Le si stava gelando il cervello. Ecco l'unica cosa della quale la ragazza era consapevole, quell'alba di fine Novembre,mentre fissava un punto fisso fuori dalla finestra.
Era buio fuori, nel cielo scuro si potevano scorgere pochi raggi rosei di sole, ma soltanto a malapena, lontani, tra le nuvole umide ch'avevano assunto un fioco color pesca.
Le finestre ghiacciate non contribuivano di certo a rendere la visuale migliore, anzi, gli spessi stati di gelo formatasi su ciascuna di queste rendevano le immagini deformate e dai contorni tremuli.
Ma alla rossa, rigirata ed arrotolata nel letto come fosse un bruco nel bozzolo, del cielo non gliene poteva importare di meno: i suoi pensieri correvano alle poche immagine che si erano appena susseguite nella sua mente, correvano al primo sogno che faceva da mesi.
Già, Rose , la suddetta ragazza, non chiudeva occhio da quello che le sembrava un eternità. Si potrebbe pensare che i sogni le fossero stati strappati dalle pene d'amore, come qualsiasi ragazza della sua età, ma la verità era che,l'unica cosa sulla quale riusciva a riflettere, erano gli esami che si sarebbero tenuti soltanto pochi mesi dopo. Rose, infatti, aveva completamente dimenticato che giorno fosse, troppo presa dal rimuginare e rimuginare.
Sette mesi. Sette stupidi mesi. Ma dico, vi rendete conto? Mancavano soltanto sette mesi ai G.U.F.O ed ancora non aveva iniziato a ripassare, era in un ritardo terribile!
Marie Conan mugugnò una frase sconnessa molto simile ad un 'Albus ti amo', facendo sbuffare Rose. Bene, ora poteva dire, con precisione, che erano le cinque ed un quarto di mattiba. Quella ragazza era un orologio svizzero, per Merlino! Possibile che ogni notte (oramai più che notte,si poteva parlare di mattina) riuscisse a dire la stessa frase alla tessa identica ora?! Rose non riusciva a capire.. 'Vi prego, se quando mi prenderò una cotta sarò così, sopprimetemi.' Fu il suo istantaneo pensiero che, per inciso, era lo stesso pensiero di sempre.
Fantastico, quasi sedici anni e già la sua vita era una noiosissima routine.
Si girò sul fianco destro, senza dimenticare, ovviamente, d'intrecciare ancora una volta il piumone, e facendo esalare l'ultimo respiro al lenzuolo, che seppur incastrato indescrivibilmente nell'ammasso di coperte strette al corpo della rossa, riuscì a rotolare per terra, senza essere notato da questa.
Respirò pesantemente e dalla sua bocca uscì uno sbuffo di condensa.
Almeno Albus è felice. Si disse, accompagnando i pensieri con un broncio infantile. Non sapeva perché, ma un qualcosa dentro di lei, le impediva di essere felice al cento per cento, e se ne vergognava, Merlino se se ne vergognava, ma non poteva fare a meno di pensare alla felicità del cugino come un atto di tradimento. Non che non fosse consapevole, in parte, di quanto stupido fosse quel pensiero, parliamoci chiaro, soltanto le dispiaceva che Albus, una volta trovatosi degli amici, l'avesse lasciata sola ... insomma, loro avevano sempre condiviso vita morte e miracoli, avevano passato l'infanzia ad imbrattarsi di fango nel giardino della Tana, a simulare partite di Quidditch nell'orto delle zucche, ad ingozzarsi di torta ai mirtilli fino ad aver mal di pancia, e poi, una volta sul treno di Hogwarts, le loro strade si erano separate. Puff, non era rimasto più nulla di quello che erano prima, solo ricordi, solo sbiadite foto in movimento, solo rimpianti. Ecco cos'era diventata la vita di Rose in quei cinque anni, ed ora, alla vigilia del suo quindicesimo compleanno, si trovava a sperare di poter tornare indietro e cambiare tutto. Certo, non che non amasse la sua famigliola extra-large, o che non tenesse ai suoi nuovi meravigliosi amici, ma le mancava quel rapporto speciale che aveva con Albus, le mancava quella complicità esclusiva, le mancavano quegli sguardi furbi che solo loro potevano scambiare, le mancava l'essere capita ancor prima di aver aperto bocca, le mancava tutto questo, le mancava come l'aria.
STAI LEGGENDO
Qualche Lentiggine Di Troppo
FanficSi ritrovò a sfiorare con uno sguardo curioso i lineamenti tondi, lattei, e gli occhi liquidi d'un argento limpido, ma allo stesso tempo inespressivi, si ritrovò a carezzare la linea imbronciata delle labbra sottili, ed al contempo visibilmente morb...