L'annullamento della missione è stato evitato grazie alla brillante idea di affidarne il comando ad un uomo più che stimato dal consiglio. In un impeto di autostima, il professore Bulgarof si elogia nei suoi pensieri per questa e per l'altra magnifica idea di unificare i ruoli della missione. Affidare la parte scientifica al militare ha concesso ai membri del Consiglio l'aspettativa di avere finalmente un ruolo più attivo nella missione smettendo gli abiti di semplici ratificatori di scelte altrui. Al professore, di certo, permetterà di avere finalmente sotto controllo i laboratori smettendo di dover mediare con altri scienziati le sue idee. L'unico problema sarà tenere a bada il militare e le sue strane idee. Dover evitare che gli crei brutte gatte da pelare.
Per questi motivi, il professore Bulgarof ha voluto a tutti i costi riunirsi con il colonnello Almarin dopo la seduta del Consiglio. Il colonnello Almarin non ha disertato la riunione. E' seduto davanti Bulgarof in attesa dei suoi ordini.
− Colonnello, Armando, ora che siamo riusciti nell'intento di non far annullare la missione, dobbiamo assolutamente evitare buchi nell'acqua. Siamo nell'occhio del ciclone, ma dobbiamo mantenere la calma e continuare secondo i nostri propositi. Tu conoscevi il professore Trescot e sai che le sue previsioni sempre state troppo ottimistiche. Ho sempre preso le sue stime con tutti i dovuti accorgimenti, sapendo la sua bramosia per le manipolazioni genetiche. E' necessario quindi che, come primo obiettivo, vengano rivisti i risultati del laboratorio in modo da poter avere stime più realistiche da qui in avanti. I predecessori, i tuoi predecessori oserei dire a questo punto, hanno fatto un buon lavoro anche se non è stato sempre svolto in modo obiettivo. Le loro menti sono state sempre offuscate da sogni di gloria personali e da retaggi scientifici non condivisibili totalmente. La scelta di affidare ad una figura non scientifica questa parte della missione è stata condizionata anche da queste considerazioni. Sono sicuro che riuscirai ad approcciare la cosa in maniera dogmatica. −
Il colonnello Almarin non è lusingato di questo compito. Se dipendesse da lui, prenderebbe la decisione di chiudere per sempre il laboratorio e smettere di parlare di manipolazioni genetiche.
E' un pensiero che lo tormenta da quando ha iniziato l'Accademia. Sono passati quasi quarant'anni dal giorno in cui il colonnello Almarin partì, vestito di tutto punto, con uno sguardo da uomo su un viso da bambino, verso l'Accademia militare nel veicolo assieme alla madre. Nelle orecchie aveva solo il rimbombo delle parole del generale Kolazen, venuto fino a casa per dargli la notizia dell'ammissione anticipata all'Accademia
− Dovrai dimostrarci di essere degno figlio di tuo padre. −
Armando Almarin, sedici anni e una vita devoluta troppo presto alla causa del Regno. Una vita che, a differenza degli altri ragazzi, gli è stato permesso di iniziare prima dei diciotto anni. Un privilegio che sente, ancora oggi, di aver pagato caro con la vita del padre persa insieme alle altre vittime della missione nella galassia F-7H0.
Bulgarof, quasi accorgendosi dei pensieri che avvolgono la mente del colonnello, assume un tono quasi paterno provando a tutti i costi ad aprire i suoi pensieri facendolo parlare. Teme che i pensieri del colonnello possano influenzare la capacità di giudizio dello stesso per il proseguo della missione.
− Armando, sei preoccupato? Lo leggo nei tuoi occhi, non mentirmi. Parlami Armando, parlami in tutta tranquillità. Penso di sapere già di quali risposte hai bisogno, ma è necessario che tu le esponga per fare chiarezza con te stesso. Quello che ci diremo rimarrà tra noi e non ne farò mai parola con nessuno. −
Quel pensiero che tiene da sempre nascosto, quel pensiero che il colonnello Almarin non può esternare. Un pensiero contro la cultura della sua gente, contro la sua gente.
− Professore, so che certe domande non andrebbero mai fatte, anche visto il mio ruolo. So, però, che lei è una persona ragionevole, la sua mente è libera e io mi fido di lei. −
Il colonnello si fa coraggio e inizia a esporre i suoi dubbi al professore.
− Dover a tutti i costi continuare la nostra specie, impiantare il nostro gene su nuovi esemplari, a me sembra una farsa che fa nascere altre farse. Quanto siamo diversi dai primi antenati? Quanto di loro c'è in me? Io continuo a fare il mio dovere, ad eseguire le direttive del Consiglio, ma mi chiedo perché mai non ci limitiamo a favorire lo sviluppo della vita invece di doverla condizionarla, pilotarla. Siete tutti così sicuri che il nostro sia il gene corretto? Il fatto che ogni pianeta su cui ci siamo impiantati si sia volto verso l'estinzione, non è forse un segno di una nostra tara genetica? Questa ennesima estinzione imminente non è forse l'ennesimo segnale per capire che delle forze superiori tentano di eliminare qualcosa di dannoso per l'equilibrio del cosmo? −
Il professore Bulgarof sorride e, con fare paterno, cerca di convincerlo.
− Caro Armando, quanta umanità sento nelle tue parole dubbiose! Io, come uomo, ho avuto questi dubbi e centomila altri più strazianti nel corso della mia misera esistenza. Eppure, come scienziato, ho dovuto e ho saputo darmi delle risposte che mi hanno permesso di proseguire il mio percorso. L'estinzione è un qualcosa che fa parte del processo di creazione. L'universo è regolato da un qualcosa che chiamiamo entropia. Un qualcosa che esiste e non si annulla mai. Non può esserci creazione senza estinzione. E' il normale svolgimento delle cose. L'estinguersi o il semplice morire non può essere considerato un qualcosa di sbagliato. Sarebbe come considerare sbagliato il nascere. La lotta per la sopravvivenza è solo un modo che usiamo noi miseri esseri per non porre termine a tutto, per illuderci di sfuggire alla fine. La natura lo sa e ci impedisce di fare danni, modificando a suo giudizio le cose per mantenere statica la sua entropia. E' compito di noi scienziati capire questi cambiamenti apportati dalla natura e determinare le azioni correttive da mettere in atto per raggiungere gli scopi prefissati. −
Lo sguardo sorridente e rassicurante del vecchio scienziato si incrocia con quello del colonnello.
− Anche il cambiamento fa parte della creazione. Ogni volta che nasce una vita nuova, ogni volta che viene creato qualcosa, questo non è mai uguale all'origine. Semplicemente perché lo stato in cui nasce il nuovo essere non è lo stesso in cui è stato concepito e ancor meno lo stato in cui è stato generato il suo creatore. Quanto pensi tuo figlio possa essere uguale a te? Quanto pensi possa essere migliore di te? Il condizionamento, come lo chiami tu, della vita è semplicemente un'accelerazione di quello che succederebbe normalmente in natura. La natura si evolve e di volta in volta si migliora. Noi non facciamo nient'altro che agevolarla in questo. Se per questo ci vuoi accusare di egoismo, non avresti tutti i torti. −
Suo figlio. Le parole del vecchio scienziato hanno destato nel colonnello pensieri per suo figlio.
Diventare padre è una cosa che il colonnello Almarin ancora non ha interiorizzato. Ha atteso per anni un figlio e, appena è stato possibile, ha assolto il dovere che un uomo nella sua posizione ha verso la società: continuare una stirpe che da sempre è in prima linea nelle missioni e nella battaglia per la sopravvivenza. Lui stesso non sa cosa ci fosse stato prima di suo nonno, su quali e quanti pianeti i suoi avi abbiano combattuto, chi fosse stato il primo a iniziare la gloriosa stirpe degli Almarin: soldati tutto d'un pezzo e servitori del Regno. A casa lo aspetta il suo puledro d'Almarin che presto, probabilmente prima che la missione T-720 finisca, diventerà anch'egli soldato.
Il colonnello sa non sarà un compito facile crescere questo figlio. Esempi da seguire non ne ha. Solo qualche racconto di sua madre, spiccioli di vita vissuta, o poche righe lette in un diario. Troppo poche le informazioni che possano insegnarli ad essere padre. Troppo poche nozioni per capire se il suo stato d'animo è lo stato d'animo degli Almarin, tramandatosi da generazioni nonostante tutti gli innesti subiti, o se è semplicemente lo stato d'animo di uomo allo sbaraglio che persegue la sua dignità, a nome di ogni specie, per avere la libertà di essere quel che si è, disconoscendo le forzature dettate da un credo che sopravvive sempre a se stesso.
L'unica certezza sul suo passato l'ha avuta dal suo lavoro. Ora sa che il padre non ha mai dovuto combattere contro alcun mostro. Ora conosce bene quel lavoro, il suo lavoro: nuove galassie, nuovi pianeti, rocce da prelevare, campioni biologici da asportare. E poi, la parte che non sopporta, la contaminazione genetica.
Mentre il professore Bulgarof continua la sua prosopopea scientifica sull'esistenza, la testa del colonnello è un groviglio di pensieri. Come trasmettere a suo figlio le sue idee senza condizionare il suo modo d'essere? Come riuscire ad affrontare il Consiglio in silenzio, tenendo per sé i suoi pensieri? Come riuscire a non sfogare la sua rabbia per un gruppo di stupidi saccenti senza rispetto della natura? E tra qualche anno suo figlio inizierà anche lui le sue missioni in nome degli Almarin.
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Genesi
Ciencia FicciónISBN 9786050403220 Gli abitanti di un pianeta morente organizzano una missione per colonizzarne uno nuovo sul quale trasferire la loro genia. Tra dispute etico-scientifiche e giochi di potere, i componenti del Consiglio Superiore Scientifico valutan...