Sixth chapter

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6.

APOV
Lasciai che Justin si ritirasse nella propria stanza.

Mi si stringeva il cuore ricordando la sua espressione spaventata, smarrita. Eppure, nonostante la paura, mi aveva protetta, si era messo tra me e il mondo, seguendo il suo istinto.

Sarei potuto morire io. Aveva detto quelle parole come se citasse un dato di fatto, non per commuovere, e doveva averlo pensato già molto tempo prima. Ne era davvero convinto.
In questi anni per me le cose erano cambiate. La mia città era cambiata ed io avevo intrapreso nuovi progetti, trovato modi diversi di rendermi utile.

Qui, invece, il tempo pareva essersi fermato e Justin con lui.

No, non è vero, anche lui è cambiato, è pieno di sofferenza. Si è perso nel suo inferno personale e nessuno l'ha aiutato ad uscirne.

Provai un moto di collera verso la sua fidanzata che lo aveva lasciato in quelle condizioni. Io sarei rimasta con Jaxon e non lo amavo neppure, ma avevo fatto delle promesse, e le promesse vanno mantenute.

Justin aveva perso Katherine, in compenso aveva trovato me.

E anche se sarò solo una moglie a tempo determinato gli starò vicino, farò di tutto per creare un'unione solida.

Mi diressi verso la sua stanza, i passi troppo sonori nel corridoio vuoto. Era tardi, il personale si era già ritirato per la notte.

Sono sempre io ad andarlo a cercare. L'unica volta che è entrato nella mia camera è stato per dirmi di andarmene.

Non mi pareva giusto tenere le distanze, soprattutto dopo quello che è successo in giornata.

Aprii la porta della palestra, che trovai vuota. L'attraversai facendo scorrere le dita su uno dei macchinari. Si esercitava molto, perché non voleva che il suo corpo mostrasse debolezze.
Percorsi il breve corridoio che dalla palestra portava alla sua camera, arredata solo con il letto, un grande armadio e poco più, ma non lo trovai.

Sul letto, i cuscini spinti da parte e le lenzuola aggrovigliate dimostravano che non doveva aver dormito molto.

Attraversai la stanza e mi chinai sul letto, sistemandolo e aggiustando anche i cuscini. Una cosa stupida, ma sentivo il bisogno di tenermi occupata mentre decidevo che cosa fare. Simbolicamente era anche un modo di rimettere a posto la sua vita, che proprio io avevo sconvolto con il mio arrivo.

Non è vero, la sua vita era già sconvolta. E non l'ho obbligato a sposarmi.

Aveva acconsentito perché, come per me, il dovere e l'onore erano importanti anche per lui.

«Che cosa stai facendo?»

Sussultai e mi voltai di scatto, vedendolo in piedi e sulla soglia che conduceva all'esterno, il petto nudo che scintillava di sudore alla luce della luna.

«Sono venuta per...»

«Non puoi proprio lasciarmi in pace, vero?» borbottò con la voce che tradiva tutta la sua disperazione.

«Come potrei, dopo quello che mi hai detto?»

«Facile. Fai come hanno fatto tutti finora. Ho accettato un matrimonio sulla carta solo perché io speravo servisse a evitarti il più possibile» ruggì, la rabbia che rischiava di prendere il sopravvento.

«Perché hai accettato la mia proposta?»

«Solo perché è un bene per le industrie. Anche se non vado fuori di testa facendo cazzate, non significa che non sento le mie responsabilità verso i dipendenti»

Los Angeles' Hidden Legacy. ↠ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora