Capitolo 12

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Salii in macchina e accesi il motore. Mi allontanai dalla casa, gli lanciai un ultimo sguardo, mi guardava dalla finestra della cucina. Sospirai. Possibile che fossi così codardo e disonesto? Mi vantavo di essere un ladro gentiluomo, ma lo ero davvero? Gli avevo mentito spudoratamente. Avevo mentito anche a me stesso, ovviamente. Non era stata solo una notte. Koichi Zenigata non era il passatempo di una notte. Lui non era come quelle donnette che rimorchiavo ogni tanto da qualche parte e che mi portavo a casa perché non volevo dormire da solo. Lui non era come Fujiko Mine, ipocrita, traditrice, perfida e tentatrice. Lo sguardo che mi aveva lanciato dalla finestra era stato così semplice e contorto... lo sguardo unico di un uomo unico. Picchiai la testa sul volante, sospirai. Lui era Koichi Zenigata, una parte importante della mia vita. Non potevo rinunciare a lui, ci conoscevamo da troppo tempo, in fondo non eravamo più legati solo da questioni lavorative. Eravamo nemici, amici, compagni... eravamo qualcosa di indefinito, ma avevamo smesso di giocare solo a guardie e ladri da un bel po'. Avevo visto la sua espressione disperata quando mi aveva creduto morto, avevo percepito la sua tristezza quando mi aveva rinchiuso in una cella di isolamento... avevo visto il suo sorriso quando aveva capito che ero ancora vivo, avevo percepito la sua gioia quando aveva trovato la mia cella vuota. Mi strombazzarono, il semaforo era verde, ripartii. Sospirai e scossi la testa. Quei pensieri mi stavano avvelenando il cervello e intossicando l'animo. Arrivai a casa, il traffico non mi aveva impedito di tornare alla mia solita vita da ladro. Parcheggiai e mi avvicinai alla casa a tentoni, le gambe mi tremavano. Appoggiai la mano sulla maniglia, la porta era chiusa. Mi frugai in tasca, ma le chiavi erano in casa, non le avevo prese con me. Bussai debolmente alla porta, non m'importava molto che mi aprissero, in fondo, probabilmente erano ancora a letto. Venne Jigen ad aprirmi, -Ciao, Lupin. Niente chiavi, eh? Dai, entra!- Annuii e mi sforzai di sorridere. Mi precedette, -Ti preparo un caffè e prendo i biscotti...-

-No, grazie, ho già mangiato... dov'è Goemon?- Si voltò a fissarmi, intravidi i suoi occhi infastiditi e rabbiosi. Agitò le braccia e imitò la voce del samurai, -In giardino ad allenarsi... il grande Goemon Ishikawa XIII era da tanto che non si esercitava con la sua preziosissima Zantetsu-ken, tanto vale dare buca al pigro Daisuke Jigen ed allenarsi tutto il giorno!- Sorrisi. Era così buffo! Scoppiai a ridere, -Jigen! Sei geloso di quella spada?!-

-No... certo che no, figurati! Dico solo che potrebbe tenere in mano un'altra spada, al momento, e che potrebbe fare ginnastica anche a letto con me!- Una smorfia mi deformò i lineamenti, -Grazie per i dettagli, Jigen... prova a parlargli. Io vado in camera.- Andai verso la camera, ma mi prese per un polso, -Dove sei stato stanotte, Lupin? Da Fujiko?-

-No, no... sono andato a fare un sopralluogo per il prossimo furto...- Annuì poco convinto, ma mi lasciò andare senza farmi altre domande. Gli fui grato e mi resi conto di quanto mi conoscesse bene... si capiva che era il mio migliore amico! Mi chiusi in camera e mi sedetti sul letto. Mi passai una mano fra i capelli e alzai gli occhi sul diamante posato sul mobiletto davanti alla finestra. Quel nero luminoso e profondo mi ricordò Koichi... i suoi occhi, i suoi capelli, la sua pelle, le sue labbra. Sospirai, mi alzai, presi la "Rosa nera", aprii l'armadio e ce la buttai dentro, stizzito. Sbattei le ante dell'armadio e mi spostai davanti alla finestra. Guardia fuori, intravidi Jigen e Goemon che si abbracciavano e che poi si avvicinavano alla porta. Perché non potevamo essere anche noi così? Sospirai... una gran sensazione di vuoto si fece strada tra le mie membra...

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