Sono una persona banale?
Può essere.
Lei è bellissima?
Assolutamente si.
Occhi azzurri e capelli biondi, un sorriso che compariva poco tra le sue labbra e che non lasciava mai intravedere i denti, ma quando la risata era tanto forte da non poter essere contenuta allora li vedevi, non dirò che erano delle perle bianche; ne aveva uno scheggiato, ma caratteristico.
Il suo modo di fare era tanto spigliato quanto riservato, amica di tutti, ma di nessuno, gentile, ma in realtà molto subdola.
Potete pensare che sia stata la sua bellezza a farmi innamorare di lei?
Beh, mentirei se dicessi che non ha avuto importanza, l'occhio vuole la sua parte, ma di lei mi attirò altro.
Ricordo ancora la prima volta che la notai veramente, accadde durante una discussione in classe, un libro, Shakespeare; non ricordo il titolo, non lo lessi.
Il professore si concentrò sull'interpretazione del secondo atto, ricordo ragazze e ragazzi che parlavano non sapendo cosa stessero realmente dicendo, davano fiato alla bocca, come fanno tutti d'altronde.
A un angolo della prima fila era seduta lei, Clarke, una smorfia contorta sul suo viso all'udire quelle voci insensate; la sua espressione si trasformò improvvisamente in combattiva e decisa e fu proprio lì che inizio a parlare e Dio mi è testimone fu proprio lì che mi innamorai.
Il modo in cui la sua lingua si muoveva, l'espressione decisa e la sua voce che riecheggiava nella mia testa.
Penso fosse l'unica ad aver realmente letto il libro, penso fosse l'unica che avesse realmente qualcosa da dire e che non parlava solo per dar fiato alla bocca.
Nei mesi successivi mi avvicinai molto a lei, soprattutto dopo che ruppe alcune amicizie; creammo un gruppo, una cerchia di amici compatta e ben equilibrata, nessuno aveva bisogno di fingere e fu così che iniziai a vedere i suoi denti più spesso, a sentire la sua risata e cominciai a vedere che iniziava a formare delle amicizie.
Mi legai molto a lei, scoprii che era un'amante della musica classica e dell'arte; cose che mi interessavano?
Non particolarmente.
Quello che mi interessava era quello che mi poteva dare, una cultura, un diverso modo di pensare; lei poteva insegnarmi.
E fu così che con il passare dei mesi visitammo più musei e vedemmo più mostre di quante io ne possa ricordare, provammo cibi nuovi e vedemmo film orrendi pensando che fossero capolavori.
Successe una volta che con i nostri amici ci ubriacammo e alle 5.00 di mattina eravamo su di un letto a parlare, le nostre discussioni passarono dalle più banali ad esempio il suo animale preferito ad alcune più profonde come le nostre famiglie, non ricordo molto.
Mi raccontò di come voleva fare la psichiatra in Germania e di come Berlino fosse la sua città preferita.
In Maggio al suo compleanno le regalai due biglietti per l'opera, poiché mesi prima mi aveva raccontato che sua nonna era solita portarcela per il suo compleanno, questa volta lei portò me.
Viaggiammo e programmammo, Firenze, due volte; ci perdemmo nell'arte rinascimentale, che devo ammettere non mi dispiaceva, trovammo un negozio di vinili e ci restammo due ore, scoprii che era un'amante del rock, che amava tutta la musica e lei mi disse che se mai avessimo vissuto insieme avrebbe scelto cosa sentire in macchina.
Avevo conosciuto la sua famiglia, dormito da lei molte volte; mi piaceva dormire nel suo letto, nonostante fosse scomodo e riuscissi a dormire per un massimo di tre ore; mi piaceva il pensiero di averla accanto, dormiva dalla parte del muro e con una lucina accesa; non chiesi il perché.
Spesso le lasciavo bigliettini in posti in cui avrebbe potuto trovarli facilmente, magari con un piccolo cioccolatino vicino, un giorno mi rivelò di averli conservati tutti in questa piccola scatola che le avevo riportato da Barcellona.
A Natale le regalai un cane, un carlino, non mi piaceva e faceva rumore di notte, ma lei lo amava; decise di chiamarlo Nico e mi disse che gli avrebbe sempre ricordato me, lei mi regalò due vinili dei Pink Floyd, li conservo ancora.
Ci sentivamo tutti i giorni anche non avendo niente da dirci.
Eventualmente il suo ex si rifece vivo e lei cambiò radicalmente, non ci vedevamo spesso e quando accadeva lei mi parlava di lui, mi deluse molte volte, ma nonostante questo io continuavo a tornare; non l'avrei mai lasciata, l'amavo anche se lei amava lui.
Una volta ne parlammo, di come mi mancasse la vecchia lei, la persona che adoravo tanto, colei che mi aveva insegnato tutte quelle cose, le dissi che si stava perdendo che non era più lei.
Non servì a molto, le cose che una volta faceva con me ora le faceva con lui, perse tutte le sue amicizie e con il tempo ci perdemmo anche noi.
Ora io vivo in un vecchio appartamento a Oxford, di lei non so molto; la rincontrai casualmente per le strade della nostra vecchia città, mi raccontò di come si era sistemata a Berlino e di quanto la affascinava il posto, era single; uscimmo tutti i giorni quella settimana, niente sembrava essere cambiato; persino Nico mi riconosceva ancora.
In quella settimana capii molte cose.
Non avevo ancora superato quella ragazza e non penso accadrà mai, l'unica certezza che ho è che anche stanotte mi addormenterò con in sottofondo un giradischi che suona il suo vinile.(Chiedo scusa se non è scorrevole e se non ci sono dialoghi, ma avevo bisogno di scrivere qualcosa che riflettesse un po' la mia situazione e ho pensato di venire qui)
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Clexa one shots
RomanceUna serie di piccoli racconti Clexa ambientati in universi paralleli rispetto a quello di The 100. AKA io che mi annoio e scrivo tutto ciò che mi passa per la testa