Beth mi aspettava all'ingresso della fattoria.
Mi venne incontro a capo chino, l'aspetto trasandato che per un attimo non me la fece neanche riconoscere. I vestiti erano tutti spiegazzati, i capelli biondi scarmigliati e, quando infine alzò gli occhi su di me, vidi che erano gonfi ed iniettati di sangue. Era l'aspetto di chi non dormiva da giorni e nel vederla in quello stato mi salì un groppo alla gola.
La donna percorse a passo svelto i pochi metri che la separavano da me e mi abbracciò stretta. Sul momento trasalii, ma non opposi alcuna resistenza e lentamente le restituii l'abbraccio, percependo la tensione sciogliersi pian piano e le lacrime minacciare di uscire. Beth era poco più di una sconosciuta per me, ma Tramontana ci aveva indissolubilmente legate. Entrambe avevamo condiviso il suo affetto, entrambe avevamo potuto renderci conto di quanto quella cavallina fosse speciale.
Senza dire una parola, la donna mi condusse attraverso l'interno della fattoria. Non c'era imbarazzo fra di noi, ma sembrava avessimo stretto un tacito accordo sul fatto che quel silenzio fosse quasi d'obbligo. Muovere un piede dopo l'altro per stare al suo passo, in ogni caso, si rivelò un'impresa più difficile del previsto: le gambe non mi obbedivano e sembravano sapere con esattezza cosa ci attendeva dall'altro lato dell'edificio. Tenevo gli occhi bassi, fissi sugli stivali, mentre il sole filtrava attraverso gli infissi di legno e proiettava lunghe ombre che si muovevano come onde sul pavimento.
Quando infine uscimmo all'aperto, la luce del sole ci colpì in pieno, facendomi stringere i denti. Beth si schermò gli occhi con la mano e mi indicò il recinto sulla destra.
Tramontana era lì.
Dalla posizione, però, sarebbe potuta anche essere un sacchetto nero dell'immondizia.
La mia cavallina giaceva immobile sull'erba, ripiegata su se stessa, con le mosche che le ronzavano intorno e la testa appoggiata sulle zampe anteriori. Notai che una di esse era coperta da un'ingente fasciatura bianca, che scintillava sotto i raggi del sole al punto che fui costretta a distogliere lo sguardo.
Gretta, la madre, pascolava poco lontano da lei, agitando la coda per scacciare le mosche, quel gesto così naturale per i cavalli che Tramontana non aveva più la forza di compiere. Di tanto in tanto la cavalla si avvicinava all'altra e la studiava con le orecchie dritte, come chiedendosi perché la figlia si stesse comportando in modo così bizzarro.
Nel vederla in quello stato, mi sfuggì un singhiozzo e non mi preoccupai di nasconderlo. Lanciandole un'occhiata di sottecchi, vidi che anche Beth stava piangendo, le guance rigate di lacrime.
Nei due giorni che avevo passato in ospedale, ancorata a quel letto, non avevo fatto altro che pensare a Tramontana.
Il medico era stato di parola e, dato che dai controlli non era saltata fuori alcuna problematica, ero stata dimessa piuttosto rapidamente, ma quella notizia era niente in confronto alla telefonata che avevo ricevuto da Michele per dirmi che Tramontana era sopravvissuta. Da quel momento, se possibile, il pensiero della cavallina si era fatto ancora più ossessivo e contavo i minuti che mancavano al giorno in cui sarei finalmente potuta andare da Beth a trovarla. Ma, sebbene Michele mi avesse avvertito, mi avesse detto di non farmi illusioni, non ero assolutamente pronta per quello.
Fu un calcio nello stomaco. Quell'involucro senza forze, che cuoceva sotto i raggi del sole come una carcassa, era una visione che mi prendeva la gola e mi toglieva il respiro. E d'altronde, cosa mi aspettavo? Che mi sarebbe venuta incontro al galoppo, con quella vitalità che aveva sempre posseduto? No, sapevo che si era fratturata una zampa e non sarebbe mai più tornata a camminare normalmente. Pensavo però che si sarebbe avvicinata zoppicando, saltellando su tre zampe, oppure che sarebbe rimasta immobile, ma che mi avrebbe guardato e nitrito. Invece niente. La fissai con gli occhi pieni di lacrime. Avrei accettato qualsiasi manifestazione di saluto, qualsiasi. Invece sembrava che la volontà di vivere avesse del tutto abbandonato Tramontana, lasciando solo un inerme guscio vuoto.
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My dream come true
Tiểu Thuyết ChungLe uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arrendersi. Il suo maneggio è un ricovero per cavalli problematici, dove il suo istruttore Michele prova a dare un'altra chance ad animali malt...