Il profumo invitante della torta al cioccolato, iniziava a diffondersi per la casa.
Avevamo deciso di provare a cucinare un dolce e, finalmente, dopo svariati disastri (farina volata per terra, quantità sbagliate e cacao misteriosamente spruzzato sul mio naso), era quasi pronto.
Lo osservai mentre controllava la torta ancora nel forno: aveva socchiuso gli occhi, come se volesse sottoporla a una radiografia.
«Anche se non è perfetta, mica è grave.» gli dissi con un sorriso.
Lui ricambiò il mio con uno ancora più luminoso e mi si avvicinò.
«Sarà perfetta perché l'abbiamo fatta noi.» sussurrò piano.
Sentii il suo respiro sulla mia guancia.
Mi sporsi leggermente per baciarlo, ma, a quanto pare, lui aveva altri piani.
Improvvisamente mi prese in braccio e corse verso il divano, mi lanciò letteralmente su di esso e cominciò a farmi il solletico.
Prese subito di mira i fianchi, il mio punto debole, e non mi diede tregua fino a che non fui costretta a supplicarlo.
Avevo le lacrime agli occhi a furia di ridere.
«Smettila ti prego!»
Lui sghignazzò e si avvicinò per baciarmi, ma io sgusciai via dalle sue braccia.
«Dai Kat, non ti sarai mica offesa?»
Lo fissai: sulle labbra si era disegnato un piccolo sorriso divertito, ma gli occhi parevano sorpresi.
«Quello offeso sembri tu.» dissi, avvicinandomi piano al suo viso.
Lo vidi rianimarsi: gli occhi si accesero e il sorriso si fece più largo.
Però, avevo deciso di fare la stronza, perché, quando fui a due millimetri dalle sue labbra, sussurrai:
«La torta sta bruciando.»
Lui sì alzò di scatto, come se il divano fosse stato bollente.
Corse verso la cucina, indossò i guanti e tirò fuori dal forno il dolce carbonizzato.
«Mi spiace Kat...»
Sentii il cuore scoppiare di gioia.
Ecco perché amavo profondamente quel ragazzo: quando si intestardiva su qualcosa, la voleva assolutamente portare a termine nel migliore dei modi.
Ci teneva a tutto, anche alle cose più insignificanti.
Forse è per questo che con lui mi sentivo al sicuro, perché sapevo che non mi avrebbe lasciata.Il ragazzo davanti a me sta parlando da circa dieci minuti di come il suo cane gli ha salvato la vita, sacrificando la sua.
Michael annuisce e prende appunti: sembra veramente interessato a quella storia, come me del resto.
«... ed ecco perché vorrei avere qualcosa che me lo ricordi.» termina il ragazzo.
Ho la pelle d'oca a sentire il racconto, ma non ho idea di come si potrebbe rappresentare un avvenimento così personale.
Si può avere tutto il talento che si vuole, ma se in un lavoro non ci si mette il cuore, tanto vale.
Michael porge al ragazzo un foglio e aspetta pazientemente una sua reazione: ha disegnato una mano che stringe una zampa, tenute insieme da una catena.
Il ragazzo mormora commosso:
«È perfetto, grazie.»
Michael inizia a preparare tutti gli strumenti con un viso imperturbabile e una consapevolezza dolorosa, mi assale: so che non riuscirò mai ad essere brava come lui, perché di sicuro farei qualche cazzata per l'emozione o qualcosa così.
Anche se in questi anni ho dovuto imparare a tenermi dentro tutto, non ci sono mai riuscita veramente. Invece, Michael, potrebbe anche avere un tornado che gli sta divorando il cuore e non farebbe una piega.
Durante il pomeriggio, lui si accorge che ho qualcosa che non va, così tenta di tirarmi su il morale.
Dopo varie battute che non avrebbero fatto ridere nessuno e improbabili aneddoti, si fa improvvisamente serio.
«Ti va qualcosa da mangiare?» mi domanda.
Mi squadra e sembra volermi dire "su, parla".
«No, ma qualcosa da bere mi andrebbe proprio.» rispondo cercando di schivare il suo sguardo da detective.
È una cosa incredibile come quel ragazzo riesca a capirmi e a interessarsi a me, nonostante quello che ho fatto.
«Allora andiamo.»
Arriviamo al bar davanti al negozio.
Michael è un cliente abituale, infatti la ragazza al bancone, bionda e con degli occhioni da bambina ubbidiente, gli fa un sorriso luminoso e strilla:
«Ciao Michael!! Il solito?»
«Sì grazie Ashley. Ci porti anche un...» si gira verso di me, aspettando una risposta.
«Un caffè senza latte e zucchero, per favore.»
Ashley, vedendomi, perde completamente l'espressione di gioia: sarà perché ha intuito dove abito oppure... non sarà mica gelosa?
«Certo, arriva subito.» dice, riprendendo l'espressione di gioia precedente.
Ci volta le spalle e inizia a preparare il nostro ordine.
Mi accorgo che Michael, di tanto in tanto, le lancia qualche occhiata ben poco riservata: la sta proprio radiografando da capo a piedi.
Sono sorpresa, ma allo stesso tempo mi viene da ridere: Michael, con i suoi capelli colorati e i modi di fare talvolta bruschi, interessato a quella ragazza così perbene?
Ashley arriva con due tazze fumanti
«Ecco qui ragazzi, sono quattro dollari.»
Faccio per mettere la mano in tasca e prendere qualche spicciolo, ma Michael è più veloce di me e pone alla barista una banconota da cinque.
«Tieni il resto.» le dice, usando una voce più profonda del solito.
«Oh, grazie Mikey! Ci vediamo presto.» risponde Ashley con uno sguardo sognante.
Oh Gesù.
Quando Michael ed io ci sediamo ad un tavolo, gli scoppio a ridere in faccia, rischiando di far rovesciare la mia tazza.
«Che ti è prende?» domanda lui, tirandosi leggermente una ciocca di capelli blu.
Sembra infastidito, ma in realtà so che è contento di vedermi così.
«Ci mancava solo che vi metteste a sbavare entrambi!» cerco di spiegare, mentre mi asciugo le lacrime.
Le sue guance si colorano di rosso e inizia a bere l'intruglio che ha comandato.
«Dai Mikey, non te la prendere.»
«Smettila Kat» borbotta tra un sorso e l'altro «siamo solamente usciti insieme un paio di volte...».
Mi fa tenerezza intanto che prova a giustificare l'accaduto e vorrei continuare a prenderlo in giro, ma decido di smetterla.
Bevo un po' di caffè e rimango affascinata dal suo gusto intenso: è troppo tempo che sono abituata a quello solubile.
«Kat?»
«Dimmi.»
«Che avevi prima?»
Non rispondo subito, perché ho paura di non riuscire a spiegare esattamente quello che sentivo.
«Ho paura di non riuscire a a dare quello che la gente vuole davvero...» confesso a mezza voce.
Michael sospira e, improvvisamente, mi afferra una mano e la stringe nella sua.
«Kat, finiscila di porti troppi problemi. L'unica cosa che devi dare alle persone è la passione che ci metti nel disegnare, perché se c'è quella, allora il tatuaggio colpirà nel profondo. Ci devi credere davvero, come se fosse la tua storia.»
In quel momento, sposta anche l'altra mano sulla mia.
Rimaniamo così, uno di fronte all'altra e senza più parlare, per quella che sembra un'eternità.
Quando le mie labbra si piegano in un sorriso, anche gli occhi di lui diventano più luminosi.
«Michael.»
«Sì?»
«Hai un po' di schiuma di latte sul mento.»//Ehi! Come sempre, spero che vi piaccia questo capitolo. Alla prossima😊//
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My last tear
FanfictionVivere in uno dei quartieri più pregiudicati di Sydney è complicato, soprattutto se sei una diciassettenne come Katherine. Con la necessità di crescere più in fretta dei coetanei, si è ripromessa di non perdere tempo con futilità e inutili distrazio...