"Che fortuna che finalmente hai avuto la prova che non sono una spietata assassina. Voglio dire, a parte la mia parola. Del resto, che motivo avevi di credermi?" Cerco di ridere, di non farmi prendere dalle emozioni. Lei apre la bocca, ma io continuo a parlare, incapace di fermarmi: "Faresti meglio a sbrigarti con quella storia del perdono, perché non c'è molto tempo..."
La voce mi si spezza e non riesco più a controllarmi. Comincio a singhiozzare, mi appoggio al muro e inizio a scivolare giù perché le gambe non mi reggono. Ho gli occhi troppo appannati per vederla, ma lei mi prende tra le braccia e mi stringe con tanta forza da farmi male. Odora di olio di cocco ed è forte, proprio come era forte durante l'iniziazione, quando è rimasta a lungo aggrappata sopra lo strapiombo solo con le dita. Allora - non è passato poi così tanto tempo - la sua forza mi faceva sentire debole, ora invece sembra rinvigorirmi.
Ci inginocchiamo sul pavimento di pietra, e io l'abbraccio con la stessa intensità con cui lei sta abbracciando me.
"L'ho già fatto" bisbiglia. "È questo che intendevo dire. Che ti ho già perdonata."{Capitolo 27}