Hogwarts. Ancora due mesi, e sarebbe stato davanti al portone del castello di Hogwarts. Teddy non riusciva a capire se fosse felice o no. Insomma, andava a Hogwarts! Era entusiasta, non vedeva l'ora, fremeva aspettando quella maledetta lettera. Ma al contempo avrebbe voluto non avvicinarsi mai a quella scuola. Avrebbe voluto scappare in Francia dalla nonna di Victoire e non trovarsi mai davanti quel posto.
Una lacrima silenziosa gli scese lungo la guancia, senza che potesse fare nulla per fermarla. La lasciò scorrere un attimo, poi tirò con forza su col naso e si passò la manica sul viso. Non doveva avere paura di quel posto, non doveva piangere pensando alla Sala Grande. Non poteva. "Mi dispiace perché non lo conoscerò mai... ma lui saprà perché sono morto e spero che capirà. Stavo lottando per un mondo in cui lui possa vivere una vita più felice". lo aveva detto suo padre. Lui lo sapeva, lo zio Harry glielo aveva detto. Gli aveva detto di aver parlato con suo padre dopo che era già morto, grazie ad una qualche pietra andata poi perduta.
Teddy voleva capire. Voleva vivere la sua vita felice, ma non riusciva a non pensare a sua madre e suo padre stesi l'uno accanto all'altra su un telo bianco, le braccia distese fin quasi a toccarsi, in quella sala dove avrebbe pranzato e cenato per anni.
Teddy osservò la sua luna. Era quasi piena, e splendeva nel cielo di giugno con una limpidezza inafferrabile, una dolcezza ineguagliabile. Il ragazzino sospirò, abbassando gli occhi sui propri piedi. Indossava il pigiama, era troppo corto, tendendosi si sollevava lasciandogli scoperte le caviglie, ma lui non aveva voluto buttarlo. Gli piaceva. Il giorno dopo sarebbe stato il suo ultimo giorno di scuola a Londra, nella scuola babbana che aveva frequentato per cinque anni, dove aveva vissuto con i suoi amici, aveva litigato con altri ragazzini, aveva riso e fatto ridere, aveva combinato guai a non finire, si era strappato la divisa una volta ogni due giorni diventando il più assiduo frequentatore della sartoria in tutta la storia della Regina Vittoria.
Due mesi prima aveva compiuto undici anni, uno dei compleanni più importanti per un mago; ancora si ricordava quella giornata nel minimo dettaglio. Il suo padrino, Harry, gli aveva fatto tra gli altri un regalo che non avrebbe più dimenticato: un ricordo.
Dalla battaglia di Hogwarts, Harry aveva cercato ricordi dei suoi genitori e dei loro amici tra le persone che li avevano conosciuti, e ora era il momento, come gli aveva detto, di fargli vedere qualcosa. Lo aveva fissato con un'espressione triste, sorridendo appena, e Teddy aveva capito che lo zio lo capiva. Che sapeva come si sentiva. Gli aveva passato una mano sulla guancia e gli aveva scompigliato i capelli azzurri, e Teddy aveva capito anche che lo zio gli stava dicendo che non poteva nascondersi dal passato. Così ai piedi del letto, quella mattina di fine aprile,mentre fuori dalla finestra gli uccelli cinguettavano allegri e il sole splendeva radioso, Teddy aveva trovato un pacchetto particolare. Aprendolo, si era ritrovato in mano un album rilegato in pelle. Lo aveva sfogliato con mani tremanti, emozionato. Proprio nella prima pagina, una foto piuttosto rovinata, con qualche strappo e macchia, ritraeva un uomo castano che guardava terrorizzato e agitando le braccia un neonato con i capelli verdi, in braccio ad una ragazza che rideva all'espressione dell'uomo. La ragazza portava i capelli rosa shocking, corti, e mentre rideva ondeggiavano qua e là.
Teddy aveva sorriso, mentre le lacrime cominciavano a bagnargli le guancie, immaginandosi la scena con l'aiuto dei racconti della nonna. Girando la pagina aveva trovato un'altra foto rovinata anche più della prima, dove un frugolino si agitava nella sua culla, ridendo senza neanche un dente, mentre i suoi capelli passavano dall'azzurro al rosa al giallo per tornare sull'azzurro. Accanto alla foto c'era una scritta. Questa è la prima foto che tuo padre ci mostrò di te, ometto. Gli brillavano gli occhi. 1\05\98
La foto sarebbe stata bagnata dalle lacrime se non fosse stata coperta dal vetrino.
In ogni pagina, Teddy aveva trovato una foto, una lettera o un oggetto appartenuti ai suoi genitori. Una foto con un ragazzo che gli assomigliava stretto tra altri due che lo schiacciavano fra loro con sorrisi birbanti, uno era uguale allo zio, la prima lettera che sua mamma aveva spedito ai nonni da Hogwarts, una fede identica a quella che portava al collo insieme alla conchiglia, solo più sottile.
Ora l'album si trovava accanto ai suoi piedi, sul davanzale della finestra dove stava appollaiato, e continuava a ricordargli che non poteva nascondersi dal passato. Che non poteva averne paura, che il dolore era giusto, ma non doveva impedirgli di vivere. I suoi pensieri volarono al bosco dove erano stati sepolti Remus e Ninfadora Lupin. Lei odia quel nome. Remus e Dora Lupin. Loro non avrebbero voluto essere sepolti in un cimitero, quel bosco dove si erano baciati per la prima volta era sembrato alla nonna e allo zio il posto perfetto. Per quanto perfetta possa essere una tomba, una lapide con su scritti dei nomi, una pietra fredda che non risponderà mai.
Teddy era andato spesso alla tomba dei suoi genitori, con la nonna ma di più con lo zio, e specialmente da piccolo si era seduto lì davanti a parlare; non riceveva risposte, ma gli dava un senso di comprensione, come guardare la luna. Ora, più spesso stava semplicemente seduto in silenzio con la schiena contro un albero, a fissare la lapide grigia e le parole che vi erano incise.
Remus John Lupin nato il 9\05\60
Ninfadora Clarisse Lupin nata il 17\04\70
Morti il 2\05\98 combattendo nella Battaglia di HogwartsL'amore è anche fatto di attese, quando si è pronti basta solo saper tendere la mano.
Morire combattendo per un mondo in cui un figlio possa vivere più felice, rende meno dolorosa la morte.
Le parole dei suoi genitori, poco prima e poco dopo che un lampo verde gli togliesse ogni possibilità di poterli mai conoscere, erano incise su quella pietra come sul suo cuore.
La cosa di cui hai più paura è la paura stessa, questo è molto saggio.
Lui era arrabbiato con se stesso perché aveva paura. Avrebbe voluto avere paura della paura, ma non pensava che temendo Hogwarts, temeva in effetti la paura e il dolore che gli avrebbe portato. Era un bambino saggio, un bambino allegro e malinconico, felice e triste, coraggioso. Ma non lo sapeva.
Sospirò, abbassando di nuovo lo sguardo sull'album. A Hogwarts prima di tutto la mamma e il papà avevano vissuto e amato, erano stati eroi. La loro morte c'era stata perché avevano avuto il coraggio di combattere per la vita. Lui non aveva paura di questo.
- Io non ho paura - la luna brillava nel cielo - Non ho paura. Vi voglio bene.
Teddy Lupin scese dal davanzale e tornò nel suo letto, e si addormentò fissando il cielo stellato della sua stanza.
Tra pochi mesi avrebbe avuto una nuova casa ancora, una casa che racchiudeva più ricordi di quanti ne volesse conoscere, ma che avrebbe amato come e forse più delle altre.
Teddy Lupin non aveva mai mangiato una Cioccorana, perché non aveva voluto trovare una figurina con i suoi genitori, ma ora era pronto per vivere nel castello dove erano morti. Ma prima di tutto, vissuti.
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La Luna negli occhi
Storie d'amore" Victoire strinse i pugni, irritata.- Sei proprio una testa di Pluffo!- esclamò, poi vide il sorriso beffardo di Teddy e cominciò a balbettare- di pluffa, volevo dire... pluffa- Il ragazzo sorrise, e replicò, guardandola:- Di Pluffo? Non saprei...