Everybody's got their demons

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La lezione di matematica stava diventando noiosa come noi mai; mi sentivo le palpebre pesanti e non riuscivo a tenere la testa diritta.
La professoressa Grey, nonostante vedesse che l'intera classe non la seguiva più, continuava a spiegare con quella sua voce lamentosa e a tracciare sulla lavagna simboli e lettere.
"Arabo." pensai, mentre cercai con gli occhi Megan.
Anche lei era più o meno nel mio stesso stato, ma, perlomeno, tentava ancora di prendere appunti.
Sbirciai quello che stava scrivendo, giusto per mettermi in pari con la lezione, però rimasi a bocca aperta: sul foglio, tra tutte le formule incomprensibili, c'era un ritratto.
Immediatamente, spostai lo sguardo verso il soggetto: si stava passando una mano tra i capelli biondi e guardava fuori dalla finestra, ma i suoi occhi azzurri erano persi nel vuoto.
Aveva sedici anni ma, come Calum, avrebbe dovuto compierne diciassette. Non sapevo il perché fosse in una classe di '98 e, sinceramente, non è che me ne fregasse poi molto.
«Hernández, le dispiacerebbe degnarci della sua attenzione?» strepitò aspramente la Grey.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene: tra tutti quelli che non ascoltavano, doveva richiamare proprio me?
«Sa bene che la sua media nella mia materia non è eccellente.»
Feci un sospiro profondo e dissi tra i denti:
«Mi scusi.»
Grey mi rivolse un'ultima occhiata e tornò alla sua preziosissima lezione.
Provai a concentrarmi per quegli ultimi minuti, ma cerchi e triangoli mi avevano dato la nausea e, inoltre, il gesto della mia migliore amica mi aveva dato da pensare. Così, appena suonò la campanella, la presi per un polso e la trascinai verso il bagno.
«Kat, che fai?» disse con le guance rosse.
La guardai negli occhi e alzai un sopracciglio.
Aveva capito cosa volevo sapere, infatti era imbarazzata.
«Qualcuno si sta innamorando?» le chiesi curiosa.
Meg scosse freneticamente la testa, anche se, a dire la verità, sembrava volesse convincere più sé stessa che me.
«Lui è... bello, più grande e irraggiungibile. Non è fatto per notare una ragazza ordinaria come me.» mi spiegò flebilmente, mentre si guardava allo specchio.
«Meg, ti prego: hai un sorriso strepitoso e dei magnifici occhi verdi, non sei mica una ragazza comune.»
«Tu... tu non sai, Kat. Da quando c'è Calum, sei più serena e, in un certo senso, anche più ingenua.» si bloccò per asciugarsi una lacrima solitaria che le solcava il viso.
Mi preoccupai all'istante.
«Che cosa intendi? Che dovrei sapere?» domandai con l'agitazione che mi faceva tremare.
Lei sospirò e, con aria mesta, uscì dal bagno, senza proferire parola. Quando si accorse che l'avevo seguita, si girò di scatto e urlò, con le lacrime agli occhi:
«Va' da Calum, io voglio rimanere sola!»
Detto questo, scappò via.
Rimasi ferma in mezzo al corridoio come una statua. Non ero per niente abituata a quelle reazioni e, di conseguenza, non sapevo nemmeno come affrontarle.

Da quando abbiamo lasciato il bar, Michael non ha praticamente smesso di tenermi la mano. Da un lato è piuttosto piacevole, ma, dall'altro, è strano e non so bene come mi sento.
Tuttavia, lui sembra felice e continua a parlare e parlare e parlare.
«Ashley deve aver messo qualcosa di strano in quel caffè.» lo interrompo.
Lui mi guarda con aria interrogativa e irrigidisce leggermente la stretta delle dita.
«Solitamente sei più taciturno.» spiego.
«Non credo che c'entri Ashley.» replica, abbassando lo sguardo al marciapiede tempestato di gomme da masticare.
Un brivido mi scorre lungo la spina dorsale e sento la faccia scaldarsi copiosamente. A quel punto, lui libera la mia mano dalla sua presa e aumenta leggermente il passo.
Sono parecchio in imbarazzo: insomma, andiamo, lui è Michael Clifford, quello che mi conosce da anni come le sue tasche... cioè, è praticamente un fratello per me!
Non ci diciamo più nulla fino a che non arriviamo davanti al negozio.
Non ho mai chiesto a Michael il perché l'avesse chiamato "Invisible", ma di certo adesso non è un buon momento per chiederglielo.
«Se ti va puoi andare a casa.»
Mi si stringe il cuore: il suo tono è basso, l'espressione è tornata ad essere seria e non c'è più traccia della gioia di un attimo fa.
«Michael, io...»
L'occhiata di avvertimento che mi lancia, mi convince a stare zitta.
«Oppure puoi anche restare. Abbiamo ancora due clienti per oggi.»
Detto questo, apre la porta dell'Invisible e si fionda nel suo studio.
Io rimango fuori, circondata dal via vai di gente che cammina di fretta.
Normalmente, le voci dei passanti mi avvolgerebbero come una pellicola trasparente, ma non oggi.
Non sento nulla.
Ancora una volta, seppur mi trovo in una strada affollata, sono sola.
Anzi, no, qualcuno a farmi compagni c'è: è quel senso di colpa familiare che sta avanzando, inesorabile e glaciale, come una tempesta di neve.
Provo a scacciarlo, pensando a mamma, a Nicky, alle risate dei bambini che giocano.
Pare funzionare, perché avverto il ghiaccio cominciare a sciogliersi.
Il vociare delle persone mi colpisce come una sberla e, improvvisamente una miriade di colori si fa strada tra i miei occhi, i quali non mi ero nemmeno reso conto di avere chiusi.
«Entri o vuoi stare qui tutto il giorno?»
Una voce graffiante e, purtroppo conosciuta, mi fa trasalire.
«Che ci fai qui, Hemmings?» ribatto, con il tono più acido che riesco a fare.
I singhiozzi di Nicky iniziano a farsi spazio nella mia testa e, per questo, mi trattengo a stento da strappargli dal labbro quel suo piercing di merda.
Il biondo scoppia a ridere. La sua è una risata amara, senza vera felicità.
«Siamo solo venuti a trovare Michael, non scaldarti troppo, tesoro.»
Vedendo la mia espressione interrogativa (Michael e Luke non hanno mai avuto troppi contatti) spiega:
«Mi deve dei soldi, tutto qui.»
La sua faccia compiaciuta e la notizia di Michael immischiato nei suoi loschi affari, mi fa salire il disgusto.
«Spero tanto che qualcuno te la faccia pagare. Sei uno stronzo, e non cambierai mai.»
Luke non si scompone, anzi, mi si avvicina lentamente e mi soffia, a cinque centimetri dal mio orecchio:
«Sei tu la stronza, l'hai dimenticato?»
Il mio cuore inizia a battere fortissimo, come se volesse sfondarmi la cassa toracica.
Sento le ginocchia diventarmi molli e... cado.
Immagino già di sentire il marciapiede bollente sotto il mio corpo, immagino la mia testa scoppiare e immagino Luke andarsene come se niente fosse.
Ma non succede nulla di tutto ciò:
due braccia possenti mi afferrano la vita, mantenendomi in equilibrio, e un profumo forte, da uomo, mi inonda le narici.
«Luke, ora basta! Non vedi cosa le ha fatto?»
Un ricordo si infiltra nella mia mente: dove ho già sentito questa voce?
«È per quello che l'ho detto. Katherine ha già pagato, ma non sarà mai abbastanza. Capisci, Ashton?»
Vorrei piangere, ma ovviamente non ce la faccio. Il Giorno torna a pesare su di me come una frana di detriti inarrestabile e, ancora una volta, è troppo tardi per mettermi in salvo.
«Ci sei?»
«Lasciami.» ordino al ragazzo che mi sta sostenendo.
Gli occhi color nocciola di qualche giorno fa, sono incatenati ai miei e non sembrano volerli mollare.
«Non posso, sei troppo scossa.»
«Ti ho detto di lasciarmi.» sibilo con voce acuta. Essere toccata da un amico di Luke è come essere toccata da Luke stesso: insopportabile.
Qualche persona si gira verso di noi, ma non si ferma. Probabilmente, ha di meglio da fare che intervenire nelle discussioni di tre stupidi adolescenti.
Solo adesso il ragazzo riccio decide di ascoltarmi, però rimane lo stesso vicino.
«Sei un bastardo Hemmings, tu... tu non capisci, non capirai mai!» urlo con disperazione.
Lo sguardo glaciale di Luke vacilla leggermente, sentendo questo scoppio di ira, ma è solo un attimo. Le sue parole affilate come rasoi mi investono:
«Invece capisco benissimo. Chi credi che andasse a trovare Calum, dopo quello che gli è successo? Chi credi che ascoltasse i suoi racconti pieni di... orrore?»
In quel momento, i secondi sembrano condensarsi è tutto rallenta.
Noto Ashton che dice qualcosa a Hemmings, poi sento che mi agguanta per un braccio e mi porta via da lì.
Ci sono pochissime persone che hanno il potere di sapermi annientarmi completamente, si possono contare sulle dita di una mano.
Una di queste, è lui: quel ragazzo biondo e dagli occhi blu, che però nasconde un cuore freddo e nero, come il piercing di metallo che porta al labbro.

//Ciao a tutti. Lo so, è un capitolo particolarmente denso di avvenimenti importanti, può darsi che sia un po' pesante... in tal caso mi spiace 😬.
Spero comunque che vi piaccia e niente... non abbiate paura a lasciare qualche commento😉! //

My last tearDove le storie prendono vita. Scoprilo ora