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Ecco che tra le nuvole dell'alba comincia a farsi spazio il sole. Sono stata sveglia tutta la notte e sono stata tutto il tempo seduta sul cornicione del balcone, con le cuffie nelle orecchie e svariate sigarette in mano. Tra qualche ora dovrei alzarmi per andare a scuola ma non so ancora se ci andrò. E' un brutto periodo, non mi sono mai sentita così. Dopo l'ennesima delusione, ho deciso di starmene un po' per conto mio. Sono la tipica adolescente che nessun genitore vorrebbe come figlia. Non che con i miei genitori i rapporti vadano male, però si lamentano spesso di me. Sono come qualunque altra ragazza, nulla di speciale. Altezza normale, capelli che ricadono sulle spalle e il colore di occhi più banale del mondo: marrone. Frequento l'ultimo anno di liceo e non vedo l'ora di finire questa tortura! Ho sempre preso la scuola come una specie di gabbia, soprattutto da quando ho finito le medie.
Mi infilo a letto per cercare di recuperare con le ultime ore che mi sono rimaste, ma non ho sonno anche se ho le occhiaie. Mi rigiro nel letto però non c'è verso di addormentarmi mentre nelle cuffie rimbomba la canzone che sto ascoltando. Mi giro verso il muro e vedo una foto. Una foto che in questo momento sarebbe stato meglio non aver visto. Eravamo io e Jace, uno davanti all'altra e ci stavamo semplicemente guardando. Quello era lo sguardo che mi mancava di più. Jace è tutto quello che una ragazza possa desiderare. E' alto, bello, ha quell'aria da ragazzo misterioso sotto il giubbotto di pelle. Occhi azzurri come il mare d'inverno e un sorriso pazzesco. Potrebbe avere qualunque ragazza con un solo schiocco di dita. Perché perdere tempo con una ragazza banale come me? Anche a causa di questa domanda che mi ronzava nella testa la mia storia con Jace è sempre stata complicata. Prima piacevo a lui, ma a me non interessava, o meglio, mi interessava ma ero troppo spaventata da quello che rappresentava imbattermi in quella storia. Non perché era uno dei soliti "cattivi ragazzi", era dolce anche se non voleva farlo vedere agli altri. Quando stavamo insieme eravamo inseparabili ma costantemente separati. Quando stava per succedere qualcosa lo lasciavo sempre perdere, ma una volta, dopo un abbraccio, mi era stato difficile lasciarlo andare. Io ero un problema e non ero il suo tipo. Mi avrebbe lasciata presto e io avrei sofferto di nuovo.
Quando finalmente avevo messo da parte le mie paure e avevo capito che era lui la persona di cui avevo bisogno ormai era troppo tardi. Avevo sbagliato. Gli avevo chiesto scusa in tanti modi ma non era servito a nulla. Era cambiato nei miei confronti ed ero sicura che non ne avrebbe più voluto sapere. Sono due mesi che non ci parliamo... ogni tanto ci guardiamo ma di sfuggita, per qualche secondo, e poi ognuno riprende la sua strada. Non so cosa provi lui, se se ne sia dimenticato o se ancora ci pensa. Credo di essere l'unica che ci sta male. Per me ormai pensarci è diventata una dipendenza, mentre lui sicuramente continua a costruirsi la sua vita. Per strada fingiamo indifferenza, come se non fosse successo nulla, ma forse ci amiamo ancora e non lo sappiamo. Magari anche lui vuole baciarmi quanto voglio farlo io. Ogni volta che lo incontro e giro la testa per non incrociare il suo sguardo, lascio spazio solo al rimorso di non aver vissuto l'amore quando si era presentato, facendo decidere il cervello e non il cuore.
Le lacrime cominciano a rigarmi il viso, mentre i ricordi cominciano a farsi spazio nella mente. Il silenzio della mia stanza, viene rotto da mia madre che apre la porta per svegliarmi. Mi asciugo in fretta le lacrime e faccio finta di dormire. Mia madre, che sicuramente avrà capito che sono sveglia, sta al gioco e mi accarezza la testa sussurrandomi all'orecchio che è ora di andare a scuola. Mi alzo subito e vado in bagno. Mi faccio una doccia gelata e vado a vestirmi. Aprendo l'armadio, vedo appesa alla stampella la felpa di Jace intrisa ancora del suo profumo, e deciso che per oggi posso anche concedermi di metterla. Scendo in cucina, prendo lo zaino e le chiavi della macchina. Mia madre non ha fatto caso al fatto che non ho mangiato nulla. Salgo in macchina e metto le chiavi nella toppa. Ho gli esami di maturità quest'anno, ma oggi proprio non ce la faccio ad andare a scuola. Mi metto a pensare all'unico posto dove potrei andare. Anche se inverno, al mare non fa tanto freddo e decido di andarci. Una volta arrivata, parcheggio, mi levo le scarpe e scendo in spiaggia dove mi sdraio sotto l'ombrellone di uno stabilimento vuoto. Accendo una sigaretta ma la butto subito. Non pensavo che avrei ricordato così bene quello che era successo su quella spiaggia l'anno prima.
Io e Jace eravamo in città, nel nostro piccolo posto lontano degli altri. Erano le dieci di sera e il cielo era qualcosa di bellissimo. Jace aveva compiuto diciotto anni qualche mese prima e aveva già la patente mentre io ancora facevo i corsi. Mi piaceva guardare le stelle, lui lo sapeva, e lo sapeva bene, infatti per quel Natale mi aveva regalato una collana con la mezzaluna e una stella, che era diventata il mio tatuaggio sul polso sinistro.
Io guardavo le stelle e lui guardava me.
"Ti voglio portare in un posto" mi aveva detto.
Eravamo saliti in macchina e ad un certo punto si era tolto la maglietta e me l'aveva legata sulla testa a mo' di benda. Quando la macchina si era fermata, mi aveva aperto lo sportello, mi aveva presa in braccio e mi aveva tolto le scarpe. I piedi si erano posati sulla sabbia, e avevo capito subito dov'eravamo andati. Nessuno mi aveva mai portato al mare di notte, ed oltre ad essere un bellissimo gesto, quella notte il cielo era davvero degno di nota. Ci eravamo sdraiati a terra, ed era stato sorprendente il fatto che per una volta, invece di guardare le stelle guardavo lui.  Quella era stata una delle più belle notti che avevamo passato insieme...
E invece adesso, sotto questo cielo nuvoloso, su questa sabbia fredda, sono sdraiata da sola. Rimango tre ore sulla spiaggia, ma poi i ricordi cominciano a fare troppo male e decido di andare via. Lungo la strada mi fermo al Mc drive, dove ordino un mega panino con le patatine. Una volta finito torno a casa. Sono le 12:30.
"Come mai già qui?" chiede mia madre
"avevamo un'ora di buco." Rispondo mentre già salgo le scale per andare in camera mia.
Mi sdraio sul letto e comincio a sentire la musica. Gli occhi mi vanno al ripiano alto della libreria, dove ci sono tutte le scatole più importanti della mia vita. Scatole piene di lettere che mi hanno scritto, lettere che ho scritto ma che non ho mai dato e lettere che mi scrivo da sola come incoraggiamenti o insegnamenti. Quando sono triste ne rileggo qualcuna, ma oggi non mi sembra proprio il caso di deprimermi più di così. Riguardo la foto sul muro e deciso di staccarla. La tengo in mano per un po' e comincio a ricordare la bellezza di quel giorno. Era una delle nostre prime uscite, e prima che la foto venisse scattata, Jace mi aveva appena accarezzato la guancia e mi aveva detto che il suo cuore era diventato di ghiaccio, ma che sentiva dentro di se, che il mio sguardo era l'unico in grado di entrarci dentro.
Metto la foto in una delle scatole dove c'è una lettera per lui. Una lettera che non gli ho mai dato, ma che forse gli darò. L'avevo scritta due mesi fa ma avevo sempre avuto paura di fargliela leggere.

Outlaws of loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora