Capitolo 8- Il visitatore:

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Sconfitti, confusi e amareggiati, ce ne tornammo a casa.

-Adesso che cosa farà?- chiese John.

-Probabilmente verrà a farci visita tra poco. Voglio che nessuno dei due sia qui.- rispose Sherlock.

-Non ci penso proprio a lasciarti da solo con lui. Io lo conosco più di te e oltretutto ho una pistola.- intervenni.

Sherlock fece un sospiro e guardò John.- Lasciaci da soli con lui.- gli disse.

John era sicuro di quello che il suo amico faceva e si fidava di lui, quindi uscì dal palazzo.

Non so che cosa ci avrebbe fatto James, quindi cercai di fare conversazione con Sherlock.

-Quindi... noi cosa siamo adesso?- gli domandai, andando verso di lui e accarezzandogli il petto a due mani.

Lui mi sorrise. – E' solo sesso.-

Non riuscì a dire altro, perché qualcuno suonò il campanello.

Era lui: capelli in gelatinati e giacca e cravatta.

-Che bella catapecchia.- commentò, guardandosi attorno. Si sedette sulla poltrona di Sherlock e quest'ultimo davanti a lui. –Oh, Helena, mi ero quasi dimenticato della tua presenza.- esclamò con un sorriso, prendendo la sedia da sotto la scrivania e posandola accanto a se.- Siedi.-

Non avevo intenzione di sedermi e sicuramente non accanto a lui.- No,grazie.-

-Siedi!- esclamò.

Il suo tono alto mi fece sobbalzare e allora mi avvicinai per sedermi.

-Ah, aspetta...Posa la pistola,ovviamente.- continuò.

Mi morsi un labbro per il nervosismo e lasciai la pistola sul tavolo.

-Anche il giubbotto.-

Lasciando il giubbotto con il cellulare dentro, non potevo chiedere nemmeno aiuto.

Quindi, mi misi a sedere accanto a lui.

-Hai risolto l'enigma?- chiese a Sherlock.

-Non mi hai dato tempo di pensarci.- rispose lui.

-E i gioielli del re?- continuò, picchiettandosi le dita sul ginocchio.

-Hai fatto scattare l'allarme, avevi sicuramente qualche amico che controllava le telecamere. Ma ti sei comunque fatto arrestare per farti pubblicità sui giornali e corrotto la giuria, minacciati magari, per farti dichiarare non colpevole.- spiegai, mentre mi domandavo il perché si picchiettasse sul ginocchio.

James mi indicò con un sorriso.- Visto? Questa è intelligenza. Sei caduto molto in basso, Sherlock Holmes.- commentò alzandosi.-Risolvi il mio enigma.-

-Altrimenti?- intervenne Sherlock.

James le prese come parole di sfida e mi afferrò il braccio.- Altrimenti la uccido.- esclamò.

Il mio cuore batté forte dalla paura: non avevo mai pensato realmente alla morte, ma mi fidavo di Sherlock.

-Non preoccuparti Helena, torno a prenderti.- mi assicurò.

Allora cercai di non avere paura e seguii James.

***

Mi portò su una macchina lussuosa e improvvisamente mi coprì gli occhi con una bandana.

Per tutto il viaggio non spicciai parola, sapevo che Sherlock mi avrebbe salvato, ma cosa voleva da me James nel mentre?

La macchina si fermò e lui mi spinse dentro un posto che aveva l'odore di fumo e sentivo anche cadere qualche goccia da sopra di me.

Infine, mi tolse la bandana dagli occhi e potei vedere che eravamo in un parcheggio abbandonato: l'acqua cadeva dai tubi e l'odore di fumo, veniva da una candela accesa su di una tavola apparecchiata per un pranzo.

-Dai,vieni.- mi disse, il suo sorriso non era più quello di un pazzo psicopatico, anzi, era del tutto incoraggiante.

Abbastanza confusa mi andai a sedere accanto a lui.

-Perché tutto questo?- gli domandai.

-C'è una cosa che devi sapere riguardo me e Sherlock. Vedi..James Moriarty è il mio secondo nome, un patrigno acquisito mi ha voluto chiamare così. Il mio vero nome è Richard Brooks.- rispose.

Ero ancora più stranita di prima e lui lo notò.

-Sherlock ha inventato Moriarty, mi ha pagato perché io facessi la parte del cattivo, facessi quelle cose che ho fatto, solo per far credere a tutti che lui fosse buono e io il mostro da sconfiggere.- continuò.

Non sapevo se crederci, non riuscivo a pensare, ne ad analizzare se James stesse mentendo o no.

-Hai una prova?-

James estrasse il portafoglio dalla tasca e mi diede il suo documento di identità: il nome coincideva a quello che mi aveva detto lui.

-Come faccio a sapere che non è falso?-

Mi porse il suo telefono.-Chiama i tuoi amici poliziotti..Ah no, aspetta, perché tu non ne hai amici poliziotti.-

Beccata.

-Perché gli hai mentito dicendogli che eri una poliziotta?-

Sospirai, mi passai le dita sugli occhi, non sapevo cosa rispondere, non sapevo più niente...ero solo confusa.

-Non lo so, credevo...credevo che così mi avrebbe preso nella sua squadra.- risposi balbettando.

Mi mise il telefono in mano.- Chiama John, deve sapere anche lui.-

E così feci: cercai di spiegare a mio fratello la situazione e nemmeno lui poteva crederci.

-E adesso che si fa?- domandai a James.

-Si va in scena.-

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Elementare, Miss. Watson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora