Capitolo 3.

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Quando scendemmo Coco- volevo dire, Chanel- ci stava aspettando appoggiata contro la portiera del taxi, mentre Mimi –Kacey-, ci attendeva dentro la macchina.
Mi piacerebbe poter dire che il suo aspetto esteriore rispecchiava la sua personalità, ma la vita è incredibilmente ingiusta. Chanel era perfetta. Non c'era mai nulla di fuori posto in lei. I lunghi capelli biondo cenere, e ricadevano in boccoli ordinati intorno ad un viso dai lineamenti morbidi e delicati e gli occhi color zaffiro, incorniciati da lunghe ciglia nere, erano luminosi come due fari nella notte.       
Indossava un top a fascia nero, che metteva in mostra un abbondante porzione del suo ventre piatto, e una minigonna di velluto dello stesso colore. Un'altra ragazza, con quel look, sarebbe risultata volgare, ma questo non era il suo caso. Al contrario, lo ostentava con una tale sicurezza da essere quasi disarmante.       
La invidiavo. Perché non potevo essere come lei? Mi sarebbe bastata anche solo una minima parte della confidenza che mostrava.

Qualunque uomo si sarebbe gettato ai suoi piedi senza pensarci. Dio, conoscevo anche qualche donna che l'avrebbe fatto. Mi chiesi che razza di problemi avesse il cantante. Doveva essere pazzo, o cieco, o gay: una delle tre, o anche tutte e tre le cose contemporaneamente altrimenti la cosa non avrebbe avuto alcun senso, perché nessuno avrebbe mai rifiutato Chanel. Non era mai successo da quando la conoscevo. Ed ero certa che fosse impossibile farlo.

Prima di permetterci di salire in macchina, ci ispezionò attentamente. Il suo sguardo si posò prima su Jocelyn e poi su di me, non trovando nulla da ridire le sue labbra si arricciarono in una smorfia. Mi morsi il labbro inferiore per impedirmi di sorridere. Era la prima volta che quella stronza non aveva nulla da ridire sul mio abbigliamento, una piccola parte di me stava facendo i salti di gioia. Fui grata a Jocelyn per avermi costretta ad abbandonare i miei pantaloni per la sua minigonna, le dovevo un favore. Un grande, grosso e mega favore.

«Salite» ci ordinò sistemandosi sul sedile anteriore.

Io e Jocelyn la imitammo, strizzandoci su quello posteriore insieme alla sua fedele compagna.

«Ciao bellezze» ci salutò Mimi- volevo dire, Kacey-, con un marcato accento del sud.

Mi piaceva molto il suo accento, era l'unica cosa che mi permetteva di distinguerla dalla sua amichetta. E non importava quanto duramente lei ci provasse, non riusciva proprio a eliminarlo.

Dire che era una bella ragazza sarebbe un eufemismo, sembrava una modella di American Next Top Model. Era la più alta del gruppo, i suoi lunghi capelli lisci -più castani che biondi- erano morbidi e luminosi come seta, pagliuzze di diverse tonalità di verde screziavano i suoi occhi azzurri e per completare il tutto, aveva anche uno splendido nasino a punta che si arricciava quando sorrideva.         
Nonostante il suo legame con Chanel, Kacey mi piaceva. Si era sempre dimostrata gentile nei miei confronti, ed era decisamente la più simpatica tra le due.      
Che cosa ci faceva, una ragazza simpatica e adorabile come lei, con Chanel Richards? Non riuscivo a capirlo.

«Come vanno le lezioni?» mi chiese, visto che la sua migliore amica era impegnata in una fitta conversazione con la mia.

Come me, anche lei, frequentava i corsi propedeutici per l'ammissione alla facoltà di psicologia. Era così che ci eravamo conosciute, prima ancora che ci presentasse Jocelyn. Chanel non lo sapeva, nessuna delle due aveva avuto il coraggio di dirglielo. Chanel era una di quelle persone a cui piaceva pensare di essere il Sole del proprio sistema solare, credeva di essere al centro del nostro piccolo universo e a Kacey piaceva lasciarglielo credere.

Sotto certi aspetti mi somigliava. Eravamo solo due ragazze terribilmente insicure alla disperata ricerca dell'approvazione degli altri. Solo che, a differenza sua, io avevo smesso di lasciare che questo aspetto del mio carattere condizionasse completamente la mia vita.

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