-LYDIA-
Mi svegliai verso sera e dopo aver fatto un giretto in casa constatai che L.J era uscito. Andai in quella che doveva essere stata la cucina e cercai qualcosa da mettere sotto i denti. Cercai dovunque ma di cibo nemmeno l'ombra, e proprio quando avevo perso le speranze arrivò il clown con un cartone in mano.
<Hai comprato del cibo?> Gli chiesi con gli occhi lucidi. Il mio stomaco non la smetteva di brontolare.
<Sì, ho pensato avessi fame.> Appoggiò la pizza sul tavolo malandato e si sedette pesantemente sulla sedia. Sembrava strano, preoccupato forse.
<C'è qualcosa che non va? Sembri...Diverso.> Aprii il cartone della pizza e mi ci fiondai sopra. Paradiso.
<No, sto alla grande. Senti, vado un po' a stendermi.> Convincente. <Tu fai come se fossi a casa tua.>
<Che onore.> Risposi sarcastica continuando a mangiare.
Un attimo prima di uscire, Jack si girò verso di me <E ricordati che la carta non si mangia, mi raccomando.>
<Idiota!> Gli urlai lanciandogli una fetta di pizza.
Stavo camminando annoiata tra i corridoi curiosando in ogni stanza che mi capitava di incontrare. Ero appena entrata in una specie di ripostiglio stracolmo di scatoloni e bauli. Ne scelsi uno e lo aprii trovandoci dentro fotografie su fotografie, tutte antiche e rovinate, che ritraevano un bambino. Guardai tutte le foto e mi accorsi che ritraevano, dalla prima all'ultima, lo stesso bambino. Ne aprii un altro e ci trovai stavolta solo delle scartoffie senza significato, ritratti e vari giochi vecchi e rotti. Un disegno ingiallito però attirò la mia attenzione: raffigurava il bambino con a fianco un clown sorridente. Ammirandolo meglio notai una certa somiglianza con Laughing Jack, la differenza era che sembrava veramente felice.
<Cosa ci fai qui?> Una voce mi fece sobbalzare. Jack se ne stava appoggiato allo stipite della porta e mi guardava con uno sguardo contrariato e infastidito.
Alzai il foglio e glielo mostrai <Sei tu in questo disegno? E chi è questo bambino?>
Jack me lo strappò dalle mani e lo rimise al suo posto chiudendo il baule, poi mi puntò un dito contro <Questi non sono affari tuoi e ora esci di qui. Questa stanza resta chiusa da ora in avanti.> Si avviò verso il corridoio ed io lo seguii.
<Perché fai così?>
<Te lo ripeto: non sono affari tuoi e ora va' a dormire che è tardi.> Mi rispose sbattendomi in faccia la porta della sua camera.
Ma chi si crede di essere? Mio padre?
Me ne tornai in camera e mi stesi sul letto ripensando a ciò che avevo trovato, non molto, ma era bastato per attirare la mia attenzione. Ero curiosa di sapere chi fosse quel bambino e cosa avesse in comune con Jack. Ma soprattutto: avevo scoperto che Jack non era sempre stato così ed io volevo sapere cosa fosse successo. Volevo conoscere la sua ferita, quella che l'aveva ridotto così, e forse vedere se potevo curarla.
-LAUGHING JACK-
Maledizione. Quella ragazzina ficcanaso aveva appena trovato le cose appartenenti ad Isaac che avevo conservato e custodito gelosamente, le uniche cose che mi ricordavano ciò che ero stato e che non potevo essere più: felice. Se l'avessi beccata di nuovo a curiosare in quella stanza le avrei fatto rimpiangere il giorno in cui mi aveva conosciuto. Eppure c'era sempre quel qualcosa che mi portava a desiderare di aprirmi con lei, raccontarle tutto dall'inizio, ogni minima cosa, ogni dolore e ferita.
Improvvisamente mi venne un desiderio dettato dall'istinto, un impulso, qualcosa di stupido mi era appena venuto in mente. Portarla nel mio circo. Ovviamente dovevo stare attento a quei mocciosi dato che la ragazza non sapeva fossero le mie vittime.
Entrai nella sua camera e la scossi per farla svegliare. Lei aprì gli occhi disorientata, ma le si sbarrarono non appena le dissi dove volevo portarla.
<Chiudi gli occhi, Lydia.> Le sussurrai all'orecchio.
-LYDIA-
<Chiudi gli occhi, Lydia.>
Quando gli riaprii eravamo entrambi davanti ad un cancello enorme e arrugginito. Jack, che aveva nel frattempo ripreso le sue sembianze "naturali", mi guidò tra le roulotte e i tendoni bianchi e neri; nessun accenno di colore, era tutto così affascinante ma allo stesso tempo inquietante. Proprio come il clown spilungone, disse una vocina nella mia testa.
Un bambino tutto sporco di fango e di qualcos'altro si avvicinò a noi e tirò un lembo dei pantaloni di Jack, che dopo aver sentito cosa il piccolo avesse da comunicargli, mi fece entrare nella sua roulotte.
<Aspetta qui dentro, torno subito. Non ti muovere.> E se ne andò seguendo il bambino.
Confusa mi sedetti su una specie di divanetto e guardai l'interno del caravan. Era abbastanza spazioso e non aveva granché a parte una brandina, un divano, un armadio e trucchi e vestiti strani. Ad un certo punto mi sentii osservata e sbirciando dallo spiraglio della porta socchiusa notai una bimba, sporca come l'altro, che mi stava spiando. Mi alzai e uscii da lì, al diavolo gli ordini di Jack!. La bambina entrò in un tendone e mi fece segno di seguirla. Stranamente il tendone si trasformò, non appena ci misi piede, in un labirinto di corridoi e porte chiuse da dove provenivano lamenti e bisbigli.
Ma cosa...? Dove sono finita?
La bambina nel frattempo era sparita e davanti a me era comparsa una porta graffiata e scorticata. La mia mano si mosse da sola verso la maniglia, attratta da qualche forza magnetica, e quando il battente si aprì crollai a terra. Davanti a me c'era uno spettacolo raccapricciante: la stanza era completamente macchiata di quello che doveva essere sangue, a giudicare dall'odore nauseante, il marmo del pavimento era ricoperto in ogni centimetro dal liquido viscoso. Ma la cosa peggiore erano i bambini, orrendamente squartati, che se ne stavano nascosti negli angoli della sala. Era incredibile e inumano che fossero ancora vivi, anche se i loro occhi erano spenti e freddi, come quelli di Jack. Corsi fuori e notai con sollievo che i corridoi avevano lasciato posto al tendone di prima. Uscii e vomitai con le scene di quello schifo nella testa. Sentii due mani sulle spalle e alzai lo sguardo.
<Che ci fai qui? Non ti avevo detto di rimanere là dentro? Che è successo?>
Mi scansai da Jack e urlai colpendogli il petto <Ma cosa hai fatto?! Sono bambini! Riportami a casa! Riportami subito a casa!>
In un attimo fummo a casa e ,senza nemmeno dargli il tempo di spiegarmi, mi rifugiai in camera. Non riuscivo neppure a guardarlo più in faccia, mi faceva schifo e ribrezzo. Come si poteva torturare così dei poveri bambini innocenti? Era un mostro, solo un mostro sadico ed egoista. Basta, me ne sarei andata quella notte stessa. Presi il borsone e corsi via più veloce che potevo sentendo già le lacrime bagnarmi il viso.
-LAUGHING JACK-
Sentii la porta sbattere e andai a vedere cosa diavolo stava succedendo. Cazzo, la ragazzina era scappata. Mi misi una mano tra i capelli, ero stato uno stupido a farle vedere il mio circo e soprattutto a pensare che potesse accettarmi per quel che ero. Voleva andarsene? Bene, non avrei mosso un dito per fermarla o per farle cambiare idea. Era tutto nelle sue mani adesso.
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L'AMORE È IN BIANCO E NERO
FanfictionLydia è una ragazza diversa e solitaria, che ama dipingere e cantare. Odia la compagnia ed è fredda come il ghiaccio. Laughing Jack , noto killer e creepypasta, anch'esso solitario e freddo come lei. Riusciranno ad uscire dal loro stato di ghiaccio...