La notizia mi colpì come una secchiata d'acqua gelida.
Come se qualcuno mi avesse spinto a forza nell'acqua del lago, in una giornata d'inverno, ed io fossi tornata a galla da poco, confusa, silenziosa e infreddolita, sconvolta da quanto era successo. Proprio così mi sentivo, nonostante fosse pieno Luglio e nessun essere vivente si fosse mai azzardato a gettarmi nel lago. Tranne uno, ma non mi sembrava il momento di chiamarlo in causa.
Mentre Michele e Deborah portavano i due cavalli in box, io mi sedetti sulla panca del Club House, sforzandomi di ignorare le ragazze poco lontano, le urlatrici.
Dopo poco distolsi lo sguardo da loro, irritata. Come diamine avevo potuto dimenticarmene? Killer non apparteneva a noi, era abbastanza ovvio che prima o poi se lo sarebbero venuto a riprendere, probabilmente per condurlo verso una destinazione poco felice.
Io e Michele non saremmo mai riusciti a cambiarlo in pochi giorni, ma d'altronde con quel cavallo non si potevano forzare i tempi. In pratica, eravamo spacciati. Qualche miglioramento forse c'era stato, Killer non mi attaccava più in paddock e si faceva prendere senza fare tante storie - escludendo quel pomeriggio - ma non erano cambiamenti così drastici da far cambiare improvvisamente idea ai suoi proprietari sul fatto che quel cavallo valesse davvero qualcosa e che non fosse solo in grado di uccidere i suoi cavalieri.
«Sarah.»
La voce del mio istruttore, che si stava sedendo vicino a me proprio in quel momento, mi riscossero dai miei pensieri.
Deborah non era tornata con lui, forse era rimasta con Wind.
«Prima ho esagerato, mi ero spazientito. La situazione non è poi così grave come...»
«Sì, lo è» tagliai corto, fissandolo.
Non avevo idea di che aspetto avesse la mia faccia, ma doveva essere il ritratto dello sconforto, perché Michele mi fece un sorriso triste, come se cercasse di consolarmi.
«Potrei... tentare di comprarlo. Ma non ti assicuro né che mi dicano di sì né che chiedano una cifra che mi posso permettere. Magari con il tuo aiuto...»
Scossi la testa, ripensando alla fatica che Michele faceva a gestire il maneggio praticamente da solo e ai miei genitori che inorridivano durante il servizio dedicato a Killer e il suo incidente.
«Non voglio che tu lo faccia. I miei diranno di no in partenza, visto di che cavallo si tratta, e sarebbe solo un rischio, perché non è detto che riusciremo mai a farlo ragionare. Quel cavallo è una scommessa persa in partenza.»
Michele abbozzò un sorriso. «Ma lo sai che mi sono sempre piaciute, le scommesse...»
I giorni seguenti si susseguivano in una serie di avvenimenti regolari e precisi, ripetuti all'infinito: muovere Killer alla corda; montare Honey; seguire i progressi di Wind; muovere Killer alla corda; montare Honey...
Michele non sapeva con precisione l'arrivo dei padroni di Killer finché non avesse ricevuto una loro chiamata e non perdeva tempo: finché ne avessimo avuto a disposizione, lo avremmo sfruttato.
«Adesso ti alzo il verticale!» esclamò Michele quel pomeriggio, durante la fase di quella giornata che comprendeva il "Montare Honey".
Eravamo da soli in maneggio: le ragazze erano in passeggiata con Azzurra e l'atmosfera che aleggiava nell'aria era insolitamente silenziosa.
«Non è già abbastanza alto?» protestai, voltandomi verso di lui mentre la palomina continuava a galoppare lungo la pista.
«Forse per te, ma non certo per Honey.»
STAI LEGGENDO
My dream come true
General FictionLe uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arrendersi. Il suo maneggio è un ricovero per cavalli problematici, dove il suo istruttore Michele prova a dare un'altra chance ad animali malt...