Egli entrò vomitando bestemmie terribili e mi colse nell'atto di nascondere suo figlio nella credenza di cucina. Hareton era invaso da un
terrore folle di sentirsi in balia delle tenerezze di un bruto, o del furore di un pazzo, perché nel primo caso correva il rischio di essere stretto e
baciato fino al soffocamento, e nel secondo di essere lanciato nel fuoco o contro una parete: così il poverino rimaneva perfettamente immobile
ovunque lo mettessi.
«Eccolo, l'ho scoperto alla fine!» gridò Hindley, agguantandomi per la pelle del collo, come si farebbe con un cane. «In nome del cielo e dell'inferno, avete giurato tra voi di uccidere quel ragazzo? Ora capisco perché non ho mai il bene di vederlo; ma, con l'aiuto di Satana vi farò
inghiottire il trinciante, Nelly! Non state a ridere; ho appena ficcato Kenneth, con la testa all'ingiù, nella marcita del Cavallo nero, e due contano come uno: bisogna che ammazzi qualcuno di voi, non avrò riposo finché non sarà fatto!»
«Ma il coltello non mi va! signor Hindley,» risposi, «è stato adoperato per le aringhe affumicate. Preferisco, vi prego, un colpo di fucile.» «Preferite essere maledetta,» disse egli, «e lo sarete. Non vi è legge in Inghilterra che impedisca ad un uomo di mantenere rispettabile la propria casa, e la mia è abominevole! Aprite la bocca!»
Egli teneva il coltello in mano, e mi cacciò la punta tra i denti; ma per parte mia non avevo mai avuta molto paura delle sue stranezze. Sputai, e
affermai che aveva un sapore detestabile, e che non l'avrei ingoiato per nessun motivo.
«Oh,» egli disse, lasciandomi libera, «vedo che quel piccolo orribile villano non è Hareton. Scusate, Nelly. Se lo fosse, meriterebbe di essere
scorticato vivo, perché non è corso incontro a salutarmi, e si mette a strillare come se fossi un fantasma. Piccolo snaturato, vieni qua! Voglio
insegnarti come si fa a infinocchiare un buon padre deluso come lo sono io! Ma non vi pare che il bambino starebbe meglio tosato? Ciò dà un'aria di ferocia a un cane, e io amo le cose feroci; andate a prendermi le forbici; qualcosa di molto fiero e pulito. Eppoi, è un'affettazione infernale, una presunzione demoniaca, il tenerci, alle proprie orecchie, si è già abbastanza asini senza! Silenzio, marmocchio, silenzio! Ah bene, allora sei proprio il mio amore! Ssst! asciugati gli occhi; ecco gioia mia! Baciami! Come? Non vuoi? Baciami, Hareton! Maledetto, baciami! Per Dio, come se fossi disposto ad allevare un simile mostro! Come è vero che sono al mondo, voglio tirargli il collo.» Il povero Hareton gridava e si dibatteva con tutta la sua forza nelle braccia del padrone; e i suoi strilli raddoppiarono, quando si sentì portato di sopra, e sospeso fuori della ringhiera della scala. Io gridai che al ragazzo sarebbero venute le convulsioni per lo spavento, e corsi per salvarlo. Proprio mentre li raggiungevo, Hindley, avendo udito rumore al di sotto, si sporse per ascoltare, dimenticandosi quasi di quel che teneva tra le mani.
«Chi è?» domandò, sentendo che qualcuno si avvicinava al piede della scala. Io pure mi sporsi per poter far segno a Heathcliff, di cui avevo
riconosciuto il passo, di non venire più avanti, e, nello stesso istante in cui i miei occhi abbandonarono Hareton, questi, con uno strappo improvviso, si liberò dalla stretta e cadde.
Non avemmo neppure il tempo di inorridire che già il povero disgraziato bambino era salvo. Heathcliff era giunto proprio nel momento critico, e con un gesto istintivo ne aveva arrestata la caduta. Rimessolo in piedi, guardò in su per scoprire l'autore del misfatto. Un avaro che per cinque
scellini si fosse separato da un biglietto fortunato di una lotteria, e che il giorno appresso trovasse di aver perso in quell'affare cinquemila sterline, non avrebbe potuto mostrare un volto più disfatto del suo nello scorgere la figura del signor Earnshaw. Quel volto esprimeva, più chiaramente di qualsiasi parola, l'intenso rammarico di essere stato proprio lui a defraudarsi della vendetta. Se fosse stato buio, oso credere che avrebbe cercato di rimediare all'errore commesso, spaccando il cranio di Hareton sui gradini, ma noi eravamo stati testimoni del suo salvataggio, e io mi trovavo già dabbasso con il mio prezioso carico stretto al cuore. Hindley scese con minor fretta, ma rinsavito e umiliato.
«È colpa vostra, Ellen,» disse; «avreste dovuto tenermelo lontano! avreste dovuto portarmelo via! Si è fatto male?»
«Male?» gridai con rabbia: «se non si è ucciso, resterà un idiota! Oh! mi domandò perché sua madre non si levi dalla tomba a vedere quel che fate di lui! Siete peggio di un pagano a trattare la vostra propria carne ed il vostro sangue in tal modo!» Egli fece per toccare il ragazzo, il quale dopo aver singhiozzato per il terrore si era poi calmato, sentendosi nelle mie braccia; ma, non appena il padre fece l'atto di posare un dito su di lui, strillò ancor più forte di prima, e si agitò tutto come se fosse preso da convulsioni. «State lontano!» ripresi io.
«Vi odia come vi odiano tutti; ecco la verità! Oh avete davvero una famiglia felice; e voi vi siete ridotto in un bello stato!»
«Dovrò ancora ridurmi a uno migliore; Nelly,» disse ridendo quel reprobo, ridivenendo duro. «Ora toglietevi di qua voi e lui. E, ascoltate, Heathcliff! Andatevene anche voi, che non vi veda e non vi senta. Per questa notte non vi ucciderò, a meno che non dia fuoco alla casa: ma
questo dipenderà dal mio piacere.»
Mentre diceva questo, prese dalla credenza una mezza bottiglia di cognac, e se ne versò un bicchiere intero.
«No, non fatelo!» lo pregai io. «Signor Hindley, pensateci! Abbiate compassione del vostro sfortunato bambino, se non vi importa nulla di voi
stesso!»
«Chiunque altro avrà cura di lui meglio di quanto potrei fare io,» rispose.
«Allora, abbiate misericordia dell'anima vostra!» dissi cercando di togliergli il bicchiere dalle mani.
«Io! al contrario, avrò un piacere grandissimo di mandarla a perdizione per punire chi l'ha creata,» esclamò quel bestemmiatore. «Ecco, faccio un brindisi con tutto il cuore alla sua dannazione» Vuotò il bicchiere, e bruscamente ci ordinò di andarcene, concludendo quel suo ordine con una sequela di imprecazioni, troppo orribili per essere ripetute.
«È un peccato che non possa uccidersi con il bere,» disse Heathcliff, facendo eco a quelle maledizioni con altre, non appena la porta si fu chiusa. «Fa del suo meglio per arrivarci, ma la sua costituzione è più forte. Il signor Kenneth dice che è pronto a scommettere la sua cavalla che
sopravviverà a tutti gli uomini al di qua di Gimmerton, e andrà alla tomba come il peccatore più decrepito, a meno che qualche fortunato accidente fuori del comune non gli capiti addosso.»
Andai in cucina e mi sedetti, a cullare il mio piccolo agnello finché non si fosse addormentato. Heathcliff, si diresse al granaio; così almeno
credetti. Mi avvidi invece più tardi che non si era allontanato dalla stanza ma si era buttato su di una panca contro la parete opposta, lontano dal fuoco, rimanendo in silenzio. Stavo, dunque, cullando il piccolo Hareton che tenevo sulle mie ginocchia, e canterellavo quella filastrocca che comincia con questi versi:
Lontano nella notte piangevano gli infanti,
sepolta sotto terra, la mamma udì quei pianti...
quando la signorina Catherine, che aveva seguito tutto quel tumulto dalla sua camera, mise dentro la testa, e bisbigliò:
«Sei sola, Nelly?»
«Sì, signorina,» le risposi. Entrò, e si avvicinò al fuoco. Supponendo che stesse per dire qualcosa, le alzai gli occhi in viso. Aveva una espressione turbata e ansiosa. Le sue labbra erano schiuse come se intendesse parlare, ma, invece di formulare parole, emise un sospiro. Ripresi il mio canto, non avendo dimenticata la sua condotta di poco prima.
«Dov'è Heathcliff?» domandò, interrompendomi.
«Alle sue faccende nella stalla,» fu la mia risposta.
Heathcliff non mi contraddisse: forse si era assopito. Seguì un'altra lunga pausa, durante la quale scorsi qualche stilla scorrere lungo le guance
di Catherine e cadere giù sul pavimento. «È pentita della sua condotta vergognosa? mi domandai. «Questa sarebbe una novità; ma dovrà venir lei sull'argomento; io non l'aiuterò! Ma no; le cose che non la riguardano direttamente la lasciano indifferente.»
«Mio Dio! sono molto infelice!» esclamò alla fine.
«Gran peccato,» feci io. «Sei difficile da accontentare; tanti amici, e così pochi fastidi, e non sai essere contenta!»
«Nelly, manterrai il segreto?» ella proseguì inginocchiandosi vicino a me, e alzandomi in faccia i suoi begli occhi con quella specie di sguardo che sa vincere il cattivo umore anche in chi avrebbe tutti i diritti del mondo a conservarlo.
«È un segreto che vale la pena di essere mantenuto?» le domandai meno duramente.
«Sì, mi inquieta, e devo rivelarlo! Vorrei sapere quello che devo fare. Oggi Edgar Linton mi ha chiesto di sposarlo, e io gli ho dato una risposta. Ora, prima che ti dica se è stato un consenso o un rifiuto, dimmi tu che cosa avrebbe dovuto essere.»
«In verità, Catherine, come potrei saperlo?» risposi. «Certamente, se si pensa alla bella condotta tenuta oggi in sua presenza, si dovrebbe dire che ti sarebbe convenuto un rifiuto, poiché, per averti fatta la sua domanda dopo tutto quel che è successo bisogna proprio che lui sia o il più gran stupido o il più gran pazzo che sia al mondo»
«Se parli così, non ti dirò altro,» ribatté capricciosamente, rialzandosi. «L'ho accettato, Nelly. Ora dimmi subito se ho sbagliato!»
«L'hai accettato? Allora che giova discutere la cosa? Hai dato la tua parola, e non puoi ritirarla.»
«Ma dimmi se avrei dovuto fare così, dimmelo!» ella esclamò in tono irritato, torcendosi le mani, e aggrottando le ciglia.
«Vi sono da considerare molte cose prima di poter rispondere come si deve a una tale domanda,» dissi sentenziosamente. «Prima di tutto, ami il
signor Edgar?»
«Chi potrebbe non amarlo? Sì, naturalmente, l'amo,» ella rispose. Allora la misi alla prova del catechismo che, per una ragazza di ventidue anni, è molto istruttiva.
«Perché l'ami?»
«Sciocchezze, l'amo, questo è sufficiente.»
«Nient'affatto: devi dire il perché!»
«Bene, perché è bello, ed è piacevole stargli insieme.»
«Male!» fu il mio commento.
«E perché è giovane e allegro.»
«Male, ancora.»
«E perché mi ama.»
«Di nessuna importanza, detto ora.»
«E sarà ricco, e mi piacerà essere la più grande signora di tutta la contrada, e sarò orgogliosa di avere un marito come lui.»
«Ancora peggio. E ora dimmi come l'ami.»
«Come ama chiunque! Sei sciocca, Nelly.»
«Nient'affatto.»
«Amo la terra ch'è sotto ai suoi piedi, e amo l'aria sopra il suo capo, e tutto ciò che lui tocca, e ogni parola che lui dice. Amo i suoi sguardi, e tutte le sue azioni e lui, intieramente, tutto, tutto quanto! Ecco, ora!»
«E perché?»
«Oh, tu ne fai uno scherzo, e di pessimo gusto! Ma non è uno scherzo per me!» disse la signorina con cipiglio, volgendo il viso verso il fuoco.
«Sono ben lontana dallo scherzare, Catherine,» risposi. «Tu ami il signor Edgar perché è bello, perché è giovane, è allegro, è ricco, e ti ama.
Quest'ultima cosa non ha valore: tu l'ameresti anche senza di questo, probabilmente, e, se ti amasse e non possedesse le prime quattro attrattive,
tu non l'ameresti.»
«No, certamente non l'amerei: mi farebbe soltanto compassione, e forse l'odierei, se fosse molto brutto o sciocco.»
«Ma vi sono molti altri giovani al mondo belli e ricchi; anche molto più belli credo, e più ricchi di lui. Che cosa ti impedirebbe di amare quelli?»
«Ma anche se ve ne sono non si trovano sulla mia via! Non ho veduto nessuno simile a Edgar.»
«Potresti anche vederne, e lui non sarà sempre bello e giovane, e potrebbe anche non essere sempre ricco.»
«Lo è ora, e io ho a che fare soltanto col presente. Vorrei che tu parlassi ragionevolmente.»
«Bene, ciò decide la questione; se tu hai a che fare solo con il presente, sposa il signor Linton.»
«Per questo non mi occorre il tuo permesso, io lo sposerò; ma ancora non mi hai detto se faccio bene.»
«Perfettamente bene, se è giusto sposarsi soltanto per il presente. E ora sentiamo un po' perché non sei felice. Tuo fratello sarà contento, i vecchi genitori di Edgar non faranno obiezioni, credo, e da una casa disordinata e squallida te ne andrai in una rispettabile e ricca; e poi tu ami Edgar e ne sei riamata. Tutto sembra piano e facile; dove è l'ostacolo?»
«Qui! e qui!» rispose Catherine, battendo una mano sulla fronte, e l'altra sul petto: «dove è l'anima. Ho nella mente e nel cuore la convinzione che sbaglio!»
«Mi pare molto strano! Non capisco perché.»
«È il mio segreto. Ma, se non ridi di me, te lo spiegherò. Non posso farlo chiaramente, ma proverò a darti un'idea di quello che sento.»
Era di nuovo accanto a me adesso, il volto le si fece triste e più grave, le mani strette l'una all'altra le tremarono.
«Nelly, non fai mai sogni strani tu?» disse ad un tratto, dopo qualche minuto di riflessione.
«Sì,» risposi io, «di tanto in tanto.»
«E così succede a me. Nella mia vita ho fatto sogni che poi sono rimasti sempre in me, e hanno cambiato le mie idee; mi hanno penetrata tutta,
mescolandosi con me come il vino con l'acqua, e hanno alterato il colore della mia mente. E questo è uno di quei sogni; te lo dirò, ma bada di non riderne.»
«Oh, non dirmelo, Catherine!» gridai. «Siamo abbastanza lugubri, senza invocare spiriti e visioni per impressionarci di più. Andiamo, via, andiamo, sii allegra come lo sei sempre! Guarda il piccolo Hareton, lui non sogna di certo cose tristi. Come sorride dolcemente, dormendo!»
«Ah sì! e come dolcemente suo padre impreca nella sua solitudine! Ti rammenterai credo, quando io non ero altro che una cosina come questa! e altrettanto giovane e innocente. Tuttavia, Nelly, ti sarò grata se mi ascolterai; non sarò molto lunga, e questa sera, del resto, non riesco ad essere gaia.»
«Non voglio sentire non voglio sentire,» mi affrettai a ripetere ansiosamente. Allora ero superstiziosa riguardo ai sogni, e lo sono ancora: e Catherine aveva un'aria insolitamente sinistra, che mi faceva temere qualcosa da cui potesse uscire una profezia, la previsione di qualche
spaventevole catastrofe. Ella parve contrariata, ma non proseguì. Non molto dopo, cambiando apparentemente soggetto, riprese a dire:
«Se fossi in paradiso, Nelly, sarei infinitamente infelice.»
«Perché non sei degna di andarvi,» le risposi. «Tutti i peccatori sarebbero infelici in cielo.»
«Ma non è per questo. Una volta ho sognato d'esser già lassù.»
«Ti ho già detto che non voglio sentire i tuoi sogni, Catherine! Me ne andrò a letto» la interruppi di nuovo.
Ella rise e mi costrinse a star seduta poiché avevo fatto l'atto di alzarmi.
«Questo è nulla,» gridò. «Stavo solo per dirti che il paradiso non mi sembrava fatto per me; ed io piangevo fino a farmi spezzare il cuore, perché volevo ritornare sulla terra e gli angeli erano tanto adirati che mi hanno buttato fuori, giù, in mezzo all'erica, sulla cima di Wuthering Heights, dove mi sono svegliata singhiozzando di gioia. Questo basterà a spiegarti il mio segreto. Non è cosa per me sposare Edgar Linton, come non lo sarebbe il paradiso: e, se quell'infame, che ora è rinchiuso là dentro, non avesse ridotto Heathcliff tanto in basso, non avrei mai pensato di farlo.
Ora, se sposassi Heathcliff, ne sarei degradata; così lui non saprà mai quanto io lo ami: e questo non perché è bello Nelly, ma perché lui è più me di me stessa. Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono simili; e l'anima di Linton è differente come un raggio di luna dal
lampo, o il gelo dal fuoco.»
Prima che questo discorso fosse finito, mi accorsi della presenza di Heathcliff. Avendo notato un lieve movimento, volsi il capo, e lo vidi alzarsi dalla panca e uscire senza far rumore. Egli aveva ascoltato fin quando Catherine non aveva detto che sposando lui si sarebbe degradata; e non rimase a sentir altro. La mia compagna, stando seduta in terra, protetta dall'alto schienale della panca, non aveva potuto accorgersi della presenza nè dell'uscita di lui, ma io, sbalordita, le ordinai di tacere.
«Perché?» domandò, guardandosi in giro con inquietudine.
«Arriva Joseph,» risposi, cogliendo opportunamente il rumore delle ruote del suo carro sulla strada; «e Heathcliff entrerà con lui. Non sono
neppure sicura che non fosse sulla soglia un momento fa.»
«Oh, non può avermi sentita dalla porta,» disse ella. «Dammi Hareton, mentre prepari la cena, e, quando sarà pronta, chiamami a cenare con te.
Voglio ingannare la mia coscienza inquieta e convincermi che Heathcliff non ne capisca nulla, di cose simili. Non è vero? Lui non sa quel che
significhi essere innamorati?»
«Non vedo una ragione perché non debba saperlo quanto te,» replicai; «e, se tu sei quella che lui si è scelta, sara l'uomo più sfortunato che mai sia venuto al mondo! Non appena diventerai la signora Linton, lui perderà amicizia, amore, tutto! Hai considerato come sopporterai tale separazione, e come sopporterà lui di trovarsi completamente abbandonato al mondo? Perché, signorina Catherine...»
«Lui abbandonato! noi separati!» esclamò con accento indignato. «E chi ci separerà, prego? Non, a ogni modo, finché io sono in vita, Ellen, e per
nessun altro al mondo. Tutti i Linton sulla faccia di questa terra possono dileguarsi nel nulla, prima che consenta ad abbandonare Heathcliff. Oh, non è questo che intendevo, e che voglio dire! A tale prezzo non acconsentirei mai a diventare la signora Linton. Lui sarà sempre per me quello che è stato tutta la vita; Edgar dovrà liberarsi dalla sua antipatia per lui, o almeno dovrà imparare a tollerarlo. Lo farà quando saprà quali
sono i miei sentimenti per Heathcliff. Nelly, ora vedo che mi credi una miserabile egoista; ma non hai mai pensato che, se io e Heathcliff ci
sposassimo, saremmo dei mendicanti? mentre, sposando Linton, potrò aiutare Heathcliff a rialzarsi e sottrarlo al potere di mio fratello.»
«Con i soldi di tuo marito, Catherine?» le domandai. «Non lo troverai così malleabile come fai conto che sia: e, benché io non sia davvero un
giudice, pure credo che questa sia la peggior giustificazione che finora tu mi abbia dato del tuo diventare moglie del giovane Linton.»
«Non lo è ?» ribatté ella; «è la migliore! Le altre miravano a soddisfare i miei capricci, e a soddisfare quelli di Edgar; ma in realtà tutto è per
amore di uno solo che riunisce nella sua persona i miei sentimenti verso Edgar e verso me stessa. Non so spiegarmi: ma certamente tu pure hai
un'idea; sai come chiunque altro, che c'è o ci dovrebbe essere un'esistenza al di là di noi stessi? A che scopo sarei io stata creata se fossi interamente contenuta in me stessa? Le mie grandi pene in questo mondo sono state le pene di Heathcliff, e io le ho conosciute e le ho sentite tutte una a una dal principio; la sola ragione di vivere per me è lui. Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo si cambierebbe per me in un'immensa cosa estranea; non mi parrebbe più di essere una parte di esso. Il mio amore per Linton è simile al fogliame del bosco; il tempo lo muterà, ne sono sicura, come l'inverno muta gli alberi; il mio amore per Heathcliff somiglia alle eterne rocce che stanno sottoterra: una sorgente di gioia poco visibile, ma necessaria. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre, sempre nella mia mente; non come un piacere, come neppur io sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere. Così non parlare più della nostra separazione: è impossibile, e...»
Ella si tacque, e nascose il volto nelle pieghe della mia gonna; ma io gliela strappai via con forza. Non avevo più pazienza per le sue follie!
«Se posso cavare qualche senso dalle tue parole, Catherine,» dissi, «esso serve solo a convincermi che ignori del tutto i doveri che ti assumi
sposandoti; o che altrimenti devi essere una ragazza ben cattiva e senza principii. Ma non stare ad annoiarmi con altri tuoi segreti; non ti prometto di mantenerli.»
«Questo lo manterrai, questo?» domandò ansiosamente.
«No, non prometto,» risposi. Stava per insistere, quando l'entrata di Joseph pose fine alla nostra discussione: Catherine andò a sedersi in un angolo ove rimase a cullare Hareton, mentre preparavo la cena. Quando questa fu pronta, io e il mio compagno di servizio cominciammo a litigare per decidere chi dovesse portarla al signor Hindley; e non eravamo arrivati a una conclusione che tutto era già diventato freddo. Allora fu deciso di lasciare che la chiedesse Hindley stesso se proprio lo voleva, poiché avevamo maggior timore a trovarci in sua presenza dopo che era rimasto per qualche tempo in solitudine.
«E come mai Heathcliff non è ancora tornato dal campo a quest'ora? Che cosa sta facendo?» domandò il vecchio, guardando in giro in cerca di lui.
«Lo chiamerò,» risposi, «è nel granaio, sono sicura.» Andai, chiamai, ma non ebbi risposta. Ritornata che fui, dissi sottovoce a Catherine che
senza dubbio lui doveva aver sentito buona parte di quanto ella mi aveva detto, e le raccontai come io l'avessi visto lasciare la cucina proprio mentre lei si lagnava della condotta del fratello verso di lui. Ella si alzò di scatto piena di spavento, buttò Hareton sul sedile, e corse in cerca dell'amico, senza stare a considerare perché dovesse essere così agitata, e in che modo il suo discorso potesse aver impressionato Heathcliff. Rimase assente così a lungo che Joseph propose che non si dovesse aspettare più oltre. Egli congetturò maliziosamente che quei due se ne stessero fuori per evitare di dover ascoltare le sue lunghe preghiere. Erano «abbastanza cattivi per cose di questo genere» , affermò; e a loro beneficio quella sera aggiunse una preghiera speciale alla solita orazione di un quarto d'ora che precedeva il pasto; e ne avrebbe imbastita un'altra alla fine del rendimento di grazia, se la padroncina non fosse entrata in tutta furia a ordinargli di correre giù nella strada o dovunque Heathcliff potesse essere, di trovarlo a ogni costo e di farlo rientrare all'istante.
«Ho bisogno di parlargli, devo parlargli prima di salire,» ella disse. «Il cancello è aperto: deve essere da qualche parte dove non può sentire
perché non ha risposto, benché io abbia gridato a squarciagola giù in fondo all'ovile.»
Joseph dapprima voleva trovare delle scuse, ma ella faceva troppo sul serio per sopportare di venir contraddetta, per cui alla fine lui si mise il
cappello in testa e uscì continuando a brontolare. Nel frattempo Catherine andava su e giù per la stanza, e diceva: «Chissà dov'è, non so immaginare dove possa essere! Che cosa avevo detto, Nelly? Non me ne rammento più. Era irritato per il mio cattivo umore questo pomeriggio? Dio mio! Dimmi che cosa ho detto che possa averlo addolorato? Come vorrei chevenisse! Oh come lo vorrei!»
«Quanto baccano per nulla!» gridai, benché fossi io stessa piuttosto inquieta. «Una sciocchezza ti spaventa! Non c'è di sicuro da allarmarsi
tanto perché Heathcliff fa un giro nella landa al chiaro di luna, o se ne sta rintanato nel fienile, troppo indispettito per risponderci. Scommetto che è proprio lassù. Sta' a vedere se io non saprò scovartelo fuori!»
Uscii per provarmi io pure a cercarlo, ma il risultato fu un'altra delusione, e anche Joseph fallì.
«Quel ragazzo va diventando sempre peggiore!» esclamò, entrando. «Ha lasciato il cancello spalancato, e il pony della signorina dev'esser passato a galoppo attraverso il grano giù nel campo, calpestando tutto. Domani il padrone farà il diavolo a quattro e avrà ragione. È la pazienza in persona con un essere così scorbutico; è la pazienza in persona! Ma non lo sarà sempre, anche con voi. Seguitate, seguitate a farlo dar fuori per nulla e vedrete!»
«Avete trovato Heathcliff, asino?» lo interruppe Catherine. «Siete stato a cercarlo come vi ho ordinato?»
«Avrei preferito andare in cerca del cavallo,» rispose. «Vi sarebbe stato maggior senso; ma in una notte come questa non posso trovare un cavallo, nè un uomo; è nera come il camino! e Heathcliff non è proprio tipo da rispondere al mio fischio, potrebbe darsi che fosse meno duro d'orecchio con voi!»
Faceva molto buio per una sera d'estate: le nuvole minacciavano un temporale, e io dissi che era meglio rimaner tutti in casa; la pioggia
imminente avrebbe certamente fatto rientrare Heathcliff senza altro disturbo da parte nostra. Tuttavia, Catherine non voleva persuadersi a
rimanere tranquilla. Ella non faceva che girare di qua e di là, dal cancello alla porta, in uno stato di agitazione che non le concedeva requie; alla fine si mise contro il muro dal lato della strada, e là rimase, non badando alle mie rimostranze, al brontolìo del tuono, e alle grosse gocce che
cominciavano a spruzzarla tutta; chiamava a intervalli, e poi si poneva in ascolto, e poi si metteva a piangere dirottamente, come avrebbe potuto fare Hareton o qualunque altro bambino. Verso la mezzanotte, mentre eravamo ancora alzati, l'uragano si scatenò con tutta furia sulle «Cime Tempestose». Il vento era furioso non meno del tuono, e spezzò un albero all'angolo del fabbricato; un enorme ramo cadde
attraverso il tetto, e abbatté una parte del camino producendo un rovinìo di pietre e di fuliggine sul fuoco della cucina. Credemmo che fosse scoppiato un fulmine in mezzo a noi; Joseph si buttò in ginocchio, implorando il Signore di voler ricordarsi dei patriarchi Noè e Lot, e, come in quei tempi, di risparmiare il giusto, e colpir solo gli empi. Io pure pensai che il castigo fosse piombato su di noi. Nella mia mente Giona era il signor Earnshaw; e scossi la maniglia della porta della sua tana per accertarmi che fosse ancora vivo. Rispose a voce abbastanza alta, e in un modo che fece predicare al mio compagno, più clamorosamente di prima, che una grande distinzione dovesse esser fatta tra un santo come lui, e un peccatore come il suo padrone. Ma quella tempesta passò in venti minuti lasciandoci tutti incolumi, a eccezione di Cathy che si trovò bagnata fradicia per la sua ostinazione di non voler ripararsi, di rimanere senza nulla in testa, e senza nemmeno uno scialle a prendersi tutta quell'acqua. Rientrò e si sdraiò sulla panca, inzuppata com'era, voltando la faccia contro lo schienale, e coprendosela con le mani.
«Ebbene, Catherine!» esclamai, toccandole una spalla; «non avrai, spero bene, l'intenzione di morire? Sai che ore sono? Le dodici e mezza! Vieni, vieni a letto! Non serve stare ad aspettare più a lungo quel pazzo figliuolo: sarà andato a Gimmerton, e resterà là. Si sarà immaginato che noi non lo aspetteremo fino a quest'ora; o forse che soltanto il signor Hindley sarà in piedi, e vorrà evitare di farsi aprire dal padrone.»
«No no, non è a Gimmerton,» disse Joseph. «Non ci sarebbe da meravigliarci che fosse in fondo a un fosso. Quell'avvertimento non è
arrivato per nulla, e io vorrei che faceste attenzione, signorina, perché la prossima volta toccherà a voi. Sia ringraziato il Cielo che tutto opera per il bene degli eletti separati dai reprobi. Sapete cosa dice la Sacra Scrittura?»
E cominciò a citare parecchi testi, riferendosi ai capitoli e ai versi dove li avremmo potuti trovare. Io, dopo aver invano pregato l'ostinata ragazza di alzarsi e di togliersi di dosso quella roba fradicia, li lasciai l'uno a predicare, l'altra a rabbrividire, e me ne andai a letto col piccolo Hareton che dormiva profondamente come se anche quelli intorno a lui fossero tutti addormentati. Udii Joseph leggere ancora per qualche tempo, poi ne distinsi il lento passo sulla scala, e mi addormentai.
Scendendo un po' più tardi del solito, vidi, ai raggi del sole che penetravano dalle fessure delle imposte, la signorina Catherine ancora seduta presso il focolare. La porta della «casa» era socchiusa, la luce entrava dalle finestre ch'eran rimaste aperte; Hindley era venuto fuori, e se ne stava presso il focolare in cucina, pallido ed insonnolito.
«Che cosa hai, Cathy?» stava dicendo quando entrai; «sembri intristita come un cagnolino annegato. perché sei così bagnata, e così pallida, bambina?»
«Ho preso la pioggia,» rispose lei di mala voglia, «e ho freddo; ecco tutto.»
«Oh, è ben cattiva!» gridai, accorgendomi che il padrone era sufficientemente in se stesso. «S'è presa l'acquazzone di stanotte, ed è rimasta alzata tutta la notte, non sono riuscita a farla muovere.» Il signor Earnshaw ci guardò sorpreso. «Tutta la notte!» egli ripeté. «Che cosa l'ha tenuta alzata? non la paura del temporale, certamente, perché è cessato presto!»
Nè io nè lei desideravamo parlare dell'assenza di Heathcliff fin che fosse stato possibile tenerla nascosta; così risposi che non sapevo proprio per qual capriccio non si fosse coricata, ed ella non disse nulla. La mattina era fresca e limpida, aprii l'impannata e subito la stanza si riempì dei dolci profumi del giardino; ma Catherine mi gridò di cattivo umore: «Ellen, chiudi la finestra! Muoio dal freddo!» E i denti le battevano mentre si faceva più vicina al fuoco ormai quasi spento.
«È ammalata,» disse Hindley prendendole il polso; «credo che questo sia il motivo per cui non ha voluto andare a letto. Maledizione! Non voglio
essere seccato da altre malattie! Per qual ragione sei rimasta fuori sotto la pioggia?»
«Per correr dietro ai ragazzi come di solito!» brontolò Joseph, approfittando della nostra esitazione per intromettere la sua mala lingua.
«Se fossi voi, padrone, chiuderei l'uscio in faccia a tutti, cristiani e pagani. Non vi è giorno, quando voi siete via, che quel gatto di un Linton non
venga qui di nascosto, e la signorina Nelly, gran brava ragazza anche lei, sta in cucina a spiare la vostra venuta, e, mentre voi entrate da una parte, lui esce dall'altra; e poi, quella gran signora, va a far all'amore per conto suo. Bella condotta davvero, appiattarsi nei campi dopo le dodici di notte, con quello sconcio e indemoniato di un Heathcliff! Credono che io sia cieco? L'ho veduto io, il signor Linton, quando è arrivato, e quando se ne è andato, e ho veduto voi,» rivolgendosi a me, «voi, brutta strega buona a nulla, correre a tirare il catenaccio non appena avete sentito il passo del cavallo del padrone sulla strada.»
«Silenzio, spia!» gridò Catherine. «Non un'altra insolenza davanti a me! Edgar Linton è venuto ieri da me per caso, Hindley, e sono stata io a
dirgli di andarsene, perché sapevo che a te sarebbe spiaciuto incontrarti con lui nello stato in cui eri.»
«Tu menti, Cathy, non c'è dubbio,» rispose il fratello, «e tu non sei altro che una maledetta sempliciona! Ma non m'importa di Linton per ora;
dimmi invece, sei stata con Heathcliff stanotte? Di' la verità, non temere di fargli del male; anche se lo odio sempre più, ultimamente mi ha fatto un buon servizio, e mi farei scrupolo di rompergli l'osso del collo. Per impedire che questo succeda, oggi stesso lo manderò per i fatti suoi, e,
quando se ne sarà andato, vi consiglio tutti a rigar dritti, perché avrete ancor più a che fare con me.»
«Non ho veduto Heathcliff stanotte,» rispose Catherine, mettendosi a singhiozzare appassionatamente, «e, se lo scacci da casa, me ne andrò con
lui. Ma forse non ne avrai neppur l'occasione, perché se ne è già andato!» A questo punto ella scoppiò in un pianto dirotto, e le altre sue parole si persero tra i singhiozzi.
Hindley riversò su di lei un torrente di ingiurie e le ordinò di salire immediatamente in camera sua, o non avrebbe pianto per nulla! La costrinsi a ubbidire, e non dimenticherò mai la scena che ella fece, entrando in camera, ne rimasi terrificata. Pensai che fosse diventata pazza, e pregai Joseph di correre per il medico. Le si manifestò un principio di delirio e il signor Kenneth, quando l'ebbe visitata, dichiarò che la cosa era grave; la febbre era altissima. Il dottore le cavò del sangue, e mi disse di tenerla a siero di latte e orzo bollito, e di badare che non si buttasse dalla
scala o dalla finestra; poi se ne andò, avendo non poco da fare nella parrocchia ove la distanza ordinaria tra una casa e l'altra è di due o tre
miglia. Benché non possa dire di essere stata un'infermiera amorosa, nè che Joseph e il padrone facessero meglio di me, Catherine riuscì a cavarsela pur essendo l'ammalata più ostinata e indocile che sia mai esistita. La vecchia signora Linton venne, è vero, a farci parecchie visite, e spesso mise le cose a posto, sgridando tutti e dando ordini a tutti; e, non appena Catherine fu convalescente, insistette per portarla a Thrushcross Grange; della quale liberazione le fummo molto grati. Ma la povera signora ebbe presto motivo di pentirsi della sua gentilezza; entrambi, lei e suo marito, presero quella febbre, e morirono a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. La nostra giovane padrona ritornò tra noi più impertinente, più collerica, e più superba di prima. Di Heathcliff non si era saputo più nulla dalla sera del temporale; e un giorno in cui mi aveva provocata oltre ogni dire, ebbi la malaugurata idea di incolparla della scomparsa del ragazzo, essendo questa la verità, come lei stessa ben sapeva. Ma da quel momento e per parecchi mesi ella cessò di avere qualsiasi rapporto con me, se non quelli che si hanno con una semplice domestica. Anche Joseph dovette sottostare al bando; egli però voleva sempre dire le sue ragioni, e sgridarla come se fosse ancora una ragazzina, ma lei si considerava già una donna, e pensava che la sua recente malattia le desse il diritto di essere trattata con considerazione. E poi il dottore ci aveva avvertiti che non doveva essere contrariata e che la si lasciasse fare a modo suo; e agli occhi di lei era poco meno di un delitto presumere di farle la benché minima opposizione. Dal signor Earnshaw e dagli amici di costui ella si teneva lontana e, ammonito da Kenneth di non contrariarla, il fratello le concedeva qualsiasi cosa ella chiedesse, per evitare di aggravare il suo temperamento collerico. Era quasi troppo indulgente nel soddisfare i suoi capricci non per affetto, ma per orgoglio; egli desiderava seriamente che lei facesse onore alla famiglia
con un'unione coi Linton, e, pur d'essere lasciato in pace, avrebbe permesso che ella ci mettesse tutti sotto i piedi come schiavi, tanto poco
gl'importava. Edgar Linton, come lo sono stati migliaia di uomini prima di lui, e lo saranno dopo, era completamente infatuato; e si credette l'uomo più felice del mondo, il giorno in cui poté condurla alla chiesetta di Gimmerton, tre anni dopo la morte del padre.
Contrariamente alla mia volontà, fui persuasa a lasciare Wuthering Heights, e ad accompagnarla qui. Il piccolo Hareton aveva quasi cinque anni, e io avevo appena incominciato a insegnargli le lettere dell'alfabeto. La nostra separazione fu molto triste; ma le lacrime di Catherine valsero più delle nostre. Poiché mi rifiutavo di seguirla, e visto che le sue preghiere non mi muovevano, andò a lagnarsi dal marito e dal fratello. Il primo mi offrì un compenso grandioso, l'altro mi ordinò di far fagotto; non voleva più donne in casa, disse, ora che non vi era più la mia padrona, e, quanto a Hareton, ci avrebbe pensato il curato a suo tempo; così non ebbi da scegliere; dovetti fare come mi veniva ordinato. Dissi al padrone che lui si liberava da tutte le persone oneste per correre più presto alla sua rovina: baciai Hareton, gli dissi addio, e da allora mi è diventato estraneo; è assai doloroso pensarlo, ma non ho il più piccolo dubbio che non abbia completamente dimenticata la sua Ellen Dean, lui che era più che tutto il mondo per lei, e lei per lui!
A questo punto della storia la mia governante ha dato per caso un'occhiata all'orologio sopra al camino, e si è meravigliata di trovare che la lancetta dei minuti indicava l'una e mezza. Non ha voluto saperne di restare un secondo di più, e in verità io stesso ho pensato che fosse bene
differire il seguito della narrazione. E ora che lei se ne è andata a riposare, e che sono rimasto a meditare per altre due ore, bisognerà che mi faccia coraggio a onta della dolorosa inerzia della mia testa e di tutte le mie membra, e me ne vada anch'io a dormire.
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CIME TEMPESTOSE~ EMILY BRONTË
RomancePer Heathcliff e Catherine la gioia più grande è fuggire nella brughiera e restarci tutto il giorno. Sono spiriti liberi, selvaggi, ribelli. A loro non importa delle convenzioni sociali, di cosa pensano gli altri nel vedere insieme lui, semplice sta...