Capitolo 15

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Smetto di parlare cercando di fare un sorriso di incoraggiamento sia per me sia per Alex. Tengo la testa bassa e gli occhi fissi sulle mie mani, ormai bianche e doloranti, che stringono il bordo del tavolo. Piena di vergogna per ciò che ho appena confessato non riesco a guardarlo negli occhi né a proferire parola. Sento i suoi occhi addosso e non capisco come mai non abbia ancora detto qualcosa. La vergogna si impossessa di me sempre di più, secondo dopo secondo, e le lacrime ricominciano a scorrere. In pochi minuti mi ritrovo con le ginocchia al petto e la testa tra le gambe, scossa da singhiozzi assordanti.
Alex, alzandosi, sbatte la sedia a terra e inizia a vagare per la cucina con le mani tra i capelli. Adesso so per certo che non avrei dovuto confessargli il mio passato, sperando che volesse restare al mio fianco ugualmente.
"Non è possibile... non è possibile", continua a ripetere.
Alzo la testa nell'esatto momento in cui dei piatti toccano il pavimento, provocando un forte rumore e trasformandosi in mille cocci.
"Alex, mi dispiace. Io non avrei dovuto dirtelo... ma le cose tra noi stanno cambiando e non riuscivo più a tenermi tutto dentro. Dovevi saperlo.", dico a bassa voce, continuando a piangere.
"Avresti dovuto dirmelo o no? Esattamente cosa volevi tenere per te, Mia?", chiede con tono aspro.
In realtà non so dargli una risposta.
"Avresti dovuto dirmelo prima!", urla.
"E cosa sarebbe cambiato?", chiedo afflitta.
"Tutto, Mia! Io e te non saremmo mai arrivati a questo punto, a nessun punto!"
"Alex capisco che sei arrabbiato e che sei schifato dalla persona che hai davanti... ma non rinnegare quello che c'è stato. Ti prego. So che pensavi fossi pura come tua madre...", dico non riuscendo a terminare la frase.
So per certo che i mille pezzi di ceramica bianca sparsi sul pavimento sono quelli che componevano il mio cuore di cui non è rimasto nulla.
"Pensi di farmi schifo? Tu non hai la minima idea di ciò che penso!"
Lo guardo pregandolo silenziosamente di confessarmi ogni suo pensiero, ma lui non accenna a rendermi partecipe di ciò che lo assilla.
"Vattene Mia."
I battiti cardiaci aumentano a dismisura e un secondo dopo sono inesistenti. Sento un peso invisibile schiacciarmi velocemente. L'ossigeno è diminuito tutto a un tratto e, mentre mi alzo dalla sedia, la testa inizia a girare vorticosamente. Sapevo l'avrebbe presa male ma questa reazione non me la sarei mai aspettata. Pensavo che questa confessione ci avrebbe aiutato a conoscerci davvero, fino in fondo, abbattendo ogni barriera tra noi. Pensavo che avremmo parlato, discusso, litigato, ma lui ha alzato un vero e proprio muro di cemento che non mi è permesso oltrepassare.
"No, no, no." Ripeto questa sillaba all'infinito strattonando la sua maglietta e sperando che non voglia cacciarmi davvero.
Non muove un muscolo, gira soltanto la testa per non guardarmi. Le lacrime, come un fiume in piena, non si fermano e le mie mani ricadono lungo i fianchi, sentendomi sempre più vuota e pesante allo stesso tempo.
"Non cacciarmi, ti prego."
Vorrei dirgli che mi dispiace di aver perso la verginità così presto, di non essere pura come la sua mamma. Vorrei urlargli che lui è l'unico che riesce a farmi sentire bella, pura, pulita soprattutto nei momenti in cui mi sono ritrovata nuda davanti ai suoi occhi, ed è una sensazione che non avevo mai provato. Non sapevo cosa volesse dire fidarsi e amare qualcuno, soprattutto un uomo. Alex mi ha resa libera: infiltrandosi dentro di me un po' alla volta è riuscito a cacciare tutto ciò che di brutto c'era e che io tanto odiavo. E più odiavo quel qualcosa, più odiavo me stessa e meno facile era vivere.
Alex si allontana velocemente da me e colpisce una vetrina posta accanto al frigorifero. Infiniti pezzi di vetro cadono a terra e noto subito la sua mano destra sanguinante.
"Alex!", urlo spaventata.
Mi avvicino frettolosamente a lui, che si gira verso di me e, nell'esatto istante in cui i nostri occhi si incontrano, dai suoi iniziano a scorrere lacrime silenziose. Mi meraviglio della sua capacità di controllare le emozioni: se non fosse davanti a me, non saprei che sta piangendo.
Prendo la sua mano intatta tra le mie e lo trascino verso il bagno. Si siede sul bordo della vasca e in silenzio apro il mobiletto sopra il lavabo e prendo garze e disinfettante.
"Brucerà un po", dico seria.
"Mi dispiace tanto, amore mio", dice per poi avvolgermi la vita con il braccio sinistro, stringendo la maglietta senza farmi male.
Mi scosto delicatamente, leggermente infastidita. Mi siedo accanto a lui prendendo la sua mano e mettendomela sulle ginocchia. Il sangue ha smesso di uscire dalle ferite provocate dal colpo e intorno ad esse un po' si è già seccato. Tampono e strofino piano, cercando di fargli meno male possibile. Noto le sue espressioni infastidite e piccoli sussulti, così mi scuso infinite volte a bassa voce.
"Non sei tu a doverti scusare", mi dice.
Applico una garza pulita sulle nocche malandate che rimarrà ferma grazie ad una fascia elastica.
Sistemo in fretta ciò che ho utilizzato, butto le cose sporche e mi lavo le mani.
Alex mi abbraccia da dietro e grazie allo specchio incontro il suo sguardo spento e perso. Appoggia la fronte sulla mia spalla e mi accarezza la pancia.
"Ho reagito male, malissimo, nel peggiore dei modi e per questo ti chiedo scusa. So che allora non ci conoscevamo né pensavamo minimamente di poterci incontrare, ma saperti così esposta e indifesa mi ha fatto salire il sangue al cervello. Non sono riuscito a rimanere calmo, Mia, ho perso la ragione! Eri consenziente ma lui è stato un grandissimo stronzo, sapeva bene quello che stava facendo e a cui tu saresti andata incontro. Si è approfittato di te!", dice quasi urlando. "Non mi fai schifo, non sei una persona sporca e non ti devi vergognare di niente. Non tu! Hai solo fatto uno sbaglio che ti è costato caro, ma gli errori sono stati fatti da altre persone che ora vorrei prendere a pugni!", termina trattenendosi dal gridare. 
Si passa le mani tra i capelli e cammina avanti e indietro nel bagno.
"Come si chiama, Alex?"
"Gloria", risponde girandosi verso di me. "Entrambe siete state umiliate da due grandissimi stronzi egoisti. Cazzo! Entrambe non vi meritavate tutto ciò che vi è successo. La donna di mio padre non doveva subire la cattiveria che volevo riversare su di lui, e tu non dovevi essere vittima di un approfittatore!"
"Non paragonarti a lui e non paragonare me a Gloria. Ormai è passato, Alex, e bisogna andare avanti. Io ho perdonato Marco e Gloria ha sicuramente perdonato te. Bisogna saper perdonare, sempre", dico accarezzandogli il viso.
"Non posso perdonarmi ciò che ho fatto."
"Sì, invece", rispondo accogliendolo tra le mie braccia che lo circondano immediatamente.
In lacrime, Alex si sfoga ancora per un po', chiedendomi perdono innumerevoli volte e stringendomi forte a sé.
Lo spoglio lentamente e dopo esser entrato nella vasca da bagno inizio ad insaponargli la schiena. Inginocchiata sul tappeto non ho alcuna difficoltà a vagare sul suo corpo con la spugna.
"Dovrei essere io a prendermi cura di te", dice tenendo gli occhi chiusi.
Permettendomi di coccolarlo non ho bisogno di nient'altro, solo toccandolo riesce ad infondere pace in me.
"Alex, è ora di uscire. Prendi freddo", dico notando la pelle d'oca sulle sue braccia. Gli avvolgo l'accappatoio intorno al corpo e dopo avergli dato un bacio sulla guancia, esce dal bagno in silenzio.
Sembra essere più turbato di me e solo ora capisco quanto ha bisogno di amore quest'uomo. Ed io sono disposta a dargliene fino all'ultima goccia che ho in corpo, disposta a rimanerne senza solo per lui.
"Profumi di lavanda", dice sorridendo.
"Ieri non c'era questo sapone", affermo contenta.
"L'ho comprato solo per te. È perfetto!", risponde inspirando a fondo.
"Adesso dormi."
"Sì, mamma", dice ridendo, contagiandomi.
Ed io, proprio come se fossi la sua mamma, gli accarezzo il viso e i capelli cercando di farlo rilassare, fin quando il suo respiro regolare mi fa capire che si è addormentato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 07, 2016 ⏰

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