Capitolo 9

4 1 0
                                    

È il terzo giorno di vacanza, escludendo la giornata in cui siamo arrivate. Provo ad alzarmi dal divano, stranamente riposata, cercando di non svegliare Sammy che dorme beata ai miei piedi. Mi accorgo di non essermi cambiata per dormire e vado subito in bagno a farmi una doccia. Indosso il bikini più bello che ho, bianco con i lacci formati da piccolissimi cerchi di metallo dorato. Il pezzo di sotto è davvero misero ed è proprio per questo motivo che ho deciso di indossarlo! Metto addoso solo una gonna di jeans, prendo un muffin al cioccolato dalla credenza e dopo aver afferrato la borsa da mare, infilo le infradito e mi dirigo verso la spiaggia. Lo trovo impegnato a rastrellare la sabbia e fingendo indifferenza gli passo accanto.
"Ciao Mia", dice continuando il suo lavoro.
"Ciao Alex", saluto continuando a camminare.
Siamo soli su questo pezzetto di spiaggia e spero con tutto il cuore che resti lì dov'è, il più lontano possibile da me. Mangio il mio muffin gustando ogni briciola e so già che tra poco mi pentirò di aver ingerito questa botta di calorie. Ci penserò oggi pomeriggio. Aspetto mia mamma godendomi il sole delle 8:00. Solo un paio d'ore più tardi è accanto a me e decidiamo di fare una nuotata insieme. L'acqua non è più fredda come il primo giorno ma dopo un po' inizio a rabbrividire avendo le spalle esposte all'aria. Stanca, mi sdraio a riva, sulla sabbia che si sta appiccicando sulla mia pelle bagnata e infilando fin sotto il costume. Non mi addormento ma mi rilasso a tal punto da non sentire più niente attorno a me, oltre il rumore delle onde e del vento.
"Vado a preparare il pranzo, tesoro."
"Mh-mh."
Inizio a muovere le braccia su e giù, facendole strisciare sulla sabbia. Le mie mani affondano al suo interno e così anche i piedi. Mi immergo ancora una volta nell'acqua salata di questo meraviglio mare e tutta la sabbia che ho addosso finisce per disperdersi intorno a me. Mi asciugo grazie al calore del sole e chiamo mia madre, dicendole di non aspettarmi per pranzo. Voglio stare un po' per conto mio e penso sia arrivato il momento di provare il cibo di questo piccolo bar.
"Un insalata col tonno, grazie." Mi siedo in uno dei tavolini esterni e mi godo il mio pranzo vista mare.
"Sei qui tutta sola?", mi chiede un uomo di mezza età avvicinandosi.
"Io, ecco... no."
"Ah no?", risponde ammicando. "Io penso di si invece."
Prende posto accanto a me e si avvicina sempre di più. Comincio ad avere paura e quest'ultima mi paralizza.
"Lei è mia. Vattene. Adesso."
Alzo gli occhi e vedo Alex che fissa in cagnesco l'uomo accanto a me. Lui alza le mani e finalmente va via permettendomi di riprendere a respirare. Ho le lacrime agli occhi ma non riescono a scendere. Non piango da tanto tempo... ad eccezione delle volte in cui mi ritrovo semi-svenuta.
"Non dovresti mai stare sola. Sei troppo bella. Rischi di farti del male", dice serio.
"Sono troppo bella", dico scettica, "ma non abbastanza per essere ricambiata."
"Mia mi dispiace tanto..." Mi alzo dalla sedia per evitare di sentire altro. Questo ragazzo sta facendo riemergere ciò che mi sono impegnata a sotterrare. Sta abbattendo le mie barriere, rendendomi fragile e facendomi provare emozioni che non ricordavo più. Ed io non voglio che finisca così.
Recupero tutte le mie cose sotto l'ombrellone e vado via senza voltarmi, sentendo ancora gli occhi di quell'uomo fissi sul mio seno.
Con le Air Force ai piedi mi ritrovo sul marciapiede senza fiato. Corro, passo dopo passo, sempre più veloce, senza riuscire a fermarmi. Sfogo tutta la mia angoscia su questo asfalto, lasciando, sotto ogni passo, un grammo di rabbia. Arrivo ad un bivio e non sapendo dove andare faccio marcia indietro senza diminuire la velocità.
Dopo quasi mezz'ora di corsa sotto il sole delle 16, inizia a girarmi la testa e mi siedo immediatamente sul primo muretto che trovo. Scendo gli scalini, mi tolgo le scarpe e mi avvio verso la riva del mare. Percorro tutta la spiaggia camminando lentamente, arrivando finalmente, dopo più di venti minuti, alla fine di essa. Alex è seduto ed io mi chiedo come faccia a non annoiarsi facendo questo lavoro sopratutto in un periodo come questo, in cui vedrà massimo cinque persone al giorno. Una bella ragazza, bionda e slanciata gli si avvicina. È sicuramente più grande di me e più sicura. Si siede sulle sue gambe mettendogli un braccio intorno alle spalle e subito gli schiocca un bacio sulla guancia. "Alex, finalmente ti ho trovato. Come stai amore mio?"
Amore mio? Seriamente? Mi sale il sangue al cervello e dopo averlo fulminato con lo sguardo aumento il passo per andarmene.
"Mamma, dove state andando?"
"Oh tesoro, ho provato a rintracciarti ma hai lasciato il telefono a casa. Ti ho lasciato un post-it attaccato al frigorifero. Io e Sofia stiamo andando in paese e poi raggiungiamo Zoe e i suoi genitori in pizzeria."
Felice di non essere stata invitata annuisco e le lascio andare salutandole.
Mentre sono sotto la doccia sento bussare alla porta. "Arrivo", dico urlando sperando che mi sentano.
"Sofi cos'avete dimenticato?", chiedo aprendo la porta. Resto a bocca aperta. Il mio corpo è ricoperto solo da un minusco pezzo di stoffa che lascia gambe e braccia completamente scoperte e subito dopo essermene resa conto mi sento avvampare.
"Alex!"
"Scusa Mia", dice coprendosi gli occhi. Ed io mi sento morire. Gli sbatto la porta in faccia e mi vesto frettolosamente.
"Cosa vuoi?", chiedo riaprendola, sicura che mi stia aspettando fuori.
"Ho sentito che saresti rimasta a casa da sola e ho pensato di riportarti questi", mi dice porgendomi i miei vestiti e le All star che prima non avevo notato.
"Grazie. È tutto?"
"Veramente no."
"Che c'è? Sei venuto a dirmi di non saltarti più addosso perché ti faccio schifo o perché sei tentato di tradire la tua ragazza?"
"La mia ragazza? Quale ragazza? E tu non mi fai schifo!", dice alzando il tono di voce.
"Quale ragazza?", chiedo quasi urlando. "Quella che ti stava appiccicata come una cozza!"
Scoppia a ridere ed io sono accecata dalla rabbia, pronta a rientrare in casa e sbattergli nuovamente la porta in faccia.
"Aspetta! Posso cenare con te?"
Venti minuti dopo siamo seduti sotto il gazebo con il nostro panino al prosciutto in mano.
"La ragazza che hai visto... noi non stiamo insieme."
"Non diciamo cazzate! Ti ha chiamato amore", dico guardando dritto davanti a me.
"È mia sorella. È tornata solo oggi da Milano dopo aver saputo dell'ennesima litigata che ho avuto con nostro padre."
Mi sento così stupida. Vorrei sotterrare la testa sotto una montagna di terra e non tirarla fuori per i prossimi diec'anni.
"È molto bella", dico senza accorgermene.
"Oh lei è bellissima. Ed è la donna più carismatica che io conosca", risponde con il viso di chi è immerso nei suoi pensieri.
"Ho ventisette anni, Mia. È per questo motivo che non ho ricambiato il tuo bacio. Non mi fai per niente schifo!"
"Ventisette? Sembri più giovane."
"Ti ringrazio per il complimento, ma ti rendi conto di quello che ti ho detto? Mia, ho dieci anni in più di te."
"E quindi?"
"E quindi? Sarebbe sbagliato. Anche un solo bacio sarebbe un fottuto sbaglio."
"Non potevi pensarci prima di spargere candele per tutti gli scogli o prima di salvarmi sia dal mare sia da quell'uomo, definendomi tua?", chiedo incredula.
"Chiunque ti avrebbe salvata, non diciamo cazzate! Ma per l'altra sera... io non so cosa mi sia preso. Non riesco a starti lontano da quando ti ho vista la prima volta, sdraiata su quel lettino. E non immagini le cose che avrei voluto farti in quel momento!"
"Ah si? E sentiamo, cosa avresti voluto fare?", chiedo mettendomi a cavalcioni su di lui. "Questo?", dico baciandogli il collo, "o questo?", continuo mettendo le mani sui suoi pettorali.
"Fermati Mia! È sbagliato."
"Non lo è. Io sono consenziente!", affermo guardandolo negli occhi.
"Non ci conosciamo nemmeno. E se te ne pentissi? O se venisse a saperlo qualcuno? Potrebbero denunciarmi, persino tu potresti farlo!"
"Non lo direi a nessuno", dico scendendo dalle sue gambe, camminando per rientrare in casa.

Conto alla rovescia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora