XII

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Lungo le strade le auto sfrecciavano veloci con alla guida persone indaffarate, prese a svolgere la loro routine quotidiana piena di appuntamenti a cui andare e commissioni da fare.
Passavano accanto ai giornalai e alle edicole dove, in prima pagina, c'era la fotografia di un aereo - che pareva uno come un altro - allegata ad un articolo riguardante il disastro nell'oceano Atlantico avvenuto un mese prima.
Subito dopo l'accaduto, la notizia si era propagata in tutto il mondo allarmando i ricercatori.
Nessuno riusciva a trovare le coordinate dove l'aereo era miseramente affondato.
Dopo svariate ricerche si erano fermati, avendo dato per morti tutti quanti i passeggeri a causa del forte schianto.

Quella mattina la foto dell'aereo si trovava lì con lo scopo ben preciso di far riemergere la notizia del disastro.
Nonostante tutto, in pochi si fermavamo a rileggere quello che era accaduto, o almeno quello che pensavano fosse accaduto.
La verità la sapevano solamente Harry e Louis.
La cosa che sconvolgeva i londinesi era la morte dell'intera famiglia Styles, di fatti molti altri articoli in quel giornale avevano scritto il titolo in risalto per attirare l'attenzione: La Styles Enterprises è annegata nell'oceano Atlantico?
Erano andati persino ad intervistare lo zio di Harry, Carl Styles, - il nuovo erede dell'azienda - il quale aveva promesso di mandarla avanti per la sua famiglia.
In realtà era un fannullone, uno scansafatiche a cui non importava davvero tanto il bene dell'azienda e dei suoi nipoti. Adesso il potere era nelle sue mani, non in quelle di suo fratello e nemmeno in quelle dell'erede successivo, a questo pensava.
Alla gente oramai non interessava più di tanto di quelle anime perdute, quanto invece della perdita della buona famiglia Styles.
Il mondo stava andando avanti, mentre per Harry e Louis tutto si era fermato.


La mattina seguente sull'isola faceva davvero caldo, gli insetti si erano rintanati dentro i tronchi degli alberi, la pelle dei due ragazzi si era pericolosamente disidratata e gli uccelli rimanevano zitti sotto l'ombra delle grandi foglie degli alberi.
Harry e Louis respiravano con fatica quell'aria afosa e soffocante, che gli toglieva la voglia di andare avanti.
«Ho sete.» disse Harry respirando a bocca aperta per cercare invano di sentirsi un po' meglio, inspirando più ossigeno che poteva.
Louis si voltò e si bagnò le labbra secche.
«Anche io.»
Erano buttati a terra sotto la loro grande palma in riva all'oceano.
I loro bermuda erano ridotti in brandelli e i loro corpi puzzolenti attiravano fastidiose e numerose mosche.
In quelle condizioni si sentivano degli animali.
Erano due giorni che non assumevano abbastanza cibo, i loro corpi si erano rinsecchiti e si potevano contare le costole sul loro torace per quanto stavano iniziando a sporgere.
I capelli di Harry stavano crescendo, così come la barba di Louis, la quale non era eccessivamente lunga ma presto lo sarebbe diventata.
La sabbia bruciava come lava incandescente che scende silenziosa e letale lungo il dorso di un vulcano.
«Dobbiamo andare in acqua, mi sento morire qui sotto.» disse Harry.
Si alzò piano, barcollando un po' a causa della poca forza rimasta nei suoi arti inferiori.
«Forza Lou, vieni a bagnarti con me. Ti farà bene.»
Senza protestare, Louis tese le braccia verso Harry e si fece alzare.
Erano deboli per correre in acqua e di conseguenza avrebbero dovuto soffrire il bruciore ardente sulla loro pianta del piede.
Si avviarono barcollanti e con fatica verso il bellissimo e crudele oceano per rinfrescarsi.
L'acqua fresca a contatto dei loro piedi gli provocava un immenso sollievo.
Louis gemette a causa del dolore delle ferite quasi cicatrizzate e del suo piede bollente.
Harry avanzò lentamente e, una volta che l'acqua ebbe raggiunto le sue ginocchia, si sedette bagnando lentamente tutto il petto.
Louis lo imitò e si iniziarono a sciacquare le ascelle, il collo, la nuca, il viso addormentato e i capelli unti.
Si schizzarono a vicenda, ridendo appena e abbracciandosi.
Le leggere onde li cullavano dolcemente, quasi come per potersi scusare di tutto quello che avevano rubato ai due.
Harry era custodito nelle braccia di Louis, che sfregava la sua mano contro la schiena del riccio per pulirla e rinfrescarla. Harry ricambiò il favore e gli baciò il collo.
Salì su con la bocca lasciandogli una scia di baci fino ad arrivare dietro l'orecchio, dove si soffermò un po', per poi proseguire e arrivare fino alla mascella.
La morse leggermente e poi la baciò di nuovo.
Louis si voltò con un sorriso timido sulla bocca.
Harry accarezzò il suo viso delicatamente, come se fosse fatto della porcellana più pregiata.
Mise la mano dietro il suo collo per avvicinarlo a lui.
Le loro bocche si sfiorarono appena, fu un movimento veloce, quasi impercettibile.
Louis aveva gli occhi chiusi e fu lui a fare il primo passo anche questa volta.
Posò la sua bocca su quella di Harry e accarezzò le sue labbra screpolate con la lingua, ammorbidendole.
Il bacio divenne più appassionato, più disperato e più voglioso.
Si baciavano come per provarsi che fossero ancora carne, che fossero ancora vivi.
Si baciavano come se volessero chiedersi scusa per tutte quelle volte che si trattavano male a vicenda.
Si baciavano in mezzo a quell'oceano, scrigno di tristezze, per provare ad esso che quella tragedia non aveva ucciso il loro amore, bensì l'aveva creato.
Poco dopo si staccarono e si guardarono negli occhi.
«Lou...» soffiò Harry, spostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte.
Gli baciò la fronte e tornò ad abbracciarlo.
L'affetto era l'unica cosa che gli permetteva di andare avanti, di sopravvivere in quella tristezza profonda che li circondava.

The Island || Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora