Just go

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Erano mesi che Lexa organizzava questo viaggio, aveva pensato a tutto: aveva trovato un appartamento a un prezzo abbordabile, un suo ex compagno di college le aveva trovato un piccolo lavoretto in una tavola calda, giusto per iniziare, la lista dei mille posti da vedere che Lexa aveva iniziato a stilare all'età di 15 anni era nella sua tasca e il biglietto aereo nella sua mano, con una sola destinazione, New York City.
Finito il college la ragazza si era ripromessa di lasciare l'Australia e trasferirsi in America, Lexa aveva un piano, tutto era stato calcolato nei minimi dettagli e questi dettagli erano stati letti, riletti e imparati a memoria.
Lexa non avrebbe mai ammesso di essere una maniaca del controllo, ma era sempre stata dell'idea che una vita organizzata fosse la chiave per il successo, così come le aveva insegnato sua madre.
Determinata come non mai Lexa si dirigeva verso l'imbarco delle valigie con una decina di minuti di anticipo, 'prevenire è meglio che curare' diceva sempre sua mamma, dopo un'ora era seduta nel suo posto il B12 e aspettava impaziente il decollo dell'aereo, si chiedeva perché ci volesse così tanto, sarebbero dovuti partire 15 minuti fa.
Quando tutto d'un tratto una voce annunciava il ritardo di un passeggero e che quindi il volo avrebbe tardato, fantastico, pensò Lexa, non sopportava i ritardatari, come diceva sempre sua madre: 'non arrivare in orario è solo un altro segno di disorganizzazione'.
Il volo avrebbe fatto scalo a Roma e poi si sarebbe diretto verso New York permettendo alla ragazza di mettere piede su suolo americano a 12.30 del giorno successivo, ma grazie a questo passeggero ritardatario la sua tabella di marcia era compromessa.
Si sentì un forte rumore che fece voltare tutti i passeggeri presenti sull'aereo, una ragazza aveva fatto cadere le sue valigie e ora si stava destreggiando cercando di recuperarle, probabilmente era la ragazza in ritardo, guardandola Lexa non potè fare a meno di affermare questo pensiero: occhiali da sole sorretti malamente dal naso, capelli arruffati, pantaloni strappati e una canottiera macchiata da quella che sembrava pittura.
La ragazza, per quanto fosse possibile, si ricompose e posizionò i suoi bagagli nello scomparso sedendosi proprio vicino a Lexa, con un sorriso stampato in faccia, incurante del fatto di aver compromesso il viaggio di molti passeggeri arrivando in ritardo.
Cinque minuti dopo erano in volo, Lexa guardava tranquillamente fuori dal finestrino, ma qualcosa la disturbava, la ragazza accanto a lei continuava a muoversi e la sua gamba non riusciva a stare ferma, Lexa voltandosi e alzando un sopracciglio guardò prima la gamba e poi la ragazza, la quale subito disse "è nervosismo.
Lo so, lo so, non c'è niente da temere, gli aerei sono sicuri, uno su un milione, blah blah blah, sai che pensi di queste frasi? Stronzate, solo stronzate, io sono terrorizzata" Lexa la fissava in silenzio mentre la ragazza proseguiva il suo monologo contenente più parolacce di quante la ragazza pensava ne esistessero.
All'improvviso la ragazza smise di parlare, si guardò attorno, poi guardò Lexa con aria indecisa e disse "sai cosa? Fanculo" tirò fuori una bottiglietta di vetro, la quale Lexa non era sicura fosse acqua, ma per la quale si chiedeva come avesse fatto a introdurla sull'aereo, rispondendosi che probabilmente era questo il motivo del suo ritardo.
"Coraggio liquido" disse la ragazza iniziando a bere, offrendo un po', di quella che ormai era sicuramente vodka a Lexa, che con un cenno della testa rifiutò la gentile offerta.
"Sono Clarke comunque, piacere di conoscerti" disse allungando la mano, "Lexa" rispose l'altra, "non siamo di molte parole eh? Fa niente posso parlare per entrambe" disse la ragazza dal forte accento australiano.
'Posso parlare per entrambe' era un pensiero che aveva fatto sorridere Lexa, finché la ragazza non si rese conto che l'altra parlava seriamente, in due ore di viaggio Clarke aveva raccontato a Lexa la storia della sua vita, di come fosse diretta a Roma senza un motivo preciso, di come avesse comprato l'ultimo biglietto rimasto la mattina stessa, del fatto che non sapendo dove sarebbe andata la sua valigia era piena di ogni tipo di capo d'abbigliamento, Clarke si era complimentata con Lexa, anche flertato e dopo tutto questo continuava a parlare.
Lexa si chiese se avesse un pulsante di spegnimento, a quanto pare no, non era una persona scorbutica e tantomeno si lamentava che una bella ragazza le stesse dando attenzioni, ma c'era qualcosa che la turbava in Clarke, forse il fatto che fosse il suo opposto, che Clarke non programmava la sua vita prendendo le sue decisioni all'ultimo minuto, buttandosi in tutto quello che la vita le riservava senza pensarci due volte, le aveva raccontato di essere stata in Cina e che non avendo i soldi per un albergo avesse bussato a ogni porta alla ricerca di qualcuno che la ospitasse o di quella volta che in India si era quasi sposata, il tutto non era comunque paragonabile ai suoi salti con il paracadute e Lexa che non aveva mai lasciato la sua città prima d'ora sentiva questa sensazione, di non aver vissuto.
"Cosa farai una volta arrivata a Roma?" chiese Lexa dal nulla, "non lo so" rispose semplicemente Clarke, "come puoi non saperlo? Senza meta?" insistette Lexa, "non avendolo programmato non lo so, ma c'è un posto a Roma, piazza Navona, è pieno di artisti di strada, se dovessi affermare di avere una meta sarebbe quella" rispose Clarke, spiegando successivamente il suo amore per l'arte, Lexa si chiedeva cosa volesse nella vita la ragazza bionda, vagabondare?
Lexa mostrò alla ragazza il suo programma americano, spiegandole, anche per ripeterli, i dettagli del suo soggiorno, Clarke la guardava con una faccia un po' sconsolata "cosa?" Chiese Lexa, "è un bel programma non fraintendermi, ma dove sta il divertimento nel fare qualcosa di programmato?" Chiese Clarke nel più sincero e ingenuo dei modi.
Lexa, la ragazza aveva una risposta per tutto, non aveva una risposta a questo, in tutta quella programmazione aveva lasciato fuori il divertimento, la ragazza caddè in un silenzio pensieroso, risvegliata dopo qualche minuto dalla voce di Clarke che la chiamava l, girandosi Lexa vide che la ragazza le stava passando una delle sue bottigliette e che ne aveva altre 4 nascoste sotto al sedile, seriamente come era possibile che nessuno l'avesse controllata? Una perquisizione? Nulla?
"Hai 2 ore per divertiti come non hai mai fatto, cosa c'è di meglio di una sbronza in aereo" disse Clarke "non lo so" rispose Lexa indecisa "eh dai sarà una bella storia da raccontare ai tuoi figli un giorno" disse sorridendo Clarke, "non penso sarebbe l'esempio migliore da dargli" rispose Lexa titubante, ma iniziando a portare la bottiglietta alle sue labbra.
Un'ora e qualche bottiglietta dopo la ragazza era brilla e stava ridendo e scherzando con Clarke, "seriamente non ti hanno controllata prima di salire sull'aereo?" Chiese Lexa, Clarke scuotè
La testa, "nulla?" Chiese ancora Lexa ricevendo un altro no come risposta, "ridicolo che non ti abbiano perquisita, io non vorrei fare altro che perquisirti" Lexa si accorse di quello che aveva detto solo dopo averlo fatto è diventò tutta rossa, scatenando la risata di Clarke che le disse "non ti preoccupare, ti perquisirei anche io" e strizzò l'occhio facendo diventare Lexa ancora più rossa.
"Attenzione a tutti i passeggeri, atterreremo a Roma tra 15 minuti, siete pregati di mettere via i vostri laptop e allacciare le cinture"
Dopo l'annuncio un senso di malinconia assalì Lexa, quei 15 minuti la sua mente era bianca, niente New York, niente tavola calda, bianco.
"Beh, è stato un piacere" disse Clarke "spero che tu e i tuoi dettagli troviate un po' di tempo per una bevuta ogni tanto, sei più sciolta quando bevi" aggiunse uscendo dall'aereo.
Lexa non disse una parola, rimase seduta lì, pensò all'Australia, al suo futuro, a sua madre e Tutto quello che le aveva sempre insegnato, Lexa sapeva quello che doveva fare, ma semplicemente non voleva farlo.
"Cosa ne pensi di piazza Navona come prima tappa? È molto pittoresca è piena d'arte" dissero due turisti dietro di lei.
Lexa scattò in piedi, prese il suo zaino dallo scompartimento e scese dall'aereo, si diresse verso il ritiro bagagli dove l'unica rimasta era una ragazza bionda, pantaloni strappati e una maglia sporca di vernice, Lexa si avvicinò, "ehi Americana! Dimenticato qualcosa? Non mi vorrai denunciare per l'alchol, sei mia complice se affondo io affondi anche tu" disse Clarke sorridendo, Lexa sollevò gli occhi al cielo si avvicinò e baciò Clarke, che subito ricambiò il bacio, andarono avanti per 5 minuti, finché un uomo non portò il bagaglio di Clarke interrompendo le due ragazze.
"E ora?" Chiese Clarke a Lexa "ora penso sia arrivato il momento che qualcuno finalmente ti perquisita a dovere" rispose l'altra sorridendo "penso tu abbia capito come ci si diverte" rispose Clarke tornando a baciarla.

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