Grave

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Vagare di notte non è di certo il massimo, vagare di notte da soli non è una buona idea, ma vagare di notte da soli per un cimitero è decisamente la cosa peggiore che Clarke potesse fare.
Non sapeva come ci fosse arrivata né per quale motivo, il che non era insolito per lei, spesso le capitava di non ricordare, poteva dimenticare intere giornate, anche mesi, ritrovarsi in un posto e non sapere che posto fosse era ormai una routine per lei.
Una rara patologia sconosciuta o almeno così l'avevano definita i medici, causa della quale era stato un forte trauma subito da Clarke del quale lei non ricordava nulla, ma forse era meglio così.
Patologia che a livello fisico non le causava alcun danno, ma che la distruggeva a livello mentale, intere giornate della sua vita le venivano strappate senza un perché, i suoi ricordi non le appartenevano più, tutto quello che Clarke provava era una sensazione di vuoto, di mancanza, le mancava qualcosa.
Dopo aver camminato diverse ore all'interno del cimitero la ragazza giunse alla triste conclusione che non sarebbe uscita di lì fino all'arrivo del mattino.
Passava di tomba in tomba osservando attentamente ogni iscrizione, ogni fiore o pensiero lasciatovi sopra, immaginava il dolore di parenti e amici dei defunti, era consapevole che si trattasse di un dolore molto forte, ma nonostante questo non riusciva a provare empatia, forse perché non conosceva quelle persone, o perché non aveva mai provato il dolore causato dalla morte di qualcuno.
Francamente Clarke non ricordava quando fosse l'ultima volta che avesse pianto o se mai lo avesse fatto.
Camminava e camminava iniziando a percepire la stanchezza della giornata, qualsiasi cosa avesse fatto l'aveva sfinita, ma dormire in un cimitero?
Pessima idea.
Continuava a muoversi lungo le lapidi, quando improvvisamente si parò davanti a una, la tomba era incredibilmente semplice, si trovava più nascosta rispetto alle altre, incisa su di essa una sola parola: 'Lexa'.
Clarke immaginò si trattasse del nome, si chinò sulla tomba per osservare meglio la foto della ragazza.
Stabilì che Lexa non potesse avere più di 25 anni, era una ragazza bellissima, capelli castani e occhi verdi penetranti, nonostante si trattasse solo di una foto era così reale, quasi viva, Clarke rise all'idea, dopotutto si trovava in un cimitero, non c'era niente di vivo, il suo sorriso svanì subito, si rese conto che la ragazza di fronte a lei era morta, si domandò come fosse possibile?
Qualcuno di così giovane e bello?
Perché?
Stava forse empatizzando?
Sentì un nodo alla gola, senza secondi pensieri si sedette difronte alla lapide e fissò intensamente la foto, non sapeva chi fosse la ragazza ma provò a immaginare.
forse una studentessa, O un'insegnante, Un'attrice, Una ballerina, giunse alla conclusione che si trattasse di una scrittrice, Lexa aveva la faccia da scrittrice, quegli occhi raccontavano storie, storie che meritavano di essere lette, storie che il mondo doveva conoscere o almeno Clarke ne sentiva il bisogno.
Quale sarà stato il suo gusto preferito di gelato? Una domanda che molti potrebbero trovare banale, ma Clarke riteneva non ci fosse niente di banale in quella ragazza.
Forse la fragola? No non era un tipo da fragola, la vaniglia? No neanche, nocciola, si, la nocciola era il suo gusto.
Poteva tranquillamente immaginare di Incontrare Lexa al parco mentre mangiava un gelato e leggeva cercando ispirazione per il suo romanzo, Clarke avrebbe provato subito a parlare con la ragazza, colpita dalla sua bellezza, tutto di lei era magnifico, il modo in cui girava le pagine, lo sguardo concentrato su ogni parola.
Clarke immaginò che all'inizio Lexa sarebbe stata un po' riluttante al parlare con Clarke ma avrebbe abbassato la guardia dopo aver capito che le ragazza aveva intenzioni tutt'altro che cattive.
Poteva figurarsi il loro primo appuntamento in un qualche museo d'arte, le risate, poteva immaginare Lexa chiederle pareri a Clarke sul suo libro, rifiutandosi però di farglielo leggere.
passare le notti a parlare di altri universi e di strane teorie su alieni e navicelle spaziali, immaginava il loro primo litigio, si sentiva gridare contro la ragazza Cose che non pensava,
Improvvisamente la colpì un'immagine, durò una frazione di secondo, ma fu sufficiente per turbare Clarke.
Lexa, un letto d'ospedale e il rumore continuo di un bip.
Una lacrima.
Questa immagine molto chiara sembrò a Clarke incredibilmente reale, quasi si trattasse di un ricordo, iniziò ad andare nel panico, si portò le mani sulla testa, cercò di alzarsi invano e improvvisamente diventò tutto nero.
Si risvegliò nel suo appartamento con l'immagine di Lexa ancora vivida nella mente, per giorni pensò a lei, a quell'immagine così reale.

Dopo una settimana non ne poteva più, sentiva di doverne parlare con qualcuno, ma non aveva nessuno, nessuna famiglia e nessun amico, venne colpita venne colpita duramente dalla realtà.

Ci vollè un mese, ma Clarke riuscì a trovare informazioni su Lexa, trovò anche un indirizzo, dove decise di recarsi immaginando di trovare qualcuno che potesse rivelarle qualcosa in più sulla ragazza.
Bussò alla porta e qualche secondo dopo un'anziana signora le aprì la porta e la guardò con aria interrogativa.
"Mi scusi l'ora" disse Clarke rendendosi conto dell'orario, orano di fatto le 23.40, "ma ho trovato questo indirizzo cercando informazioni su una ragazza di nome Lexa" continuò, che venne assalita da una sensazione di malinconia al pronunciare quel nome "speravo che lei potesse dirmi qualcosa" concluse  Clarke.
L'anziana si accorse dello stato d'animo di Clarke e la invitò a entrare.
La casa era rusticamente decorata, semplice, ma bellissima, notò diverse foto appese al muro e nella maggior parte di esse c'era Lexa, Clarke non poté fare a meno di contemplarle, Lexa era di fatto bellissima.
"Era mia nipote" disse la signora  con tono nostalgico, un tono che Clarke riusciva a capire, "gradisci un po' di tea tesoro?" Le chiese gentilmente la vecchina, "si, grazie" sorrise caldamente Clarke.
Lei e la signora stavano ormai parlando da ore di Lexa, Clarke aveva scoperto di avere ragione, era una scrittrice amante della nocciola, in più era anche amante dei cani e della scherma e il suo cibo preferito era la pizza.
"Qualcuno di speciale nella sua vita?" Chiese Clarke con curiosità, "si" rispose sorridendo la signora, la risposta fece privare a Clarke un sentimento molto simile alla gelosia, "una ragazza, Lexa ne era totalmente e perdutamente innamorata, parlava di lei in continuazione, ma nonostante questo non l'ho mai conosciuta, penso che Lexa la considerasse qualcosa di così prezioso da non poter essere condiviso con il mondo"
Le due continuarono a parlare per ore, la signora mostrò a Clarke vecchie foto di Lexa e anche il libro che la ragazza aveva scritto, libro che la vecchietta decise di regalare a Clarke.
Si trovavano ormai sull'intera so della casa della signora che stava salutando Clarke per averle tenuto compagnia qual pomeriggio, prima che la signora chiudesse la porta Clarke su affrettò a domandare "come si chiamava? La ragazza che rendeva Lexa felice, qual era il suo nome?"
"Lexa era solita chiamarla con nomignoli buffi, ma il suo vero nome era Clarke" rispose la signora chiudendo la porta.
Per un momento Clarke smise di respirare, il suo cuore di battere e il suo
Cervello di funzionare, come poteva essere, poteva essere?
Prese il libro che la signora le aveva regalato, quello scritto da Lexa, si intitolava 'ricordi'
Lesse i ringraziamenti all'ultima pagina del libro: 'e infine vorrei ringraziare, la persona che negli ultimi anni ha reso la mia vita migliore riempiendola di felicità, la mia bellissima ragazza, Clarke Griffin'
Clarke sentì le ginocchia deboli, ma nonostante questo iniziò a correre, correva verso il cimitero man mano che i ricordi riaffioravano, un bacio, una risata, la lite, l'incidente, l'ospedale è la morte.
Clarke si rese conto che non stava immaginando stava ricordando, ricordava la ragazza, che ora era la sua ragazza, ricordava quegli occhi verdi, ricordava il suo odore e la sua voce.
Arrivata davanti alla tomba si fermò, caddè sulle ginocchia e fissando la foto di Lexa iniziò a piangere, un pianto di dolore, un pianto liberatorio.
Come?
Come aveva potuto dimenticare la ragazza?
Come aveva potuto dimenticare qualcuno di tanto importante per lei?
Si maledisse.
Passò una seconda notte in quel cimitero in compagnia di Lexa, la seconda di molte notti.
Non sapeva cosa fosse peggio se non ricordare una parte così importante della sua vita o ricordarla ma con la consapevolezza di averla persa per sempre.

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