Capitolo 4

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Ho la pelle fredda e bagnata, e questo venticello mi provoca brividi dalla testa ai piedi. Sento freddo e non riesco a smettere di tremare. Le lacrime scendono come un fiume in piena sulle mie guance nonostante delle mani calde e sicure stiano cercando di fermarle. Le estremità del mio corpo sono intorpidite e non reagiscono ai comandi del mio cervello che ordinano loro di muoversi. Anche le mie orecchie si rifiutano di collaborare.
"Mi senti?"
Sbatto le palpebre ripetutamente senza riuscire a vedere alcunché oltre il buio: intorno a me tutto è scuro e c'è solo una voce che sento lontana e non riconosco. Cerco di mettere a fuoco ciò che ho davanti a me e dopo qualche interminabile minuto mi trovo immersa in uno sguardo angosciato.
Mi costa fatica tenere gli occhi aperti.
"Ti prego riaprili"
Ogni lettera rimbomba nella mia testa come una profonda martellata.
Dalla mia bocca esce un lieve mugolio. Vorrei urlare, ordinando a questa voce di cessare perché, anche se bassa e gentile, mi sta assordando.
"Ho freddo", mi esce in un sussurro quasi inudibile. Sento dei passi farsi sempre più lontani e via via più vicini, e subito dopo qualcosa di morbido che mi ricopre tutto il corpo e immediatamente mi regala un po' di calore tanto atteso. Percepisco una mano dietro la mia testa che la spinge verso l'alto e subito dopo del liquido fresco si fa strada nella mia bocca, scendendo in gola. Ne voglio ancora e cerco di trattenere con le labbra ciò che mi sembra il bordo di un bicchiere di plastica, fin quando non ce n'è più. Tiro su col naso e un profumo dolce mi invade le narici. Sorrido istintivamente e, allo stesso modo, tiro fuori una parola. "Aiutami."
"Cosa posso fare? Ti aiuto a sederti? Ti prego dimmi come aiutarti." È una voce strozzata che mi provoca un immediato senso di tenerezza. Annuisco debolmente e due braccia forti mi tirano su dolcemente. Sento una mano dietro il mio collo e un'altra sulla schiena. I miei piedi si ritrovano a contatto con la sabbia umida e fredda, ma più calda di loro. Mi scendono altre lacrime, incapace di aprire gli occhi dalla stanchezza nonostante mi stia sforzando. "Stai tranquilla, respira e aprili con calma." Faccio respiri profondi e l'ossigeno riempie ogni cellula del mio corpo, risvegliandolo. "Brava, così. Continua." Dopo pochi minuti che mi sembrano un'eternità, inizio a sbattere le palpebre, piano, senza riuscire a fare altrimenti.
"Mio dio, finalmente."
Vedo una persona, un uomo inginocchiato davanti a me. È lui, proprio lui, che mi guarda come se stesse aspettando di incrociare i miei occhi da tanto, troppo tempo. Capisco che la voce udita fino adesso è la sua e ne sono stranamente felice ma allo stesso tempo spaventata.
"Dove sono? Perché sono qui con te? Cosa mi hai fatto? Non mi toccare!" Dalla mia bocca escono frasi discordanti e senza senso che non riesco a trattenere. Cerco di indietreggiare rendendomi conto solo adesso di essere seduta su un lettino da spiaggia. Cado all'indietro, lasciando andare la coperta e arranco per scappare ma sono troppo debole. Subito si alza in piedi scavalcando ciò che ci divideva e alza le mani in segno di difesa, o forse d'arresa. "Non voglio farti niente, non avere paura. Vengo spesso qui a quest'ora." Lo interrompo urlandogli contro. "Non mi interessa, voglio sapere cosa mi hai fatto! Dimmelo!" Mi accascio a terra, tremando. Mi prende tra le sue braccia, sedendosi sulla sabbia fredda. "Ti prego non avere paura", continua, "ho sentito un urlo e subito dopo ho visto qualcuno sbracciarsi in mezzo al mare. Non sapevo fossi tu. Sono corso nuotando più velocemente possibile ma non riuscivi a restare a galla più di due secondi, che subito un'onda ti portava giù con sé. Ho fatto appena in tempo a prenderti per un braccio e, dopo aver detto che loro erano tornati, hai chiuso gli occhi. Di chi parlavi?" Parla velocemente, come un treno in corsa e quasi non mi accorgo della domanda che mi è stata posta. "Nessuno", rispondo frettolosamente sbarrando gli occhi, "puoi dirmi che ore sono?"
"Quasi le 5:30." Il sole dovrebbe sorgere a momenti e spero che mia mamma non si sia svegliata.
"Sono qui da quasi due ore", dico parlando tra me. "Dove sono le mie cose?"
"Il telefono e il maglioncino?" Annuisco. "Lì, su quella sdraio. Sei svenuta, sicuramente a causa del freddo. Dopo mezz'ora hai ripreso conoscenza.. I trenta minuti più lunghi della mia vita", dice sorridendo. "Solo poco fa hai riaperto gli occhi.. ma questo già lo sai..", termina imbarazzato. Resto in silenzio per un po', lo guardo attentamente e, quando inizio a credere che mi stia dicendo la verità, un semplice grazie esce dalla mia bocca. Si alza in piedi e mi porge la mano pregandomi con gli occhi di fidarmi di lui. Restiamo in piedi, uno accanto all'altra, guardando il sole sorgere. L'aba avanza, sempre più vicina a noi, e il timido sole inizia a scaldarci. Solo ora mi accorgo di essere molto, troppo vicina a colui che mi ha salvata. La mia mano scorre sulla sua schiena, sotto la sua maglietta, per sentirne il calore che emana e le sue dita percorrono i tratti del mio viso. Trovano le mie sopracciglia, gli zigomi, il naso e persino il piercing, l'arco di Cupido e infine il contorno delle mie labbra. Occhi negli occhi, incantati e travolti dal momento ci avviciniamo sempre di più. Arrivati alla stessa altezza, le nostre labbra si fermano a pochi millimetri di distanza. Le sue mani scivolano sul mio collo e poi sulle mie braccia. Cerca le mie mani e, appena le trova, allunghiamo la distanza tra noi fino a perdere il contatto. Ci allontaniamo camminando lentamente all'indietro come gamberi. Recupero le mie cose e lui resta fermo, imbambolato, a guardarmi con un espressione seria e curiosa in volto. Comincio a correre il più possibile, allontanandomi dal suo sguardo, certa di rivederlo tra poche ore.

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