Capitolo 8

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I fastidiosi gemiti degli altri due mi frantumarono i timpani. Furioso, picchiai il pugno contro il muro, -Basta casino, voi due!- Ma continuarono, imperterriti. Dannata voglia di coito mattutina! Infilai la testa sotto il cuscino e mi tappai le orecchie con le dita. Avrebbero smesso, presto o tardi. Dopo un minuto o due piantarono lì di gemere ed ansimare. Quei due avevano una gran resistenza, lo dovevo ammettere. Sorrisi, beato, mi stappai le orecchie e mi sistemai meglio per qualche altro attimo di sonno. Non riuscii ad addormentarmi, com'era ovvio, ma non avevo nemmeno voglia di alzarmi... quella notte avevo dormito troppo poco e le poche ore di dormita erano state agitate e tormentate da sogni contorti. Scossi la testa. Meglio non pensarci e dormire ancora un po'. Chiusi gli occhi e la pace mi avvolse... fui svegliato da una leggiadra bussata alla porta. Sbuffai, contrariato. Perché non potevo dormire in santa pace?! Buttai all'aria le coperte, mi alzai e andai vero l'uscio... mi accorsi di non riuscire a camminare bene, come se avessi un peso alle anche. Infastidito, abbassai gli occhi. Le guance mi avvamparono. Un'erezione mattutina mi gonfiava le mutande. Benissimo! Come diamine potevo nasconderla?! Mi guardai attorno alla disperata ricerca di qualcosa con cui coprire quella cosa. Afferrai l'accappatoio dalla poltroncina scassata e me lo infilai. Lo chiusi per bene e aprii, -Che c'è?!- Era Jigen, una sigaretta già in bocca, -Stiamo aspettando te per la colazione, cosa aspetti?-

-Preparatevela voi, no?!-

-L'abbiamo già preparata, manca solo il caffè e freddo fa schifo.-

-D'accordo, d'accordo... arrivo.- Annuì e si allontanò massaggiandosi la fronte. Lanciai un'occhiata al corridoio, era libero. Corsi in bagno per sgravarmi da quell'imbarazzante peso, poi mi lavai la faccia. Mi guardai allo specchio, avevo le guance rossicce e calde, come se avessi la febbre. Eppure non stavo male, stavo bene... benissimo! Tornai in camera e mi vestii. Guardai la "Rosa nera", appoggiata sul tavolinetto vicino all'armadio. Quell'armadio mi fece tornare in mente il sogno che mi aveva tenuto sveglio tutta notte. Mi concentrai, quindi, sul diamante. Era per Fujiko, le sarebbe piaciuto e mi avrebbe ringraziato baciandomi con la sua boccuccia delicata. Eppure, quel nero profondo e luccicante non mi ricordava Fujiko, mi sembrava così simile agli occhi di Koichi... sorrisi impercettibilmente. Alla fine, quei sogni mi avevano tenuto sveglio in modo piacevole... piacevole?! Ma cosa stavo pensando?! Scossi la testa e andai in cucina. Dovevo pensare ad altro, liberarmi di quei pensieri. Goemon mi sorrise, -Ciao, Lupin... scusa se ti abbiamo svegliato, stamane, ma sono le nove ed eravamo un po' preoccupati. Tu non ti alzi mai dopo di noi.-

-Sì, sì, non preoccupatevi.- Mi sedetti al tavolo, Jigen aveva già messo la moka sul fuoco. Sorrisi, malizioso, -Piuttosto... cosa stavate facendo stamattina?- Il samurai arrossì, fu il tiratore a rispondere, -Ci stavamo dando dentro nell'armadio... idea mia, ovviamente.- Ghignò, -Non che a Goemon sia dispiaciuto... soprattutto l'uso della cravatta non gli è dispiaciuto...- Abbassò gli occhi e sussultai. Nell'armadio?! Dannazione, quel dannato sogno tornava. Il caffè era pronto, lo bevetti tutto in un sorso e mangiai in fretta due dorayaki, preparati sicuramente da Goemon. Mi alzai, corsi in camera, presi la giacca e aprii la porta di casa, -Ragazzi, io esco... starò via un po', non aspettatemi.- Annuirono, perplessi, e mi salutarono. Salii in macchina, uscii dal garage e cominciai a vagare. Il traffico era micidiale, ma non mi interessava. Uscire non avrebbe risolto molto. Aprii il finestrino e mossi lo sguardo verso il cielo. Ripensai alla rapina, alla gioia provata nel vedere Koichi, alla sensazione aggrovigliata sentita nello stomaco nel sentirlo pronunciare il mio nome. Uscire era l'unica idea che avevo avuto per sbrogliare quella maledetta situazione ingarbugliata e senza senso...


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