto e angusto che si snodava nei dintorni della piazza, venni travolta da un forte profumo di cornetti caldi e pane appena sfornato. Sapevo perfettamente da dove arrivasse: il forno della signora Margherita era stato una delle mie tappe fisse, fino a qualche estate prima; se chiudevo gli occhi, riuscivo ancora a sentire sulla lingua il sapore delicato delle sue focaccine al burro. Certo, ora la mia stupida dieta si era messa di mezzo, ma ciò non mi impediva di andare a farle un salutino. Era passato più di un anno dall'ultima volta che ci eravamo viste.
La porta sul retro era spalancata, così mi avvicinai per dare una sbirciata all'interno. Lucrezia, la figlia della signora Margherita, sfornava proprio in quel momento un vassoio di focaccine fumanti; il loro profumo era inconfondibile anche dopo tutto quel tempo. Posò il vassoio sul piano metallico accanto ai forni e si asciugò la fronte col dorso della mano, facendosi aria con quella libera; poi evidentemente notò qualcosa con la coda dell'occhio, perché si voltò nella mia direzione e curvò le labbra in un grande sorriso. «Tara!» Superò di corsa l'impastatrice in funzione e venne ad abbracciarmi, incurante del fatto che fossi tutta sudata e, con ogni probabilità, piuttosto maleodorante. «Fatti guardare, splendore». Mi allontanò di poco e fece correre lo sguardo su di me, piegando le labbra in un sorrisetto. «Mi diventi sempre più bella».
«E sempre più mozzarella», conclusi io, alludendo al mio incarnato dalle simpatiche sfumature color cadavere. Alla sua occhiata di rimprovero alzai le mani. «Me l'hai servita su un piatto d'argento, devi ammetterlo».
Lucrezia scosse la testa, facendo saltellare qua e là la coda castana. «Non cambierai mai, tu. Vado a chiamarti la mi' mamma, eh?» Mi diede un buffetto sulla guancia e scomparve in negozio, dove i clienti sicuramente già facevano la fila per assicurarsi il pane più fresco.
La signora Margherita entrò nel retro pochi secondi dopo, pulendosi le mani sul lungo grembiule bianco. Il suo volto smagrito e rugoso era già segnato dalla stanchezza, e io mi chiesi da quanto tempo non dormisse; giorni, a giudicare dal colorito delle sue occhiaie. Ciononostante, quando mi vide il suo sguardo si illuminò. «La mi' bimba m'è venuta a trovare!» Dopo un lungo abbraccio, la signora Margherita mi allontanò per analizzarmi da capo a piedi. «Sembri ancora più bassa dell'ultima volta che t'ho visto. Possibile?»
«Possibilissimo», ridacchiai. «Come va col forno?»
Lei scrollò le spalle. «Bah! Come al solito, direi. Me ne vado in pensione il prima possibile».
Soffocai una risata; la sentivo ripetere quella tiritera da anni, ormai, ma a quel punto era chiaro che non facesse sul serio. «Non lo diceva anche l'anno scorso? Oh, e l'anno prima ancora? E poi-»
«Bada», mi ammonì, agitandomi un indice cicciotto davanti al viso. «Piuttosto, guarda cos'ha qui la vecchia Margherita». Andò a prendere una focaccina dal vassoio appena sfornato, e la avvolse con cura in un tovagliolo di carta. «Con tanto burro, proprio come piacciono a te». Me la allungò con una strizzatina d'occhio.
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Cacciatori di Leggende - Plenilunio [VERSIONE DEMO]
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