Tenth chapter

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10.

APOV
La neve diminuì e il giorno del matrimonio il sole splendeva sulla bianca coperta scintillante che copriva completamente il terreno.

Strinsi il bouquet di pallide roselline e chiusi gli occhi, cercando di contenere il fastidioso vuoto allo stomaco.
Venivo da due settimane di attività frenetiche con Justin e di dettagli definiti da mio padre, mentre Alex cercava di capire il suo ruolo da adulto, quando in realtà era poco più di un ragazzo.

Cento anni prima, alla stessa età di sedici anni, sarebbero passate a lui le industrie, ma mio fratello era ancora un bambino, e questa considerazione mi rendeva ancora più grata a Justin per il suo intervento.

Il matrimonio invece mi terrorizzava.

Non lo vedevo da ventiquattro ore e non conoscevo i suoi sentimenti al riguardo, ignoravo se sarebbe stato assalito dai suoi flashback.

Suzette, la mia damigella d'onore, sollevò lo strascico dell'abito e lo lasciò ricadere adagio, in modo che la resistenza dell'aria lo gonfiasse, facendolo veleggiare prima di toccare terra. Il sole illuminava la cattedrale e faceva scintillare il tessuto finissimo, intersecato di pizzo.

«Fantastico, Trí» dichiarò la mi amica.
Sospirai. Era davvero tutto perfetto, ma solo in apparenza.

Ma oggi è quello ciò che conta, mi dissi.

Mi rivolsi a Suzette, l'unica vera amica. Avevamo frequentato lo stesso collegio, e tra lei e me si era creato un forte legame. Nel corso degli anni naturalmente ci eravamo viste sempre meno, ma sapevo che in caso di bisogno la vivace bionda avrebbe interrotto qualunque cosa stesse facendo e si sarebbe precipitata da me, una disponibilità che valeva anche in senso contrario.»

«Suz, Justin è qui?»

«Non capisco perché non dovrebbe esserci» replicò, sistemando il corpetto dell'abito verde.

Sospirai. «Giusto. Semplice nervosismo prematrimoniale.»

Spalancò gli occhi. «Niente a che vedere con la prima notte di matrimonio, spero, altrimenti dovremo farci una bella chiacchierata.»

Sbuffai una risata, arrossendo al ricordo della notte trascorsa con lui, di come mi aveva fatta sentire, di quello che aveva fatto al mio corpo... Sí, certo, ero ancora vergine, ma a giudicare dai commenti sprezzanti di alcune ragazze riferite al sesso, ritenevo di avere una valida conoscenza in materia.

«Non si tratta di quello» ribattei. E chissà se la nostra prima notte di nozze avrebbe significato qualcosa per il mio futuro marito.

Chissà se vorrà... No, è poco probabile. Mi ha fatto capire che non vuole venire a letto con me, anche se non ci credo.

«In effetti si tratta di nervosismo prematrimoniale» concordai. E anche di preoccupazione su come reagirà in mezzo a tutta questa gente.

Ricordai quando era uscito da casa sua per incontrare i giornalisti. È forte, il mio Justin.

Il mio Justin? In un certo senso lo sentivo come una parte di me. Non sapevo spiegarne la ragione, né mi interessava farlo, perché comunque avrei dovuto strapparla da me al momento della separazione e mi faceva già male solo pensarci...

«Aspetta.» Suzette mi passò davanti e aprì uno spiraglio del pesante portone di legno che portava nella chiesa. Sbirciò all'interno poi si voltò, offrendomi un sorriso e un segnale di tutto apposto.

La ricambiai con un debole sorriso. Partì la marcia nuziale e mi sentii morire.

Era arrivato il momento.

Los Angeles' Hidden Legacy. ↠ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora