Eighth chapter

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8.

APOV
Credevo di non aver mai detto una cosa inopportuna, prima.

O forse gli altri non esprimono il loro disappunto in modo tanto palese, a parte mio padre.

Le mie parole avevano ferito Justin, o almeno lo credevo, perché era difficile superare il muro che lo separava dagli altri.
Per un attimo avevo conosciuto il Justin di prima dell'attentato. Appassionato, seduttivo, affascinante e sensuale. E com'è ancora, sotto la sua freddezza.

Si trattava di un'attrazione puramente fisica, qualcosa cui non ero abituata, pur sapendo che per gli uomini non era necessario un coinvolgimento emotivo per sperimentare quello fisico.
Non sapevo se lo stesso valesse anche per me, per quanto riconoscessi di provare delle emozioni. Mi bastava ricordare quel giorno al mercato, i suoi occhi di animale braccato e ferito finché non lo avevo toccato. E da allora un susseguirsi di emozioni, all'oasi, nel ballo, nel bacio...

Niente a che vedere con i baci casti di Jaxon.

Vicino a Justin il mio corpo aveva subito preso fuoco, e mi sentivo ancora bruciare. Sentivo ancora il calore delle sue mani su di me, la lingua impegnata in liti sensuali con la mia.

Mi bastava quel ricordo per accendermi di nuovo di passione.

Sbattei con forza le palpebre e tornai a rivolgere l'attenzione al mio iPad, scorrendo le pagine che presentavano diversi modelli di abiti da sposa. Il mio stilista mi aveva inviato alcuni splendidi schizzi e contava sulla mia scelta per farsi pubblicità.

Corrugai la fronte.

Perché cerco sempre di fare la cosa giusta per gli altri? Rotolai sullo stomaco e spinsi lontano l'iPad. Chiederò a Kevin di sceglierne uno, non mi importa quale. Che importanza può avere? Justin preferirebbe evitare del tutto il matrimonio e non si scomporrebbe se io indossassi un abito fatto con il nastro adesivo. Quel vestito non rappresenta niente. Documenti diversi, altre firme, e con la stessa facilità divorzieremo.

Avrei affidato tutta l'organizzazione al coordinatore del matrimonio perché non mi importava niente, neanche se lo sposo mi avesse lasciata sull'altare, assalito da uno dei suoi flashback.

Non uscivamo in automobile da un paio di giorni, dal bacio che ci eravamo scambiati, ma le ultime uscite erano state un successo. La tensione era stata intensa anche in mezzo alla folla.

Se non per quello saresti venuta lo stesso? No.

Continuavo a risentire nella mente quel dialogo, ogni volta più sferzante. La mia era stata una risposta ovvia, ma in quel momento era parsa un rifiuto.
Eppure l'avevo pronunciata solo per difendermi dallo stordimento provocato dal bacio, dalla passione che poteva farmi dimenticare che il nostro sarebbe stato un matrimonio solo temporaneo. E che lui era incapace di provare sentimenti.

Io mi stavo avvicinando alla luce in fondo al tunnel, anche se al momento non riuscivo più a vederla, oscurata da un uomo con grandi occhi color ambra tristi e una disperazione così profonda che mi aveva messo radici nell'anima.

*

«Astrid»

La sua voce profonda mi strappò dalle immagini sfuocate dei sogni e mi precipitò nella realtà. Il sole del pomeriggio che filtrava dalla finestra accendeva di rosa la mia mano.

Flettei le dita. «Si?» Mi voltai a guardarlo e quasi mi si fermò il cuore.

«Perché c'è un esercito di giornalisti qua fuori?»

Los Angeles' Hidden Legacy. ↠ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora