Se l'atmosfera in casa Weasley s'era relativamente sciolta, a casa Potter non dava segni di alcun tipo di miglioramento. Attorno alla tavola, ormai libera dalle portate principali ed imbandita di dolciumi vari, regnava la tensione più assoluta. C'erano poche persone quell'anno, nel salotto di Grimmauld Place, talmente tanto poche da far riecheggiare persino i respiri. Nulla, eccezion fatta per le infiocchetature scarlatte e l'enorme abete pieno di sfere colorate, riportava al Natale. Non c'erano sorrisi sulle labbra dei presenti, neppure su quelle di George Weasley, costantemente tirate all'insù in un modo o nel l'altro, per finzione o per sincero divertimento, neppure su quelle di James Potter, che come pratica di sopravvivenza aveva adottato quella del 'non alzare lo sguardo e respira'. C'erano poche persone, e quelle che c'erano avrebbero voluto essere altrove. Come tutti gli anni.
Harry deglutì, sapevano tutti che, in quelle riunioni familiari, di spirito Natalizio ce n'era ben poco, ma la cosa che faceva più male era che tra tutti gli spiriti, quello che li accompagnava sempre era lo spirito sbagliato. Fred. Tossicchiò sommessamente portando il proprio pugno alla bocca per coprirla, poi tese il palmo alla bottiglia di vino rosso al centro del tavolo e ne verso due o re paia di dita nel calice argenteo. Sorrise. Non avrebbe mai pensato di rivedersi in quei gesti tanto familiari. Mai avrebbe pensato che avrebbe apprezzato il dolce calore sfrigolante di quel liquido cremisi scuro, pronto per scivolare lungo la sua gola, lentamente, segnando il proprio percorso volta per volta, lasciando il ricordo nitido ad ogni sorso. Mai avrebbe pensato che, a quarant'anni suonati la sua vita di auror sarebbe potuta sembrare tanto monotona e basata di ricordi. Uguale a prima. Qualcuno in meno per distruggerlo, qualcuno in più per bilanciare. Quanto avrebbe dato per un'altro Natale in casa Weasley con Ron ed Hermione, quanto avrebbe dato per tornare piccolo, anche solo quattordicenne, per rivivere quegli anni diversamente, sorridere a Duddley, apprezzare zio Vernon, per scherzare ancora con Fred, per ridere assieme a Remus Lupin della maldestra Ninfadora Tonks, si, magari un po' impaurito e terribilmente irresponsabile, ma libero di vivere una vita senza sentirsela scivolare via dalle mani.
Strinse la presa sul calice. Sorrise. Quante volte lo aveva visto stretto nella mano di Sirius? Quanto faceva male imitarlo per riempire il vuoto? Quanto essere consapevole di non poter riuscirci? Troppo, troppo e troppo. Troppi vuoti in quella tavola, troppe ferite, tagli, squarci, troppe lacrime e dolore, troppi nomi a restare tali da assemblare a vecchie fotografie. Fred, Malocchio, Sirius, Lupin, Tonks, suo padre, sua madre.. troppi nomi, troppi davvero.
"Papà?" James Sirius Potter. Suo figlio. Un viso a riempire due vuoti. Un viso che non li avrebbe mai riempiti, ma che in compenso lo rendeva fiero di essere uomo, di essere Harry, di essere padre. Uno delle sue quattro ragioni di vita, ch'erano ormai la colla d'un uomo logoro. Sorrise nel guardare i lineamenti morbidi della porpia copia, morbidi e lattei come quelli della madre, gli occhi castani tanto simili a quelli dei quali s'era innamorato ventritre anni prima e che continuava ad amare, gli scombinati capelli di pece con i quali anche lui combatteva da quarant'anni. Sorrise facendo scorrere un sorso di vino lungo la gola. Volente o nolente era ormai quella la sua vita, ed alla fine, sarebbe potuta essere molto peggio e non si era mai pianto addosso, non vedeva perchè avrebbe dovuto iniziare quella sera."Si, James?" rispose sorridendo.
James tirò un sospiro, mordendosi nervosamente l'interno della guancia. Lo doveva fare e lo sapeva, ci aveva pensato per molto tempo ed aveva deciso, non sarebbe tornato indietro. Non avrebbe potuto continuare a reggere quella situazione di stallo per sempre, semplicemente non avrebbe retto. Non avrebbe retto al profumo tentatore della sua pelle candida, così leggero eppure così intenso, non avrebbe retto a quella scintilla di platino presente ad ogni angolo del castello di Hogwarts, a quel sorriso dolce, che aveva illuminato le sue labbra per tutta la serata ma che a lui non era stato concesso, e mai lo sarebbe stato. Era la soluzione migliore. "Stavo pensando che manca poco più di un anno alla fine della scuola e la McGranitt ci ha consegnato poco prima delle vacanze Natalizie il modulo con i corsi facoltativi del prossimo anno.." buttò lì, lasciando la frase in sospeso, attento a non incontrare lo sguardo di nessuno. Nessuna.
Dominique mollò la presa sul cucchiaino sul quale vi era adagiato un tocchettino di torrone al cioccolato, lievemente scossa dal suono della sua voce, facendo in modo tale che in tutta la stanza si diffondesse il tentennare metallico dovuto al suo impatto con piattino di ceramica sottostante. Aveva parlato, finalmente. Alzò lo sguardo, e, consapevole che se ne fosse accorto, cominciò ad ascoltare la conversazione, beandosi della vibrazione greve che era la sua voce. Bugiardo. Quante promesse hai infranto, e quante altre ne infrangerai come se non ti avessero mai toccato? Sei cambiato, o forse è stata tutta una menzogna dall'inizio. Perché continui a farmi male?
Rivolse lo sguardo a lui, con rancore, quasi sperando di potergli trasmettere quei pensieri senza aprire bocca. Era bello James, come sempre d'altronde, era un sole, una stella, proprio come una gigante rossa, per la precisione: pronta a spegnersi ma ancora calda. La ragazza aveva paura, non voleva. I suoi occhi, quegli occhi sempre accesi di passione, quegli occhi brillanti, quei meravigliosi occhi incandescenti erano spenti, non brillavano, non scottavano.. erano sempre belli, ma d'una bellezza triste, che le faceva venir voglia di piangere forte, di corrergli incontro, di abbracciarlo, stringerlo forte, posare la fronte nell'incavo della sua spalla, baciare quella pelle, una tristezza che le faceva venir voglia di stringerlo fino a fondere il proprio respiro col suo, fino a non saper più dove finiva lei ed iniziava lui, stringerlo e basta, per risentirlo vivo, per risentirlo proprio. Ti amo. Non glielo aveva mai detto, eppure ora sembrava tanto facile dirlo quanto difficile era tacerlo. Ti amo. Così vero quanto stupido. Ti amo. Così scontato da poter sentire il suo eco nella testa, rimbombando, mille, dieci, cento mila volte fino a far male. Ti amo. Era troppo tardi.
"Bene, mi fa piacere che tu abbia iniziato a pensarci, anche io ho iniziato a scegliere proprio a quest'età" fu la risposta pacata di Harry, che scatenò l'ilarità repressa di Ginny, la quale scoppiò a ridere spezzando il silenzio mortuario. "Si.. talmente sicuro.. della.. tua.. scelta.. da impegnarti.. in.. pozioni... eh?!" mugolò tra una risata e l'altra, trascinandosi dietro anche Bill, Fleur e George. "Beh, e chi s'impegnava mai in pozioni? Malfoy a parte ovviamente, quel ragazzo era un dannato lecchino!" rispose quest'ultimo, finendo però la frase con un sorriso mesto, non riuscendo evidentemente a mettere in comune un proprio pensiero. Albus ghignò. Tale padre...
"Ma comunque ce l'ho fatta, alla fine, giusto cara?" ribatté Harry, sornione, facendo presupporre che non si riferisse solamente alla propria carriera scolastica e lavorativa. La donna gli sorrise e gli carezzò una mano prima di bisbigliare un "Si, ce l'hai fatta" orgoglioso.
James si schiarì la voce per riportare l'attenzione a sé, sotto lo sguardo attento della bionda. "Vedi..papà, sai quanto ami il Quidditch e.. ecco, mi sono informato a proposito delle squadre locali per iniziare, inizialmente anche solo per curiosità, ma poi.. una mi ha inviato un gufo chiedendomi se mi avesse fatto piacere provare un inserimento come cercatore alle selezioni" continuò quindi, deglutendo, ben sapendo d'essere osservato da tutti. Tutti.
Dominique chiuse gli occhi. Crack. "COME?" fu la risposta sconcertata di Harry (che balzò avanti, aderendo col torace al bordo del tavolo) e di Ginny, che arrivò praticamente allo stesso tempo. Albus aveva smesso di ingozzarsi ed assieme a Lily stava osservando il fratello come se avesse appena dichiarato di avere una cotta per Lumacorno.
"Mi hanno chiamato per una prova alle selezioni" ripeté ancora il moro, alzando la voce come si aspettasse che non avessero sentito per via del basso tono di questa, prendendo a giocherellare con un lembo della grande tovaglia a scacchi scarlatti e dorati (che aveva fatto arricciare il naso ad Albus). Harry si rigettò indietro, tornando a poggiare la schiena sulla sedia, senza commentare nulla, ma iniziando a fissare il rimanente goccio di liquido rosso all'interno del suo calice.
In casa Weasley calò il silenzio. Dominique si astenne dal parlare, anzi, quasi trattenne il respiro. Il proprio incubo aveva preso forma. La ragazza girò il volto di tre quarti rispetto a James, e, facendo attenzione a non farsi notare, chiuse gli occhi stancamente, quasi risultasse difficile anche il solo emettere qualche suono, ispirando, improvvisamente privata di tutte le energie rimaste; le dita pallide intrecciate al crine perlaceo, occasionalmente boccoloso, a tenere il capo; le palpebre strette come se volesse costringere a non guardare. A non guardarlo. Non altra distanza James, ti prego, non altra distanza.. sperò di aver frainteso, sperò di averlo sognato, di essere caduta di un incubo, di trovarsi in una dimensione parallela, sperò che nulla di tutto quello fosse realtà: quella gioia da copione, quei sorrisi disegnati sulle labbra.. sperò di potersi svegliare ed essere tornata a prima che la sua vita diventasse un casino. No, non altra distanza James, ti prego.
"Ma.. James, interi anni alla scuola di Magia e Stregoneria più prestigiosa dell'intera Gran Bretagna per vederti seguire una palla dorata dall'altra parte del mondo?"fu l'unica frase che riecheggiò nella stanza in dieci minuti. Il ragazzo osservò il mittente. Molly Weasley stava appoggiata allo stipite della porta; un canovaccio vecchio e logoro stretto tra le mani ma parzialmente penzoloni; un riccio infuocato davanti agli occhi; gli occhi sbarrati e tanta voglia di tirare il mattarello, poggiato sul mobiletto, in testa al nipote.
"Si" fu la risposta "Si, lo sapevate già tutti che il mio sogno è quello di diventare un giocatore di professione, sin da subito.. papà, tu lo sapevi dalla prima scopa giocattolo.. mamma, l'avevi intuito alle mie prime selezioni per i Grifondoro. Non rinuncerò per un paio di viaggi." James indicò con lo sguardo le persone citate, soffermandosi su Ginny il tempo necessario a notare una piccola lacrimuccia solitaria solcarle il volto.
I capelli lisci erano raccolti in un basso chignon ma la frangia, poco più corta del resto del crine fulvo, ne usciva fuori disordinatamente, coronando i lati del visino ovale; le mani si stavano torturando in grembo mentre la unta d'un dente bianco stava mordicchiando nervosa il labro inferiore. "Non sono per decidere la tua vita al tuo posto, Jamie, né io né tuo padre abbiamo voce in capitolo, a questo punto ma.. ne sei sicuro? Hai sedici anni, sei quasi maggiorenne, e credo che, mal grado i tuoi comportamenti buzzurri ed immaturi, sia abbastanza grande da capire che non si tratta di un paio di viaggi, ma d0un viaggio continuo.. vuoi di qua, vuoi di là.." tentò la donna, preso una grande boccata d'ossigeno.
Ad interrompere la conversazione fu il rumore acuto dello strusciare della sedia sul pavimento. Dominique si alzò ed uscì dalla stanza. Non ne poteva più, ogni dannata contestazione era altra speranza gettata al vento. Non voleva più sperare, nemmeno più provarci, voleva andarsene, scappare lontano, ma si limitò ad uscire in giardino. Il volto chino per nascondere gli occhi gonfi, I capelli sul viso per non incontrare lo sguardo di James.
Si sedette sul primo scalino, fuori l'uscio di casa. Era gelido. Tutto era gelido. Lo scalino, la brezza leggera, l'animo della ragazza.. I capelli le fluttuavano leggeri nel venticello, incorniciandole il viso,la gonna a balze del vestitino dorato svolazzava di tanto in tanto,le lacrime le si erano cristallizzate, lasciandola sola, apparentemente apatica, immobile a fissare un tacchino spuntato da nulla gloglottare agitato, incapace di ritrovare l'accesso al pollaio.
Triste vero? Infilarsi nei pasticci da soli e non saper più come rimediare.. Il tacchino girò la testa per guardarsi attorno. Non vide nulla. Troppo buio. Già. Davvero troppo.
Come avrebbe fatto? Non l'avrebbe visto più. Non un ciuffo di pece in giro, non avrebbe incontrato più il suo sguardo smeraldino, non avrebbe più potuto ascoltare quel tono greve per nulla adattoad un volto tanto dolce quanto infantile. Niente più James. Non era quello che aveva voluto lui? Si, era stata quella la sua scelta, non aveva senso contraddirlo. Amore è rispetto, e doveva rispettare la sua scelta. Niente più James.
"Ma fa freddissimo! Come diavolo fai a stare qui?" No. Non lo aveva fatto. Non lo stava facendo. Dominique socchiuse le palpebre ed ispirò a fondo. Eppure si, il timbro caldo della voce di suo cugino stava vibrando nell'aria, a testimoniare il suo ennesimo errore. "Sparisci Sirius, non voglio la tua compassione, oramai non ti voglio qui " Verità parziale, detta per omissione. Non lo voleva lì in quel momento, non avrebbe voluto esserci neppure lei, avrebbe voluto essere a tavola a scherzarci, come tutti gli anni, avrebbe voluto scoccargli sguardi d'intesa, avrebbe voluto aspettare il brindisi ed I fuochi di artificio per trascinarlo in cucina e baciarlo con tutta la passione in corpo, fino a drogarsi del suo sapore, fino a non sapere dove finiva lei ed iniziava lui. Invece no.
"Bugiarda" sussurrò il ragazzo, rimanendo ancora sull'uscio, lo sguardo fisso alla schiena nuda della ragazza. Conosceva una ad una quelle vertebre, le aveva sfiorate tanto da conoscerne la fattezza, la morbidezza di quella schiena, conosceva anche il profumo di quel crine che ricadeva delicato fino a coprirne parte.
La ragazza sussultò a quelle parole, stringendo gli occhi per bloccare sul nascere il flusso di un pianto che l'avrebbe esposta. Troppo. "Tu non sai niente. Non ti interessa saperlo e non vedo perché dovrei informarti di ciò che penso, hai fatto la tua scelta e l'ho accettata. Ora accetta tu la mia e sparisci, se non dalla mia vita, sparisci dalla mia vista, dalla mia testa" 'Dal mio cuore. Sparisci quel tanto che basta per ricomporre un'anima fratturata, sparisci ma non andartene, o altrimenti resta ma non sparire. Vai via ora perché se rimani poi non ti permetterò di farlo'.
"Non mi stai guardando, non vedo come potrei ulteriormente sparire dalla tua vista" rispose quello, un sorriso sghembo sulle labbra, con un'alzata di spalle, come se non afferrasse davvero il concetto. Il sorriso gli morì sulle labbra dopo poco, però. "Fammi sedere accanto a te" chiese cauto, una nota supplicante nella voce. Cosa sto facendo, cosa ti sto facendo, cosa ci sto facendo? "No" fu il sussurro flebile di Dominique. 'Non mi illudere ancora, non tessere una speranza disfarai tra pochi istanti, non accendere una fiamma per spegnerla una volta che avrà preso a scoppiettare, non farlo ancora James'
"Ti prego, Domi" la supplicò ancora, togliendosi le mai dalle tasche e passandosele sul volto. "Ti prego.."Fu un sospiro appena accennato, questa volta quasi fosse uscito dalle sue labbra non tanto per suo volere ma più che altro per automatismo.
"No" ripeté ancora, alzando la voce, trovando il coraggio di mettersi in piedi e fissarlo negli occhi. "Non puoi più". Andò via, sfiorandogli la spalla con la propria. Auguri James.
Sparita. Era quello che voleva, giusto? Niente più Dominique niente più problemi, giusto? No, sbagliato. Tutto: lui, loro, la sua scelta, la vita. Auguri Dominique.
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Qualche Lentiggine Di Troppo
Fiksi PenggemarSi ritrovò a sfiorare con uno sguardo curioso i lineamenti tondi, lattei, e gli occhi liquidi d'un argento limpido, ma allo stesso tempo inespressivi, si ritrovò a carezzare la linea imbronciata delle labbra sottili, ed al contempo visibilmente morb...