Capitolo 10- Il fantasma:

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Non riuscii a dormire quella notte.

Tutto quel sangue, il sorrisino di James, le urla, i pianti, mi facevano venire gli incubi.

Non sapevo che fine avesse fatto James, ma ero sicura che mi avrebbe trovato e incessantemente, cercato.

Dovevo cambiare casa, cambiare nome, identità.

Ma prima, io e John organizzammo il funerale di Sherlock.

C'eravamo solo io e lui a fissare la sua lapide: nemmeno suo fratello si era degnato di venire.

Forse non erano poi così tanto fratelli.

-Andavate al letto insieme?- mi chiese John.

-Non lo so. Provavo cose che non sentivo da quando ho conosciuto il mio ex marito: attenzioni, sguardi, carezze.- spiegai.

Poi, anche John si rivolse alla lapide.- Sei il mio migliore amico.- singhiozzò.- Quindi per favore..fa il miracolo di non essere morto.- sussurrò.

-Mi dispiace.- gli dissi, poggiando la testa sulla sua spalla e stringendogli la mano.

Quel sociopatico iperattivo era riuscito a farmi riconciliare con mio fratello, dopo anni di menzogne e nessun contatto.

Qualcosa di buono era riuscito a farlo.

2 anni dopo.

Erano passati due anni e poteva sembrare che ci avessi messo una pietra sopra.

Ma solo perché avevo davvero cambiato nome e abitazione, non vuol dire che avessi dimenticato.

Il mio era un piccolo appartamento vicino alla Torre dell'Orologio, ancora più piccolo del precedente.

Per alcuni mesi non ero riuscita a staccarmi dal letto di Sherlock, ne a lasciare andare il suo odore buono.

Ma poi, i miei sogni erano invasi da quel sorriso maligno di James Moriarty e non sapendo che fine avesse fatto, mi ero imposta letteralmente di sparire.

Successe quella mattina d'estate: non avevo trovato un lavoro, ma John mi aiutava con le spese e il cibo.

Quindi, non mi alzavo quasi mai dal letto, se non per fare il caffè.

Era diventato tutto così noioso e nessun lavoro mi attirava.

Quando sorse il sole, ero ancora assonnata e stringevo a me il cuscino vestita solo di intimo.

Improvvisamente, sentii delle leggere labbra baciarmi la spalla.

Era quasi piacevole, credei fosse un sogno.

Delle dita mi mise i capelli dietro l'orecchie e poi una voce. -Svegliati.-

Era la voce di Sherlock.

Spalancai gli occhi e mi guardai intorno: era davvero un sogno, perché non c'era nessuno.

Mi alzai e dopo essermi messa la vestaglia, andai in cucina.

Lui era lì: con il suo smoking, che metteva il caffè nella macchinetta.

Inizialmente, lanciai un urlo...magari vedevo pure i fantasmi.

Poi ci fu un minuto di silenzio.

-Stai calcolando se posso essere un fantasma o no?- domandò, prendendo una tazza.

-Lo sei?- gli chiesi, piuttosto terrorizzata.

-No.- rispose secco.- Sono vivo.-

Il mio cuore quasi si fermò, non potevo crederci. L'uomo per cui avevo tanto pianto, in realtà non era mai morto.

Eppure era lui: capelli neri ricci, occhi azzurrissimi e labbra a cuore.

Iniziai a tremare senza motivo quando lui mi venne in contro.

Mi prese le mani e le strinse, non era un fantasma, era vero.

Portai la mano sulla sua guancia, non era nemmeno fredda.

Singhiozzando, lo abbracciai e lui mi strinse a se.

Poi, gli diede un forte schiaffo.- Due anni senza sapere niente! Ma sei impazzito?! Lo sai quanto ho pianto?! C'era tutto quel sangue, me lo sento ancora sotto le unghie!- urlai balbettando e piangendo.

Non riuscivo a respirare, mi stava venendo un attacco di panico e corsi sotto la doccia fredda per calmarmi.

Cercavo di lavarmi le mani, le unghie, ma era inutile.

Mi sedetti sul piatto doccia e lui vicino a me: mi prese il dito e se lo mise in bocca, succhiando.

-Va meglio?- sussurrò.

In effetti..si, quindi annuì.

Girò la manovella in acquacalda e mi strinse a se.- Mi dispiace.-    

Elementare, Miss. Watson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora