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«Farti un paio di affari tuoi non farebbe male.» disse Louis, sentendosi a disagio. Harry era molto intelligente, non era un ragazzo da sottovalutare e lo sapeva bene.
«Voglio aiutarti Louis. Perché non ti lasci aiutare e basta?»
«Ed ecco qui che ritorna l'eroe.» sbuffò scuotendo la testa.
Il suo rispondere freddamente era un modo per difendersi, un modo per impedire a chiunque di scavalcare i muri che aveva costruito con superbia attorno a sé.
Ma Harry non avrebbe mollato dopo la prima caduta. L'avrebbe scalato tutto quel muro.
«Hai mai fatto sesso con la tua, be' ormai ex, moglie?»
«Ma cosa cazzo dici Harry, si può sapere? Che te ne frega! Non la devi nominare, cazzo.»
«Perché non dovrei? Ci soffri perché è morta o perché la tua famiglia ti ha imposto la vostra relazione?» lo stuzzicò Harry, scavando su quel muro.
«Dannazione Harry, chiudi quella dannata bocca! Non sai nulla di me.»

«Non so nulla di te perché tu il nulla mi presenti, ma nella tua vita il nulla non esisteva. Esisteva il qualcosa, quel qualcosa che ti faceva soffrire. Non è così?» il tono di Harry era di sfida, di uno che la sa lunga.
«Mi intrecci la testa con questo ragionamento.»
«So che hai capito.» lo smascherò Harry.
«Ci hai mai fatto sesso?» chiese spudoratamente.
«No, diamine, no! Ora sei contento? Sì, sono vergine a vent'anni. Vuoi prendermi in giro adesso, come hanno fatto tutti gli altri?» la voce di Louis era traballante e molto alterata.
Qualche mattone era stato tolto e a Louis ciò non stette bene. Harry stava distruggendo la sua guardia e la superbia di Louis era troppa per poter lasciare che ciò accadesse con tanta facilità.
«Non voglio prenderti in giro, non c'è nulla di male. Non bisogna fare per forza sesso per sembrare fighi agli altri. Che si fottano quelli, tutti.»
«Perché non ci hai mai fatto sesso?» continuò poi, finendo di mangiare la sua banana.
«Dio mio Harry, che problemi ti affliggono?»
«A me nessuno, forse a te. Perché non ci hai mai fatto sesso?» domandò per la seconda volta.
Louis sbuffò, capendo che il riccio non avrebbe mollato la presa tanto presto.
Lo stomaco dei due ragazzi brontolava dalla fame.
«Perché non ne ho mai sentito il bisogno...»
«Davvero?»
Louis annuì sconfitto e frustrato.
«Finito l'interrogatorio?» lo guardò e spalancò leggermente gli occhi dopo aver visto la posizione in cui si era messo Harry.
Un gesto impulsivo e piccolo, ma che Harry notò.
Il riccio si era allungato sulla sabbia morbida, aveva incrociato le braccia dietro la testa in modo da mettere in mostra i suoi addominali e i suoi bicipiti erano ben contratti.
I capelli erano sparsi, come sempre, sulla sabbia dorata e le labbra erano leggermente aperte.
Louis distolse lo sguardo come se fu scottato dal corpo di Harry e si portò le ginocchia al petto, circondandole poi con le braccia.
«Io ti osservo, Louis.» ammiccò un sorriso per poi girarsi su di un fianco, verso di lui.
Aveva il gomito poggiato sulla sabbia e la testa posata sulla sua grande mano.
Il liscio era fottutamente a disagio. Non rispose.
«Ho osservato i tuoi comportamenti con me, il modo in cui mi guardi.»
«Ma stai zitto, cosa cazzo vuoi dire adesso?»
«Ho visto il modo in cui mi hai guardato mentre mi avvolgevo la maglia sulla fronte, quando te l'ho legata a te e quasi tremavi a causa della vicinanza dei nostri corpi.
Mi hai ammirato tutto il corpo, hai osservato ogni mio tatuaggio e subito dopo hai osservato i tuoi come se si collegassero. L'hai fatto anche adesso, mi hai rastrellato il corpo con lo sguardo. Hai spalancato gli occhi.»
Louis sapeva bene che Harry aveva ragione.
Il precedente vento aveva iniziato a portare onde di discrete dimensioni ma non erano pericolose, per ora.
«Non è vero, non li ho spalancati.»
«Sì, l'hai fatto Louis.»
«No.» scosse la testa deciso.
«Visto? Nemmeno ti ricordi. Per te è stata una cosa impulsiva, naturale.» lo smascherò nuovamente, togliendosi completamente la maglia.
Louis si voltò dall'altra parte, non sapendo più cosa fare. Era in trappola.
«Girati, Louis.»
Rimase immobile.
«Louis, guardami.» sconfitto, obbedì.
«Cosa vuoi da me Harry?» mormorò sfinito, legando i loro sguardi.
Louis, non appena vide i suoi occhi verdi, sentì qualcosa di sbagliato allo stomaco che con Eleanor non aveva mai provato.
Gli faceva male la pancia, era qualcosa di diverso dalla fame.
«Voglio che tu scopra chi sei veramente.»
Louis non poté fare a meno di guardare il suo corpo perfettamente scolpito.
«Perché ti importa di me?» domandò sincero. Davvero non capiva.
«Te l'ho già detto il motivo, Louis.»
«Io so che a te importa di me.» aggiunse poi Harry.
«No.» rispose freddo l'altro.
«Allora perché sei venuto ad aiutarmi?»
«Mi sentivo in dovere di farlo...» mentì Louis.
«Louis, smettila di essere la persona che non sei.»
«Smettila di fare il filosofo con me, tu non sai niente e te l'ho già detto. Lasciami stare.»
Le mani dei due ragazzi erano a pochi centimetri di distanza, le dita ben allargate per sorreggere il peso dei loro corpi.
Il medio lungo di Harry sfiorò il piccolo indice di Louis.
Dei brividi percorsero le braccia del ragazzo a causa di quel gesto così delicato e così genuino.
«Ho capito dove vuoi andare a parare.» disse poi Louis, legando di nuovo i loro sguardi.
Verde, come le foglie della menta, si legava all'azzurro, come quel mare che li aveva intrappolati. Un miscuglio perfetto di colori.
«Non sono come te, Harry.»
«Louis, io l'ho già capito. Sta a te ammettere chi sei davvero.»
«Harry sembra quasi che tu mi stia costringendo ad essere un frocio come te, per Dio!» si alzò Louis infuriato.
«Non è così Louis. Sto cercando di farti capire!» Harry imitò i suoi gesti, seguendolo lungo la spiaggia.
«Io non sono come te! Non devi costringermi ad essere ciò che non sono!» gridò Louis contro il riccio.
«Io voglio solo farti capire chi sei, Louis! Allora perché ogni volta ti becco a fissarmi il corpo? Perché mi rispondi sempre male quando provo ad essere carino con te? Perché mi fissi le labbra quando parlo? Perché tremi quando sono nelle vicinanze? Perché ti vengono i brividi ogni volta che ti sfioro? Perché, Louis? Perché allora?» gridò a sua volta Harry.
«Non lo so Harry. Non lo so. Io sono confuso, da quando sono qui lo sono. Il trauma dell'aereo mi ha dato alla testa, sto diventando matto.»
Harry raggiunse lentamente Louis, che si era fermato davanti a lui, immobile.
«Lou...» quel nomignolo scatenò migliaia di sensazioni strane nel liscio. Sentiva una forte sensazione allo stomaco che, in fondo, lo faceva stare bene. Gli piaceva quella sensazione e Harry gliela faceva provare ogni volta che pronunciava il suo nome, ogni volta che incrociava i loro sguardi e ogni volta che si sfioravano le loro pelli.
Louis iniziò a collegare tutti i fatti che accadevano e tutte le reazioni che il suo corpo aveva ogni volta che il riccio era al suo fianco.
Harry fece un passo avanti e, molto cautamente, fece scivolare il suo indice destro lungo il braccio nudo di Louis. Il dito si trascinava via con sé un mantello di brividi.
«Lo vedi, Lou?» sussurrò.
In quel momento una violenta onda andò a solleticare i loro piedi, scagliandosi più volte contro di loro.
Il ragazzo liscio chiuse gli occhi e sospirò.
«Con Eleanor non le avevo mai provate quelle sensazioni.» sussurrò di rimando, sempre tenendo le palpebre abbassate.
«Dimmi cosa provi, parlami di quelle sensazioni, Lou.» fece scorrere un secondo dito sulla sua candida pelle e si avvicinò un po' di più.
«Mi viene qualcosa allo stomaco, a volte al petto e mi vengono i brividi.»
«Quando ti succedono queste cose?» un altro passo.
Louis sorrise e scosse la testa.
«Quando mi chiami, quando mi sfiori, quando mi guardi e quando ti guardo.»
Un altro passo e i piedi grandi di Harry toccarono quelli piccoli di Louis.
Il liscio aprì gli occhi e si trovò Harry così vicino.
Poté percepire il suono del suo respiro, vide il suo sguardo profondo penetrargli la gabbia toracica, insinuarsi tra i polmoni e arrivare a toccare il cuore.
Quella notte, il vento finalmente cessò di soffiare sull'Oceano e poche nuvole coprivano il cielo. Di esseri umani non ce n'era traccia.

Quel giorno era il decimo giorno che passavano sull'isola.
Il cibo era terminato e i due ragazzi si stavano sfiatando sotto il sole cocente.
Camminavano continuamente dalla spiaggia alla riva per bagnarsi il capo, per lavarsi di dosso il sudore che si attaccava fastidiosamente alla pelle.
«È il secondo giorno che non beviamo nulla, non ce la faccio più.» disse Harry al liscio che, nel frattempo, cercava di prendere sonno per non sentire la sete e la fame prendere il sopravvento su di lui.
«Ce ne dobbiamo andare da qua.» continuò poi.
Louis si mise seduto e si avvicinò ad Harry.
Dal giorno in cui ebbero quella discussione, il loro rapporto era nettamente migliorato. In quel pomeriggio i due parlarono ancora e ancora. Louis gli disse di Eleanor e di come, in realtà, fosse solo un'amica per lui. La sua migliore amica.
Ma non la amava.
Pensava di farlo, ma non era così.
Quando si trovava accanto al riccio gli venivano i brividi, il male allo stomaco - come sempre - e gli piaceva da morire. Gli piaceva il modo in cui lo faceva sentire.
Forse si stava innamorando? Non lo sapeva, non l'aveva mai fatto.
«Come Harry, come andiamo via da qui?»
«Per prima cosa, ritorniamo nella foresta.» disse deciso il riccio.
«Dopo quello che ti è successo?! Potrebbe starci di peggio lì dentro.» disse dolcemente, con voce stanca.
«Louis, sto bene. Il polpaccio è ancora indolenzito, mi rimarrà la cicatrice ma sto bene. Grazie a te il veleno non mi è circolato nel sangue in tempo.» gli sorrise.
Il mento di Louis era coperto da una dolce barba che gli donava davvero.
«Sei sicuro di voler rientrare?» Harry annuì deciso e provarono ad alzarsi.
Erano fin troppo deboli ma se fossero andati più tardi nella giungla sarebbe stato peggio.
«Usciremo vivi di qui Louis, ce la faremo.»

Note:
Ciao a tutti, scusate se non aggiorno spesso ma non sono in Italia per motivi scolastici. Spero che questa ff vi piaccia, datemi dei consigli in caso sbagliassi qualcosa. Mi lasciate 15 commenti per favore? Grazie mille per tutto!

Love you, xx.

The Island || Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora