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«Ora ti do i soldi del biglietto. Dovrebbe costare sui quattro euro, mi sembra». Mamma scendeva le scale dietro di me, armeggiando con le varie cerniere del suo portafoglio. «Hai tutto nel borsone? Body, paracalli, ricambio...»

Io mi voltai per scoccarle un'occhiata divertita. «Vuoi controllare?»

«Meglio di sì», disse. «Passamelo, che do un'occhiata».

Mi sforzai di non ridere e glielo allungai, andando poi a buttarmi sul divano. Giacomo, rannicchiato vicino al bracciolo sinistro, alzò gli occhi dalla PSP per guardarmi male. «Ancora non te ne sei andata?»

«Sto aspettando il pranzo», replicai con un sorriso. Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloncini e mi collegai su Whatsapp, aprendo la chat con Giorgia. L'ultimo accesso risaliva alle nove e mezza della sera prima, ma decisi comunque di fare un tentativo.

Come stai?, scrissi velocemente. Ieri sera non abbiamo più parlato, alla fine... va beh, fammi sapere. Ti voglio bene.

«Due asciugamani soli ti bastano?»

Io mi voltai, sistemandomi in ginocchio sui cuscini del divano, e puntellai i gomiti sullo schienale. Mia madre stava ancora frugando nella borsa, mettendo in disordine tutte le mie cose. «Certo».

«E perché c'è solo un body?»

Repressi una risata. «Perché d'estate non lo uso, mamma. Non voglio morire soffocata. Quello è lì per sicurezza».

Lei richiuse la zip con riluttanza e andò a posare il borsone all'ingresso, sparendo poi in cucina. «Mi raccomando, Tara. So che sei in vacanza, ma i mondiali sono a novembre e tu non puoi permetterti di rilassarti troppo».

«Lo so, mami», dissi. «Vado in palestra proprio per questo».

Uno sportello sbatté. «È che ti vedo distratta, ultimamente. Forse quest'anno non saremmo dovuti partire».

Cosa? Mi alzai in piedi di scatto, raggiungendo la cucina a grandi passi. Mia madre stava riempiendo un Tupperware di insalata scondita, ben attenta a non sforare con la porzione, e continuava a scuotere la testa. Non stava scherzando. «Che stupidaggine», dissi allora. «Veniamo qui da una vita, mamma!»

Pressò il coperchio sul Tupperware e sollevò lo sguardo. «Sì, ma credo che un mese sia davvero troppo. Il fisico ne risente, stando tutto questo tempo lontana dalla tua palestra, dai tuoi allenatori e dalle tue abitudini». Strinse le labbra in una linea sottile, inclinando la testa da una lato. «Non ti fa bene, Tara».

«Francesca non ne ha mai fatto un problema», risposi con una scrollata di spalle. «E nemmeno tu, mi sembra. Cos'è adesso questa storia?»

Lei infilò il Tupperware in una bustina di carta, aggiungendoci una mela e una bottiglietta d'acqua liscia. «Voglio solo che tu capisca quanto stai arrivando in alto. Non possiamo sprecare quest'occasione perché sei distratta, Tara». Sospirò. «Qualsiasi cosa sia, può aspettare. Sarai nella squadra olimpica, l'anno prossimo».

Io ridacchiai. «Non correre. Il Test Event è tra più di sei mesi, mamma. E non è mica detto che passi le selezioni».

«Sì che le passerai», replicò lei, allungandomi la bustina col pranzo. Poi prese il portafoglio dal tavolo e ne estrasse venti euro, porgendomeli con uno sguardo ammonitore. «Però devi impegnarti seriamente. Lavora bene agli arrivi e ai collegamenti in trave, d'accordo?»

«D'accordo», assentii con un sorriso, uscendo a grandi passi dalla cucina. Infilai la busta del  pranzo nel borsone e me lo caricai in spalla. «Vado. Dovrei essere qui per le tre, più o meno». Lanciai un bacio a mia madre e salutai Giacomo con la mano. «A dopo, famiglia! Salutate papà quando torna!»

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