La Pace Precaria Di Un Equilibrista Instabile

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Oh beh, i giorni che seguirono la trasformazione di mia sorella furono i più monotoni della storia dell'umanità. Kyle si prendeva cura di Ludovica medicandole con costanza e delicatezza le ferite ormai in via di guarigione. Facevano lunghe passeggiate nelle ore di sole e sorseggiavano tè caldi davanti al camino quando calava il sole.
Quella sera soffiava una leggere brezza invernale che scompigliava le chiome innevate degli alberi; nella casa della guardia tutto taceva mentre il manto scuro della notte avvolgeva il paesino come una mamma stringe il suo piccolo in un panno caldo.
-Accidenti! É tutto così calmo e pacifico. Sono tutti così felici, troppo felici- pensai contemplando quel bel quadretto di montagna. Senza caos in giro per il mondo non ci sarebbero più state tragedie, disgrazie, morti precoci, come avrei fatto io? Mi sarebbero rimaste solo anime di vecchietti intenti a raccontare storie che odorano di muffa, no, non potevo permetterlo.
Come sicuramente saprete: non c'è vita senza morte, ne morte senza vita. Allora, dato che mi ritrovo immersa fino al collo nella morte, perché non provare a creare la vita? Tutto quello che mi serviva era una vasca, un corpo e un bel po' di magia nera. Da qualche tempo nella mia valle ombrosa vagava l'anima di un affascinante cavaliere. Un giovane re morto in battaglia, pugnalato innumerevoli volte mentre strisciava a terra cercando di raggiungere la sua arma, doveva essere furibondo ed inarrestabile; in più, non avendo lasciato alle sue spalle nessuna dama a piangerne la morte, non avrebbe avuto alcun motivo per abbandonarmi: faceva proprio al caso mio.
<<Re Viandante>> dissi in tono solenne guardando giù dalla terrazza della mia corte verso quell'orda di anime striscianti che ribollivano emettendo urla soffocate e pianti violenti e insopportabili.
<<Re Viandante>> ripetei ancora più forte seccata di non aver ricevuto alcuna risposta, <<presentatevi al mio cospetto allo scoccar della sesta ora nella sala del trono. É un ordine>>.
Allora dal fondo della valle giunse una voce profonda e piena d'orgoglio
<<cosa vuoi da me? Hai già preso tutto ciò che avevo>>,
<<portarmi rispetto sciocco umano. Io sono la tua regina>> dissi indignata dal modo in cui aveva osato rivolgersi a me.
<<Non sei nessuno per me. Te ne stai lì rintanata nel tuo castello a guardare divertita le vite che hai rovinato>>,
<<non decido io chi vive e chi muore. Se proprio devi avercela con qualcuno prenditela con te stesso: se tu avessi combattuto meglio quel giorno in Scozia adesso saresti seduto su un trono circondato d'oro. Non é colpa mia, non ho creato io le regole del gioco>> i muscoli del suo volto si irrigidirono al suono di quelle dure parole, avevo toccato un tasto dolente.
<<Allora vieni qui>> disse il cavaliere riacquistando la calma ed indicando con un ampio gesto del braccio ciò che lo circondava <<in mezzo a noi. Così vedrai com'è stare dall'altra parte delle mura>>,
<<e così sia>> risposi prima di rientrate e scendere le rampe di scale che mi separavano dall'uscita. Quando arrivai al piano terra, con quell'enorme portone di metallo scuro davanti, indugiai per un momento prima di afferrare i battenti e spalancare le ante davanti a me. Fu una terribile decisione: intorno ai miei piedi candidi scorreva un liquido nero e denso come cera e colla amalgamate insieme. Ero circondata delle figure scure di quelle anime perdute che intonavano fischi e mugolii agghiaccianti. Alcune mi maledicevano con lo sguardo, altre mi imploravano di portarle con me verso la salvezza del mio castello, ma io non avevo occhi per nessuno, continuavo a fissare quel meraviglioso cavaliere dalla lucente armatura che stava procedendo verso di me con passo calmo ed elegante. Aveva ancora la corazza che portava nella battaglia che gli fu fatale, attraversando il mio cancello si era rifiutato di abbandonarla e non mi sembrava carino strappargliela con la forza. Le sue sembianze umane erano rimaste immutate poiché la poca durata del suo soggiorno in questo universo delirante aveva impedito alle mie nubi infernali di trasformarle.
I capelli scuri erano scompigliati e sembravano non risentire della forza di gravità, gli occhi erano due pozzi neri profondi come la notte, gli zigomi erano molto evidenti sotto un fine strato di pelle; era alto ed imponente, aveva un fascino regale che sicuramente aveva infranto tanti cuori di giovani damigelle durante la sua vita terrena. La sua voce suonò alle mie orecchie come un eco profondo quando mi fu davanti:
<<allora? Cosa vuoi ancora da me?>> domandò con voce sprezzante,
<<ho bisogno del tuo aiuto>>.
<<Supplicami>> rispose allora lui mentre un amara scintilla infuocava i suoi occhi,
<<come scusa?>> chiesi io chiaramente stupita dalla richiesta,
<<hai capito bene, se vuoi il mio aiuto per qualunque dei tuoi piani, dovrai supplicarmi>> disse il ragazzo facendo un passo indietro creando così tra noi la distanza necessaria per un inchino;
<<vanitoso, orgoglioso, bello, subdolo, sei tutto quello di cui ho bisogno>> ammisi prima di inginocchiarmi ai suoi piedi come non avevo mai fatto per nessun altro <<la prego, ho re umano di..>> cominciai con tono vagamente sarcastico,
<<d'Inghilterra, re d'Inghilterra>> mi interruppe lui,
<<re d'Inghilterra>> ripresi come se quel commento non mi avesse sfiorata <<di aiutarmi nel mio piano di distruzione al fine di ripristinare il caos primordiale>>
<<concesso>> fu l'unica risposta che ottenni da quel magnifico uomo prima che mi porgesse una mano per rimettermi in piedi.
La sua vicinanza era stranamente imbarazzante, mi metteva a disagio, era come se improvvisamente mi fossi scordata tutto, persino il mio nome. -No- pensai dentro di me -non posso innamorarmi di un umano, non adesso. Al momento l'unica cosa importante è farla pagare a mia sorella-, così, senza dire nient'altro, ritornai sui miei passi e rientrai nel mio palazzo sentendomi ancora il suo sguardo addosso.

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