Capitolo 1

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In ogni storia equestre che si rispetti c'è sempre una ragazza antipatica ed arrogante, che tratta i cavalli come oggetti e rivolta le persone come calzini e... no, non preoccupatevi, non si tratta di me. 

Ebbene sì, anche nella mia storia c'è una vipera arrogante e stupida, ma ama i cavalli e, cosa più sconcertante, loro amano lei. Come diamine è possibile che una persona del genere possa essere amata da questi splendidi animali? Sapete, è quello che mi chiedo anch'io.

Invece io sono l'ultima, sempre in tutto. La mia tecnica in sella è la meno valida, cado di continuo e i cavalli non mi rispettano mai. Tutte le mie amiche, se così possiamo definirle, hanno splendidi rapporti con i cavalli che montano, io un legame di fiducia reciproca posso sognarmelo.

Questione di "Non hai ancora trovato il cavallo giusto" come dice il mio istruttore, o di essere un'incapace, come la penso io?

Sarah.

Cos'era quel rumore?

Mi dava fastidio.

Continuava.

Perché non smetteva? Cos'era?

La sveglia. Era la sveglia.

Sbadigliando rumorosamente, allungai una mano e spensi quell'oggetto infernale. Segnava le otto e mezzo. 

Perfetto, pensai, stirandomi. Quindi mi alzai barcollante dal letto, aprii un'anta dell'armadio e buttai sul letto uno sgualcito paio di pantaloni da equitazione, una camicia color crema e un paio di vecchi calzini.

Dopo essermi lavata il viso mi vestii e scesi al piano di sotto. Salutai i miei genitori, bevvi velocemente una spremuta, preparai un panino in tempo record e uscii di casa.

Abitavamo in campagna, circondati da orti, fitti boschetti e, dato che eravamo nel periodo estivo, anche da ettari ed ettari di campi incolti sui quali si stagliava qualche solitaria balla di fieno, miracolosamente sopravvissuta all'afa di quell'anno. Mentre mangiavo, mi avviai lungo il sentiero vicino a casa, diretto al maneggio. Mi svegliavo presto tutte le mattine e passavo le giornate lì. Così volevo trascorrere l'Estate.

In maneggio era arrivata da poco una nuova cavallina. Aveva un nome davvero impossibile da ricordare, mi pareva iniziasse con "Hope", ma veniva chiamata Honey per via del suo manto palomino. 

Il giorno prima Michele, il mio istruttore, mi aveva detto che quella mattina avrei montato lei e infatti la trovai legata al gancio del suo box. Michele mi spiegò quali finimenti usare e iniziai a pulirla. Non era molto alta, ma aveva un aspetto atletico e scattante. Sotto il pelo lucido, però, si intravedevano lunghe cicatrici e numerose fiaccature. Non sarebbe stato semplice, per niente, pensai. Nessun nuovo cavallo arrivato nel mio maneggio era semplice da montare.


«Sul verticale, Sarah!» urlò Michele.

Spronando appena Honey, le feci fare un circolo al galoppo e quindi mi diressi verso l'ostacolo, un verticale di circa ottanta centimetri.

Sentii la palomina irrigidirsi durante l'avvicinamento e cercai di tranquillizzarla, ma era troppo tardi: Honey fece un brusco scarto di lato e io caddi da cavallo, dritta sul piliere. 

Mi alzai in piedi, furibonda. Era tutta la lezione che quella cavalla schizzata cambiava idea sul salto. Mi massaggiai le gambe. Ero caduta di schiena, per fortuna indossavo il corpetto.

«Tutto bene, Sarah?» domandò Michele, avvicinandosi.

«Non va bene per niente!» sbottai, recuperando la cavallina. «È terrorizzata da tutto!»

My dream come trueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora