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Rimango sotto la pioggia fino a che la sagoma di Jace non sparisce. Non riesco a smettere di piangere e soprattutto non riesco a spostarmi da lì.
Sono fradicia. Mi verrà sicuramente un raffreddore se non mi sbrigo ad andare alla macchina.
Dovrei tornare a casa, ma so che quello che è un "dovrei" per me in realtà è un "non voglio assolutamente."
L'ho perso di nuovo, e stavolta, a giudicare dalle sue parole, per sempre.
Ci amiamo, ma la nostra storia d'amore non è possibile. E' una delle classiche storie in cui anche se lotti sprecando tutte le tue energie alla fine non c'è niente da fare lo stesso. Avrei dovuto prendere il coraggio due mesi fa, quando la sua vita era complicata, ma non così tanto.
E' questo il problema della paura, impedisce di fare quello che uno si sente dentro.
Soprattutto in amore, siamo tutti dei codardi.
Ma cavolo, posso lasciarmelo davvero scappare così ogni santa volta?!
Lo so che ha una vita di merda, che quello che fa è sbagliato e che è pericoloso, e tante altre cose, ma non mi interessa. Io lo amo e non cambio idea. Non è come dice lui, un giorno, in un modo o nell'altro dovrà uscirne.
Non capisce che se continuiamo a fare così alla fine uno dei due perderà l'altro sul serio.
Comincio a camminare a passo svelto, poi mi metto a correre senza nemmeno rendermene conto.
Dove sto andando? Non lo so, da Jace, anche se non ho la minima idea di dove cominciare a cercare.
Per dirgli che cosa poi?
Arrivo in piazza, sono tutti dentro al bar, e anche per asciugarmi un po' decido di entrare. Guardo dappertutto ma lui non c'è.
Forse non è destino di trovarlo. Forse non è proprio destino e basta.
Mentre il mio cervello si riempie di pensieri del genere, esco dal bar, per tornare sotto la pioggia che non si è calmata minimamente. Ormai più bagnata di così.
Mi giro verso sinistra, e sotto il portico di un palazzo, a ripararsi, ci sono Jace, Joy e tutto il loro gruppo.
Ci sono anche delle ragazze, molto belle, sicuramente meglio di me e probabilmente sono il suo tipo molto più di quanto possa mai esserlo io.
I nostri occhi s'incrociano di nuovo.
Merda, lo odio quello sguardo. Mi fa troppo male, è come se il mio cuore venisse stracciato da mille coltelli in un solo istante.
Jace si tende in avanti ma non si muove da lì.
Io non mi muovo da lì.
Red, il suo secondo migliore amico dopo Joy, ci sta guardando entrambi. Credo che lui sappia la storia dall'inizio fino ad ora, e quelle poche volte che ci avevo parlato, mi aveva detto che secondo lui, avrei potuto cambiarlo davvero Jace.
Gli da una spintarella, ma Jace continua solamente a guardarmi con quell'aria triste.
Non posso stare ferma lì davanti in eterno, così comincio a camminare. Mi giro e vedo che i suoi occhi color ghiaccio sono ancora su di me. 
Sembra che ci divida solo una cascata d'acqua, ma in realtà, ci divide solo la paura di noi stessi. E a forza di dire che non ci saremmo persi di nuovo, ci siamo lasciati andare, come i bambini giurano che non lasceranno mai il loro giocattolo preferito, ma che poi, per un solo momento di distrazione, lo perdono al parco e piangono tutto il giorno sapendo che nessun giocattolo potrebbe mai sostituire quello perduto.
Chiamo Derek e gli dico di aspettarmi davanti al parco. Ho bisogno di parlare con lui.
Derek mi sta aspettando, usando come riparo l'ombrello rosa di Alice.
"Che succede?" chiede salendo.
"Bell'ombrello." Al mio commento penso che si sia davvero imbarazzato.
Gli racconto quello che è successo oggi e mi abbraccia.
"Non so cosa dirti Lizzie... Ti ricordi quando per una rissa a causa mia è morta Katie?..."
Derek non mi aveva più parlato di quell'incidente. Era cambiato da quel giorno. Aveva cambiato gruppo di amici, si era trasferito per un periodo e quasi non lo riconoscevo più. Derek era come Jace caratterialmente, e stava più o meno negli stessi casini. Stava con una ragazza da quattro anni.
Una notte, mentre faceva a botte per non aver pagato la cocaina con il doppio di quello che gli avevano chiesto, Katie era arrivata di corsa,e si era buttata nella mischia, solo perché voleva stargli vicino, e non voleva che gli facessero del male. Un po' come avevo fatto io.
Mentre lui era girato di spalle a tirare pugni non si era accorto della sua presenza.
L'ultima volta, l'aveva lasciata un'ora prima al bar, e le aveva detto di restare lì. Quella notte aveva nevicato per la prima volta dopo quattro anni. Ad un tratto, aveva sentito solo un colpo di pistola che aveva fatto fermare tutti.
Non appena si era girato, l'aveva vista lì, poco distante da lui. Sulla candida neve che diventava rossa, e non aveva potuto fare nulla per salvarla. Il loro amore era iniziato con una nevicata ed era finito allo stesso modo.
" E' passato solo un anno... se mi fossi girato un secondo prima..." Dice portandosi una mano alla testa.
Lo abbraccio forte.
Katie nessuno l'ha mai dimenticata, e lui non si è più messo con nessun'altra ragazza da allora. Da quando è tornato ad abitare qui, va a trovarla quasi ogni giorno.
Da me si è fatto accompagnare solo il giorno stesso del funerale, quando ormai il cimitero era chiuso. Passando dal retro.
Le scrive una lettera alla settimana, che poi alla fine di ogni mese lega tutte insieme e  butta in un cassetto.
"Derek che cosa c'è tra te e Alice?" chiedo accarezzandogli la guancia.  Alza piano la testa e mi guarda.
"Mi sono innamorato di lei, ma lei non è Katie... non ce la faccio Lizzie... non ce la faccio e non riesco a spiegarle il perché... Non posso dirti di lasciar stare Jace, lo so che vi amate, ma ti dico solo di stare attenta. Non voglio perdere anche te."
...
Jace non è più venuto a scuola, e la porta della classe davanti alla mia, alle 8:40 non si apre più per far entrare il solito ritardatario.
I sabato sera non lo vedo più da nessuna parte.
Passano i giorni, le settimane e il mio amore non diminuisce, cresce sempre di più.
Ogni mio pensiero durante il giorno va sempre a lui.
E' passato un mese da quella notte di merda, ma che fine ha fatto??
Anche Derek da quella notte è diventato solitario e non lo si vede quasi più a casa.
Alice è triste, non mi dice perché, ma lo so io, Derek. Non posso darle i miei soliti consigli e mi dispiace vederla così.
Tutto gira storto.
Per quella sola giornata, un mese fa,  mi sembrava che la mia vita stesse rifiorendo, in poche ore, da quei mesi d'inferno, invece era solo un'altra illusione che mi aveva messo davanti la vita.
Sto imparando che il detto: "se deve succedere, succederà"  è una grandissima cazzata. Le cose succedono se uno le fa succedere, il caso centra ben poco.
Oggi è venerdì, le sere di marzo si sta bene, non fa né caldo né freddo, e quest'anno fortunatamente piove di meno.
Sono seduta sulla panchina dove sarei dovuta stare ferma un mese fa ad aspettare Jace. Non l'ho aspettato quella sera, ma lo sto aspettando adesso, come lo aspetto qui tutti i pomeriggi e tutte le sere da quel giorno. Se anche lui dovesse venire qui, significa che possiamo avere ancora una possibilità.
Sulla panchina cadono spesso i fiori dell'albero qui vicino, il Prunus, un albero bellissimo.
Se qualcuno mi vedesse da lontano in questo momento seduta qui, sotto questo albero con la luna  come unica luce sembrerei un quadro, e il muro bianco dietro l'albero e la panchina sembra fare proprio da cornice. E se questo quadro fosse esposto in un museo, ci scriverei sotto: Manchi solo tu.
Sono le 22:00, ormai nemmeno stasera viene più. Mi alzo controvoglia e vado verso la macchina.
Mi giro lanciando un ultimo sguardo al vicolo da dove veniva di solito, per assicurarmi che non ci sia nessuno in arrivo. Illusa, mi dico.
Ogni volta che salgo in macchina dopo essere tornata da quel posto devo riscendere e andare a controllare che non si arrivato nessuno. Questa giostra sta cominciando a stancarmi, ma la malata speranza che mi è cresciuta dentro mi divora ogni giorno appena tocco il volante per ripartire. Richiudo la macchina e di corsa vado a ricontrollare.
Arrivo con il fiatone e quasi cado per fermarmi davanti all'immagine che ho davanti.
Appoggiata all'albero, c'è una sagoma scura che si è appena accesa una sigaretta.

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