Ultimo capitolo- Il ritorno:

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Ci furono urla, gente che scappava: era anche buio fuori e non riuscii a vedere da dove arrivavano gli spari.

La sala era lunga e aveva un lato di finestre in vetro: non si ruppero, voleva dire che lo sparo era diretto verso l'alto, forse per spaventarci.

Gli spari cessarono dopo qualche minuto.

John, Sherlock e Lestrange scortarono gli invitati in cucina e li chiuse lì.

Io invece ero bloccata al tavolo, dall'altra parte della sala.

Non potevo muovermi o mi avrebbero sparato.

-Resta lì Helena, vengo a prenderti!- esclamò Sherlock.

Avevo paura, davvero paura.

-No, ti spareranno!-

-Sta tranquilla.-

Prese a correre veloce verso di me e veloci spari ruppero vetri e bicchieri sui tavoli,ma alla fine riuscì ad arrivare da me.

-Sono vivo?- mi domandò col fiatone, ancora con gli occhi chiusi.

Gli tastai il corpo per vedere se perdeva sangue, ma nulla.- Si, sei vivo.-

-Bene. C'è un'uscita dalle cucine, andremmo lì.- spiegò.

Significava attraversare di nuovo la sala e non volevo che Sherlock diventasse il mio scudo umano.

-Non puoi proteggermi con solo il tuo corpo.- gli feci notare, abbastanza preoccupata.

-Helena ascoltami, prima di incontrare te ero solo un uomo che risolveva crimini e utilizzava la testa la maggior parte delle volte. Ha iniziato a battermi il cuore non appena ho capito che non eravamo poi così tanto diversi, solo che a te il cuore te lo avevano spezzato. Non voglio che succeda ancora e non so come si faccia a proteggere una persona. Quindi lascia che io usi l'unica cosa che so utilizzare: me stesso.- spiegò.

Sicuramente quello non era il momento per dichiararmi che ci teneva a me, ma convinta dalle sue parole e pregando che non succedesse niente, accettai.

-Sei pronta?-

Annuì e strinsi la sua mano.

Dopo aver contato fino a tre, corsi dall'altra parte della sala mentre sparavano contro di noi.

Quando finalmente ero quasi arrivata, sentii due fitte forti all'addome e persi equilibrio.

Poi svenni.

***

Aprii gli occhi e mi ritrovai su un letto d'ospedale: alla mia destra c'era John, ma nessun altro.

-Ehi, come ti senti?- mi chiese John.

-Come una a cui hanno sparato.- risposi a voce bassa, sentendomi ancora debole.

Avevo un cerotto sotto un seno e uno sull'addome, probabilmente erano riusciti a togliere i proiettili.

Mi guardai intorno e non vidi l'investigatore.

-Dov'è Sherlock? Hanno sparato anche a lui?- domandai preoccupata.

John esitò prima di rispondere, ma Sherlock giunse nella stanza con in mano due caffè.

Feci un sospiro di sollievo, aveva solamente dei punti sulla fronte.

-Stai bene?-

-Si, mi ha solo colpito un vetro: due punti e una leggera cicatrice. Starò bene.- rispose lui.

Mi rivolsi a mio fratello.- Mi dispiace di averti rovinato il matrimonio.-

Mi strinse la mano. –Non devi neanche pensarlo, non è stata colpa tua. La festa era già rovinata dopo il discorso di Sherlock.- commentò.

Entrambi scoppiammo a ridere, mentre Sherlock faceva una smorfia di disapprovazione.

-Però non l'ho ma visto così.- continuò.

-Come?- domandai.

-Più...umano.-

Sorrisi a Sherlock e lui mi accarezzò la mano.

-Bene, vi lascio da soli.- esclamò John, alzandosi per poi uscire dalla stanza.

Tornai con lo sguardo dall'uomo che aveva cercato di salvarmi la vita e gli feci spazio sul letto per farlo venire vicino a me.

-Il discorso che hai fatto ieri sera...E' stato molto bello da parte tua.- gli dissi, guardandolo negli occhi.

-Beh, ultimamente quando sono vicino a te arrossisco la maggior parte delle volte, mi batte forte il cuore, per un momento pensavo fosse un infarto.- continuò lui.

Presi a ridere: si stava forse innamorando di me?

-Si chiama cotta, Sherlock.-

-Oh. E' una buona cosa.-

-Si, significa che hai un cuore anche tu.- commentai, voltando di più la testa verso di lui per lasciargli un delicato bacio sulle labbra.

Mi guardò per alcuni secondi, poi torno serio.-Avevi ragione sai? Il fotografo era a capo di 5 sicari sparsi per tutto il ristorante. Lestrange li ha arrestati tutti.- spiegò.

-E per chi lavoravano?- domandai. Volevo sapere chi è che mi voleva morta.

Lui sospirò, sembrava che non volesse dirmelo.- James Moriarty.-

Lo sapevo che non era morto, non poteva essere morto, lui era il genio dei geni quanto Sherlock Holmes e adesso mi dava la caccia.

-Se vuole uccidere te, dovrà prima passare sul mio cadavere.- mi disse Sherlock, notandomi preoccupata.

Mi strinsi a lui quando notai che alcune infermiere correvano per il corridoio.

-Ma che succede?-

-La tv non si spegne!-

-Prendete altre batterie!-

Si sentiva dire.

Quindi Sherlock prese il telecomando e accese la televisione che avevo in camera.

Eccolo apparire sullo schermo: James Moriarty, con il suo sorrisino.

-Vi sono mancato?-

CONTINUA..

Elementare, Miss. Watson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora