3°CAPITOLO

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-LAUGHING JACK-

Sentii qualcosa dentro di me spingermi nella direzione opposta di dove stavo andando e capii che qualcuno aveva trovato la mia scatola.

Questa non ci voleva.

Nessuno girava quella manovella da anni dato che ne ero entrato io stesso in possesso. Ma adesso qualcuno l'aveva trovata ed io dovevo assolutamente risolvere quel pasticcio. Non volevo essere di nuovo rinchiuso là, tra quelle pareti strette e soffocanti. Venni velocemente "teletrasportato" in una camera da letto  e quando alzai lo sguardo incontrai due occhi rossi che mi fissavano scioccati. Non riuscivo a credere che proprio quella ragazza l'avesse trovata.

Deve essere un segno del destino, mi disse una voce dentro la mia testa.

Sta zitta, non credo a queste cazzate!, le risposi acidamente.

La ragazza intanto non accennava a muoversi e quando stavo per aprire bocca per chiderle il suo nome, svenne cadendo sul letto.


-LYDIA-

Aprii gli occhi frastornata da quello che era appena successo.

Aspetta, cos'è successo??

Non riuscivo a ricordare nulla fino a quando non incontrai degli occhi azzurri che mi fissavano. Cercai di rimanere calma mentre nella mia testa c'era un caos pazzesco. Facciamo un po' d'ordine: avevo girato la manovella di quello stupido giocattolo, mentre una canzone si univa ai rumori metallici e striduli dei meccanismi. All'improvviso era uscito del fumo denso e nero che poi si era trasformato in una persona, più precisamente nel ragazzo con cui mi ero scontrata quella mattina.

Impossibile, è tutto un sogno, sicuramente. Mantieni la calma, Lydia, mi ripetei.

Mi girai verso di lui, era vestito in modo molto molto strano: tutto rigorosamente a righe in bianco e nero, delle bende gli coprivano il busto e le mani, i pantaloni avevano delle bretelle e un piumaggio folto e nero gli nascondeva le spalle magre. I suoi arti erano molto più lunghi del normale e all'estremità vi erano degli artigli dove dovevano esserci in teoria delle dita. L'avevo riconosciuto solo grazie alla sua pelle pallida e ai suoi occhi vuoti e ghiacciati, per il resto era completamente diverso. Sembrava un clown in versione horror. Dire che ne avevo paura era dir poco.

<Che c-cosa sei t-tu?> La mia voce era stridula e debole, il clown o quel che era parve accorgersene perché mi sorrise con una vaga dolcezza, non un granché rassicurante, tra le labbra.

<Sono un clown, non si nota? Mi chiamo Laughing Jack, non hai mai sentito parlare di me?> Si manteneva a distanza appoggiato al muro, e di questo ne era grata, ma il suo sguardo non la smetteva di seguirmi.

<Come hai fatto a...? E cosa significa? Io...> Non riuscivo a capire più niente, più mi sforzavo e più mi risultava difficile la situazione. Era assurdo, tutto assurdo.

<Hey, calma ragazzina! Una cosa alla volta!> Si mise a ridere e in quel momento notai i suoi denti, simili a quelli degli squali. Mi ritirai di più verso la testiera del letto. Aspettò qualche minuto e poi mi disse serio <Adesso che tu hai trovato la mia scatola in teoria dovrei giocare con te e poi ucciderti...> Mi guardò attentamente e la paura si impossessò di me. L'aveva detto con una tale naturalezza e con uno sguardo che mi aveva fatto venire la nausea. Iniziai a tremare e a indietreggiare nel letto fino a ritrovarmi sul bordo raggomitolata.

Lui fece un passo in avanti <Sta tranquilla per adesso. Non ho detto che lo farò. Certo posso sempre cambiare idea, ma chi lo sa...> Lo guardai con gli occhi sbarrati e iniziai a piangere, non riuscivo a capire niente di niente e l'unica cosa che vedevo era lui che mi uccideva. Il mio cervello era sotto shock.

L'AMORE È IN BIANCO E NERODove le storie prendono vita. Scoprilo ora