Capitolo 11

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Io non provo niente per te, se non un rapporto di fedeltà; non potrei mai amarti fredda come sei!

Non riuscivo a credere a quello che avevo appena fatto, avevo rinnegato il mio amore davanti a lei.
Stavo ormai cavalcando da ore, nella speranza di scordare anche solo per un momento lei, ma prontamente la mia mente continuava a farmi rivedere il suo volto bagnato dalle lacrime, e tutto questo per causa mia.
Gli zoccoli di Alatos tamburellavano sul sentiero di pietra, i sassi scricchiolavano facendo strani rumori.
Il cielo iniziò ad oscurarsi sotto il colore delle tenebre, mentre il vento freddo delle terre del Nord mi fece rabbrividire, costringendomi a stringermi nel mantello leggero.
La foresta, a quell'ora, era deserta, se non per gli animali feroci pronti per uccidere chiunque si avvicinasse a loro.
Arrivato all'estremità e deciso a tornare indietro, invertii la rotta, ma un urlo attirò la mia attenzione.
Seguendo quelle urla, arrivai dinanzi ad una scena che mi gelò il sangue; a terra c'era una ragazza che piangeva e gridava aiuto, mentre tre uomini dai volti coperti cercavano di violentarla.
A quella vista, mi tornò in mente la mia dolce sorellina, dovevo fare qualcosa; non ero riuscito a salvare lei ma non potevo permettere che un'altra persona innocente facesse la sua stessa fine.
Con un balzo scesi da Alatos e sguainata la spada, mi avvicinai a quei tre;
"Fermi, allontanatevi dalla ragazza!"urlai con tutta la voce che avevo in corpo
"Vorresti veramente attaccare tre emissari del dio delle tenebre?"domandò con tono beffardo uno dei tre
"Si se non vi allontanerete subito da quella ragazza " risposi puntando verso di loro la spada; alla vista di quella tutti e tre scomparirono in un vortice di nebbia e grida di terrore.
Ritirata la spada, mi avvicinai,
"Stai bene?"domandai con dolcezza, mi ricordava moltissimo mia sorella.
"Si, ti sono debitrice. È ormai sera perchè non passi la notte qui con la mia famiglia?"chiese con imbarazzo
"Ne sarei onorato" detto questo entrammo in una casetta piccola ma molto accogliente.
Appena entrato l'aria calda mi investì il volto, come l'odore del pane appena sfornato e del fuoco.
Il viaggio era durato così a lungo che non mi era nemmeno accorto di quanta fame avessi.
Il mio stomaco brontolò rumorosamente, mi venne così incontro una donna dai lunghi capelli neri legati in una treccia, con in mano una scodella fumante.
Affamato divorai completamente la cena, passando per la prima volta dopo tanti anni una serata circondato dal calore famigliare.
Dopo che tutti furono andati a dormire, mi sdraiai sul giaciglio, che mi avevano preparato e per la prima volta feci un sonno tranquillo e non popolato dai miei soliti incubi.

***
Mi svegliai all'alba, dovevo ritornare al castello, non potevo abbandonare il mio re.
Dopo aver salutato e ringraziato per l'ospitalità, saltai in sella ad Alatos e galoppai verso la via del ritorno.
Arrivato, mi trovai davanti ad un'immagine nuova; il castello era gremito di gente che andava avanti e indietro, giunto nel salone principale, constatai che era strapiena di gente, la quale parlava tra di loro in modo fitto.
Non capendo cosa stesse succedendo, raggiunsi Lodovico e Ruggero, che si trovavano in prima fila insieme a tutti i nostri compagni,
"Si può sapere dov'eri finito?"mi urlò Lodovico furente in volto,
"È una storia lunga, si può sapere perchè siamo tutti qua?"domandai.
"Non lo sai?"chiese stupito Ruggero, mentre Lodovico scuoteva la testa sconsolato.
"Il re è gravemente malato!"m'informò Lodovico.

Il re era malato?

A quelle parole il mio pensiero andò dritto ad una persona...

"Sophia!"

Il destino del cavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora