Driiiin.

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La gelata aria mattutina invadeva i polmoni di gran parte degli studenti, alla stazione di Hogmeade, il freddo congelante pareva fare tutt'uno con la pelle dei presenti, quasi fosse una patina di brina su d'un fiore invernale, mentre i respiri di condensa di tutti si fondevano omogeneamente col chiacchiericcio assordante del binario scarlatto. A dispetto del clima polare, però, nel cielo azzurro, quella mattina, il sole brillava fiero, riflettendo i propri raggi sull'acciaio delle insegne dei negozietti, e su tutte le vetrine,
Tra la gente, c'era anche Rosie. Da lontano nessuno l'avrebbe riconosciuta, imbacuccata com'era, con addosso più strati di vestiario di quanti ne potesse avere una cipolla,i capelli sciolti a fungere da ulteriore sciarpa, i passi veloci al constante inseguimento furtivo dei raggi solari. Si sentiva ridicola, ma non aveva molta scelta, le opzioni erano due: o l'ipotermia, o una settimana intera di prese per il culo. Aveva optato per la seconda.
Era arrivata alla stazione con mezz'ora di anticipo, prevedendo una folla da concerto ad ostacolare il suo pacifico piano di trovare subito uno scompartimento libero per pensare, ma in quel momento, tremante dalla testa ai piedi, avvolta nella bellezza di tre mantelli, si diede della stupida. Sbuffò tutta l'aria presente nei polmoni, poi, passo sicuro, si avvicinò ad una panchina e vi ci sedette, per poi tirare fuori un libro dalla sua fedele borsa di pezza. Iniziò a leggerlo, senza prestarci troppa attenzione come se le servisse come alibi per non sembrare una pazza che fissava il vuoto. Quella mattina le era arrivata una lettera di sua madre, o meglio, assomigliava più che altro ad un diagramma. Si trattava di più frasi autonome accostate l'una all'altra, testimoni della fretta di Hermione nello scriverle e del suo nervosismo. Comprato vestito Natale; colleghi confermato; acchiappa Hugo e vieni al parcheggio; abbiamo fretta, una mossa. Nessun 'Non vediamo l'ora di rivedervi', nessun 'Stai attenta al binario', nessun 'Saremo ad aspettarvi'. Rose aveva smesso di offendersi, avevano fatto così anche l'anno prima e ci aveva messo una pietra sopra, sarebbe stato infantile arrabbiarsi, loro avevano da fare ed il capo della squadra salva-gatti col suo dottore non potevano aspettare, tantomeno i rispettabili signori Harvey. Con lei potevano anche mostrare il lato marcio della mela.
Accavallò le gambe, maledicendo la puntualità dei propri cugini del fratello ("Arrivo con James, tranquilla, sarò lì in tempo"... lo doveva sapere) anche in aramaico antico. Gettò un'occhiata di disappunto all'orologio della stazione che, ignaro dell'ira viaggiante a mille all'ora nelle vene della rossa, segnava le 10:55. Cos'è che nel "Alle 10:20 alla panchina di Hogsmeade" meritava una spiegazione più accurata? L'avrebbero pagata, Rose lo giurò a se stessa ed al nanetto che le stava passando davanti in quel momento, che annuì perplesso, per poi borbottare un 'Gioventù d'oggi, ecco il risultato di quelle pozioni stupefacenti' a mezza bocca.
Aspettò altri due minuti nella stessa posizione, ferma, gli occhi fissi al vuoto ed il libro abbandonato sulle gambe (..ah, la lettura..), poi, finalmente, due teste nere e troppe teste rosse per essere contate, fecero il loro ingresso nella stazione, tutte col fiatone di chi ha corso a perdifiato da Hogwarts ad Hogsmeade senza fermarsi, e Rose sospettava che avessero fatto proprio così. Irresponsabili. Si alzò dalla panchina ed andò loro in contro, in volto un'espressione per nulla rassicurante.
Li avrebbe uccisi. Scorpius, dall'altra parte del binario, ne era assolutamente certo. Proprio per quello si era appena seduto comodamente su d'una panchina, gambe mollemente accavallate, braccia stese sullo schienale ligneo, ghigno sulle labbra, sostenendola col pensiero. Glielo aveva detto, ad Albus, quella mattina, lo aveva avvisato che un ipotetico ritardo gli sarebbe costato come minimo una guancia, ma lui niente! Si era svegliato tranquillamente alle nove e mezzo ed era sceso a fare colazione alle 10:20, nel panico totale di chi si è accorto che la sua ora è vicina.
La ragazza ora aveva preso ad urlare parole su parole, marciando avanti ed indietro davanti ai cugini, come un generale fa con i suoi soldati, gesticolando più di un italiano seriamente scazzato. Scorpius rise. Merlino, che scena spettacolare. La folla di cugini era ammutolita, ferma ad aspettare che Rose finisse il suo monologo e li ammazzasse tutti. "MI SONO CONGELATA IL CULO SU QUELLA PANCHINA ASPETTANDOVI, MA VOI FATE CON CALMA , EH! CHE POI NON SIETE TUTTI, DOV'E' DOMINIQUE??" stava urlando, fuori di sé, sovrastando lo stridio delle rotaie del treno scarlatto, appena entrato in stazione, bloccando i passi furiosi ed osservandoli uno ad uno, esigente di risposte che non arrivarono.
'Dov'è Dominique?' James non lo sapeva. James non sapeva più nulla che la riguardasse da due settimane a quella parte. Era sparita esattamente come aveva detto, aveva mantenuto la parola, come sempre. La notava spesso tra la folla, un lampo argenteo, un turbine di capelli che cambiava direzione, un riflesso sullo specchio, una risata in lontananza, l'eco d'un ricordo vicino. Quello era ormai la sua Dominique: uno sfuggente ed impalpabile ricordo. Sospirò, gli a bruciare in memoria delle lacrime versato. Niente Dominique, niente James. Solo ricordi incolore, dispersi nel vento ma incatenati nel cielo che sovrastava il loro mondo.
Finito il così detto cazziatone, la ragazza afferrò il baule di pelle di drago, e si diresse alla locomotiva, sbuffando tanto rumorosamente da imitarne il verso. Affondi veloci nella neve, a squarciare l'aria, tonfi sordi a confondersi nella pioggia che aveva, evidentemente, vinto conto contro il sole, iniziando a bagnare il binario inglese.
Rose non ci badò troppo, (avendo una voglia di tirar fuori dal bagaglio l'ombrello pari a quella che aveva di adottare un cucciolo di Snaso) limitandosi a zompare sul treno al primo fischio, per poi correre lungo il corridoio ancora pressoché vuoto, i ricci sgocciolanti a bagnare il suolo, diretta al suo scompartimento preferito. Perché si, Rose, col tempo, aveva imparato a riconoscere gli scompartimenti buoni da quelli da lasciar perdere, fino a trovare quello perfetto(guarda caso la prima tappa della signora col carrello dei dolcetti) e segnarlo con una bella 'x' sulla lista delle proprietà esclusive (o comunque, raramente condividibili).
Una volta raggiunto, fece scorrere lateralmente la porta dallo spesso vetro appannato e rovinato in molti punti vuoi dal tempo, vuoi dall'uso; vi entrò dentro rapidamente, e, guardandosi alle spalle per evitare di rompere un naso ad un povero sfortunato, la fece nuovamente scorrere nel senso opposto, per richiuderla. Si guardò attorno. Lo scompartimento era esattamente come lo aveva lasciato il primo Settembre di quell'anno: la moquette consumata, d'un verdognolo tendente al grigio, ricopriva il pavimento, rendendo soffusi i passi della ragazza; i sedili erano morbidi, ma anche in questi l'usura era sottolineata da diversi buchi nella stoffa e del tenue colore palesemente sbiadito; i finestrini spessi erano opachi e rigati di tanto in tanto. Lo amava.
La ragazza lasciò cadere mollemente la borsa sul sedile alla sua destra, poi, approfittando di essere ancora ad Hogsmeade, sfoderò la bacchetta e prese ad asciugarsi i capelli, la punta di questa a fungere da phon, canticchiando sommessamente quella che aveva tutta l'aria di essere 'Jingle Bells Rock'. Trasse un profondo respiro e si sedette sul sedile opposto alla tracolla.
Mentre i capelli fulvi perdevano la pesantezza acquistata grazie all'acqua, tornando leggeri e vaporosi, la mente della ragazza non poteva, però, fare a meno di volare al momento in cui avrebbe messo piede in casa. Già lo immaginava: lo stress, la preparazione, le urla isteriche di Hermione, i grugniti sommessi di Ron, il totale menefreghismo di Hugo, ed i suo ricevere ordini continui ed incoerenti. 'Rose metti la biancheria nei cassetti!', 'Rose, ma ti sembra il momento di fare il bucato? Condisci l'insalata!', 'Rose, è troppo presto per l'insalata! Apparecchia la tavola che è molto meglio!'. Sentiva già la voce di sua madre chiara e concreta nella sua mente, la immaginava già nel suo abito migliore e col grembiule natalizio legato alla vita a corricchiare per casa borbottando frasi ed imprecazioni a mezza bocca a proposito del loro terribile ritardo in tutto e della sua pessima cucina.
Merlino, se sei lì su a guardarmi, per favore, mandami una camomilla miracolosa o un pozionista particolarmente dotato. Afferrò l'Eneide con un enorme sorriso sulle labbra e pochi attimi dopo, cullata dal leggero movimento della locomotiva ferrosa, che aveva iniziato a muoversi nuovamente sulle rotaie, s'addormentò profondamente.
"Ma è possibile mai che con tutti gli scompartimenti possibili non ce ne sia uno libero o comunque senza una folla di gente dentro?" Hilary Nott aveva preso ad aprire tutti gli scompartimenti ad uno ad uno, sbattendo poi la porta in faccia ai poveri malcapitati di turno, alla ricerca di uno libero: soffriva i viaggi in treno e, da buona Serpe, non era esattamente disposta ad umiliarsi davanti a tutti. "A quanto pare è possibile, dovevamo entrare prima nel treno. Io te l'avevo detto, Al" rispose Scorpius, reggendosi ad una maniglia per evitare di cadere miseramente a terra ad un movimento troppo brusco dell'Espresso per Hogwarts. Albus, per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo, implorando Morgana in tutte le lingue conosciute affinché facesse zittire quei due rompi pluffe."Tu saresti stato pronto a sorbirti un'altra sfuriata di mia cugina?" ribatté in seguito, inorridito al solo pensiero.
Prontissimo. Scorpius poteva sinceramente affermare di essere assolutamente pronto ad un'altra sfuriata: era tanto che non battibeccavano e, per quanto gli dolesse ammetterlo, gli mancava litigare un po' con la rossa. Non che non apprezzasse la tregua, sia chiaro.
Era stato tutto molto strano da quel pomeriggio al lago: avevano smesso di bisticciare come al solito ed avevano iniziato a cogliere ogni occasione per punzecchiarsi più pacificamente, senza insulti, senza toni alti. Stava imparando a conoscere Rose Weasley in tutte le sue sfaccettature, stava iniziando a scoprire cosa ci fosse dall'altro lato della luna, dietro all'acidità, dietro a tutte le caratteristiche che aveva mostrato precedentemente. E gli piaceva. Gli piaceva questo nuovo punto di vista amichevole, gli piaceva tanto da non poterlo descrivere, tanto da concentrarsi nel carpire ogni minimo particolare, dalla risata frizzante al sorriso mesto, dal nasino lentigginoso allo scintillio degli occhi, dall'arrotolarsi una ciocca di capelli tra le dita al mordersi il labbro inferiore. Era inaspettatamente simpatica, Carota, purtroppo però aveva una risposta pronta per tutto e questo continuava ad essere terribilmente fastidioso; aveva un suo modo di filtrare i sentimenti che voleva mostrare, nascondendone altri; conservava le proprie passioni senza farsi impressionare dalle opinioni altrui e ... Scorpius avrebbe pagato oro per non aver notato tutte quelle piccole sottigliezze. Si stava rammollendo.
"Tanto non sono io che la dovrò sopportare durante le vacanze, no?" Scorpius fece spallucce, tutto allegro, anticipando una Hilary (in versione pentola a pressione), nel far scorrere la porta dell'ennesimo scompartimento prima che questa potesse distruggerla al solo tocco. Non l'avesse mai fatto.
Per loro fortuna, all'interno dello scompartimento v'era solamente una persona: una persona rannicchiata all'angolo del sedile col capo poggiato delicatamente al finestrino, leggermente traballante a causa dei movimenti del mezzo di trasporto; le braccia erano morbide lungo i fianchi; il viso contratto in una smorfia ridicola ma incredibilmente dolce. Scorpius si sarebbe preso a mazzate, se avesse potuto.
"Mh, questo è vuoto, Carota è in coma ed io posso benissimo vomitare in santa pace" fu la fine constatazione della ragazza, il volto di pallido sgradevolmente tendente al blu, che si catapultò immediatamente accanto a Rose prendendo a respirare pesantemente. I ragazzi scossero la testa in rassegnato diniego. Non sarebbe cambiata mai. Albus la imitò, lasciando al giovane Malfoy l'onore di sedere proprio davanti a lei. Il bello dell'avere un amico altruista. Ma al ragazzo importava davvero poco della propria posizione strategica, anzi, ne approfittò egregiamente per sbirciare Rosie per tutta la durata del viaggio. Aveva l'Eneide poggiata sul petto. Scorpius sorrise. Ebbe l'impulso di carezzarle la mano con la quale reggeva il libro, di passarle le dita nel crine fulvo ... di svegliarla per poterla sentire maledire uno ad uno tutti gli elfi domestici della sua casata. Si limitò a guardarla stiracchiarsi di tanto in tanto, mugugnando frasi sconnesse l'una con l'altra, cambiare posizione senza mai svegliarsi. Per un attimo si domandò se avrebbe fatto lo stesso effetto guardarla dormire accanto a sé, poi scacciò prepotentemente il pensiero, dandosi dello stupido. Effettivamente, gli sarebbe mancata quei giorni..ma questo lo avrebbe saputo soltanto lui..

Aveva avuto dannatamente ragione e per la prima volta in vita sua, non ne era assolutamente felice.
Casa Weasley un completo disastro: parenti materni mai conosciuti, passati a salutare, scorrazzavano allegramente per il salotto assieme alla loro confusionaria prole; Hermione sorrideva alla zia, abbracciava i nipotini di quinto grado, preparava la cena alla babbana e, contemporaneamente, cercava di ascoltare i pettegolezzi delle parenti; Ron, sommerso da nanerottoli dai tre anni in su, tentava di intavolare una mezza conversazione sensata col signor Granger (che non comprendesse denti e punti di sutura, dei quali, con tutto il rispetto del mondo, non capiva assolutamente nulla) ; Hugo, da intrattabile adolescente, si era chiuso in camera, sparando a tutto volume Cruciatus delle Sorelle Stravagarie (nulla lasciava spazio al caso), scatenando una reazione isterica nella madre (che avrebbe trovato il suo modo per vendicarsi); Rose, dal canto suo, stava trotterellando per casa da più di un'ora, fingendo di spolverare qui e lì, per levarsi da mezzo un cugino materno particolarmente molesto. William Granger aveva iniziato a seguirla passo dopo passo, trovando piuttosto divertente il fatto che non si fossero mai visti "nonostante fosse il figlio del cugino di sua madre", e tenendo troppo al ripeterglielo ogni nanosecondo, o almeno tanto quanto teneva al narrarle tutta la sua vita.
Le stava decisamente salendo la voglia di compiere un omicidio a mani nude. "... e sai, alla fine mi sono fatto togliere la carie" concluse quindi, trenta minuti ed una cinquantina di ostinate spolverate dopo. Rose sorrise cortesemente e si voltò a guardarlo, mascherando abilmente il aver sentito di sfuggita solamente le ultime undici parole del suo monologo con un : "Ma davvero? Non ci posso credere!" intriso d'un entusiasmo falso almeno quanto l'orologio d'oro al polso del ragazzo. Questo ricambiò tutto felice, gongolante ma soprattutto ignaro. "Si, si, tutto vero!" La sua voce suonò terribilmente stupida, Rose trattenne un grugnito poco educato.
"Ed insomma, ecco la nostra Rosellina!", intervenne Elaine Granger, madre del suddetto cugino, moglie del cugino del... dello zio del pesciolino rosso di Hagrid. Okay, era altamente probabile che non fosse proprio così, ma Rose doveva ammettere che, dopo una giornata a conoscere nonni dei nipoti di muffole pigmee, stentava addirittura a riconoscere il proprio padre. Rispose con un sorriso di circostanza, reprimendo la voglia di rispondere negativamente e presentarsi come un calzino di Hugo. Quelle cinque ore di convivenza forzata l'avevano portata alla certezza di provare una spiccata antipatia nei confronti di quella donna tutta risolini acuti e bigodini. Elaine era alta ed ossuta, sul capo splendevano boccoli dorati che avrebbero fatto invidia a quelli delle principesse della Disney, il volto era magro ed incavato, agli angoli degli occhi sottili lineette facevano bella mostra di sé, sottolineando la maturità della donna.
"Ma come sei bella, cara, senza dubbio molto più di quando indossavi jeans sbiaditi e sembravi un ... maschietto" finì il discorsetto con una risatina fastidiosa, dando una leggera pacchetta sulla spalla della rossa. Questa spalancò appena gli occhi, contemplando seriamente l'ipotesi di risponderle male. Stima assoluta nei confronti di Hugo. "Grazie, zia, anche tu sei splendida, almeno da quando hai deciso di coprire la calvizie con una tinta chiara" rispose, sorridendo amabilmente, per poi congedarsi con un gesto del capo e correre su per le scale, dritta nella stanza di suo fratello, decisa a cantare a squarcia gola assieme a lui. Prima i parenti odiosi, poi i colleghi scassa pluffe. Non sarebbe sopravvissuta a quella giornata.
Percorse il corridoio velocemente. Da lì, poteva sentire vagamente i mormorii in salotto, per lo più da parte della zia e della madre (la prima a chiedere spiegazione del 'deplorevole comportamento della ragazza' , la seconda a cercare scuse plausibili), ma anche commenti sarcastici di Ron e le parve di sentire un 'almeno ha confuso la parrucca con una tinta' che aveva tutta l'aria di appartenere al nonno. A quest'ultimo commento non poté fare a meno di ghignare.
Passarono due ore, Rose aveva sentito la porta di casa chiudersi (segno che l'allegra massa di gente era andata via) ma non si era assolutamente preoccupata di scendere a salutare, dovendosi sorbire, però, un rimprovero con i fiocchi di Hermione, semplicemente scioccata dalla sua condotta. Suo padre, d'altro canto, le fece l'occhiolino, sillabando con le labbra un 'Ti ho cresciuto bene' davvero poco modesto.
Di lì a poco sarebbero arrivati i colleghi e tutta la ciurma, la ragazza ne era consapevole e già non vedeva l'ora che se ne fossero andati. 'Ti prego, un pozionista per l'isterismo di mia madre, per favore' stava borbottando quando finalmente (o sfortunatamente, dipendeva dai punti di vista) il campanello della porta suonò. Driiiin. Un'unica, piccola, nota stridula. Driiiin. Una promessa, una serata di frasi di circostanza. Driiiin. Rose fece finta di non aver sentito. Driiiin. Hermione la minacciò di morte e fu costretta ad aprire la porta.
Marciò per il corridoio, scandendo bene passo dopo passo ad un ritmo lento, fino al raggiungere la porta. La osservò. Ne apprese i particolari, i dettagli, come una fine venatura assomigliante quasi ad un ricamo poco sopra la maniglia, poi aprì. I coniugi Roofs, ed i signori Harvey oltrepassarono l'uscio, sorridendo benevoli. La ragazza li salutò cortesemente, aiutando le dame a levare il soprabito (cosa che –se non fosse stato un testone- sarebbe spettata a Hugo) e facendo un piccolo cenno di capo agli uomini. Poi, con suo sommo orrore, Scorpius Malfoy entrò in casa, espressione sconvolta in volto, seguito dal padre. 'Ecco spiegato il cattivo umore di papà'.


Qualche Lentiggine Di TroppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora