4. Abbandono

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  Mikey sospirò, guardandosi intorno.
Tutto era sempre in ordine in quell'ufficio. I libri sistemati sulle mensole della libreria alle spalle della scrivania del Dr. Phillips erano allineati in ordine di altezza, dai più grandi ai più piccoli, da sinistra a destra.
    «Ha presente il mio amico Frank? Solitamente mi accompagna ad ogni seduta. Mi viene a prendere a casa, mi porta qui e mi aspetta. Poi andiamo a fare un giro insieme, viene da me, suoniamo...» fece una pausa, mordendosi il labbro «Questa è tipo, la terza volta che vengo da solo, perchè Frank prende impegni con mio fratello...».
    Il Dr. Phillips annuì «La cosa ti infastidisce?» domandò guardando Mikey con aria interessata.
Mikey gli aveva detto che non gli piaceva vederlo scrivere mentre lui parlava, lo faceva sentire a disagio, come un animale che viene studiato. Ed anche se era così, preferiva che il Dr. Phillips evitasse di prendere appunti.
    «No... ok, si. Ma non è per Frank. Voglio dire, ha tutto il diritto di fare ciò che preferisce e non è per il fatto che non mi accompagna qui... è per...» Mikey fece una smorfia, prima di strofinarsi il volto con le mani e riprendere a parlare. Conosceva la netta differenza tra il semplice pensare qualcosa ed il pronunciarlo a voce alta. I pensieri erano intimi e privati, le parole pronunciate restavano lì alla portata di chi le ascoltava, e davano vita ad un mucchio di domande, supposizioni, questioni. «Ogni giorno vivo sapendo che resterò solo. Lo so, so che Gerard rovinerà tutto, anche stavolta. Io vorrei solo che tornasse quello di prima. Non un Gerard ripulito, rivoglio il Gerard che non si era mai sporcato. Che non si sentiva in colpa. Che non mi guardava come se mi avesse trafitto il cuore. Io non ce l'ho con Gerard per quello che ha fatto. Io ce l'ho con quello che è diventato. Con il suo continuare a lasciarmi solo. A strapparmi via le cose. Non voglio restare solo...».
    Il Dr. Phillips annuì ancora. Le rughe sulla sua fronte divennero più nette quando assunse un'aria interrogativa «Lo hai detto a Gerard questo?» chiese scrutando Mikey. Il ragazzo gettò indietro la testa sbuffando e socchiudendo gli occhi «No. Tanto non potrebbe farci nulla. E comunque sono destinato a restare solo. Me lo sento. Lo sogno ogni notte. Mi sveglio sapendo che succederà di nuovo. Gerard mi abbandonerà. Quante volte si può salvare una vita?».

    Gerard adorava la compagnia di Frank. Amava anche il fatto che Frank non avesse mai troppi impegni. Cosi potevano passare parecchio tempo insieme. Quando Frank non aveva impegni con Jamia, ovviamente. Quando capitava, quando Frank non poteva stare con lui perchè doveva andare dalla sua ragazza a cercare di arrivare finalmente alla meta -argomento che dava sempre un certo senso di fastidio a Gerard comunque- Gee decideva di occupare il tempo a disegnare e dipingere.
    Il soggetto era sempre lo stesso, e quando l'opera era completata Gerard sentiva la gola bruciare e calde lacrime solcargli il volto.
    Affondò le mani nelle tasche degli scuri pantaloni che aveva indossato quel pomeriggio, camminando al fianco di Frank lungo un sentiero deserto in un parco di Belleville.
Gerard era appena uscito da una seduta di terapia di gruppo nel centro di riabilitazione in cui era stato per mesi che sembravano durare anni dopo il suo tentato suicidio. Non era stato piacevole. Beh, non era mai piacevole in realtà.
    Frank seguì Gerard in silenzio, che andò a sedersi sotto il tronco di un acero. Accese una sigaretta e fece cenno a Frank di sedersi al suo fianco.
«Che ci facciamo qui?» chiese guardandosi intorno.
   Gerard aveva l'aria triste. Era stato silenzioso per quasi tutto il tempo, mentre solitamente quando era con Frank i due parlavano così tanto che il tempo sembrava volare ed era già ora di salutarsi.
Gee fece un respiro profondo, giocherellando con le dita della mano sinistra con i fili d'erba accanto a lui.
   «Alicia è morta qui...» disse in un mormorio, sentendo immediatamente un grande peso nel petto. Frank non disse nulla, così continuò, dopo aver fatto un lungo tiro alla sigaretta «...arrivò in casa nostra come un ventata di buon umore. La sua vita faceva schifo, cazzo, ed io ammiravo il modo in cui nonostante tutto riuscisse a svegliarsi ogni giorno col sorriso sulle labbra. Era così forte da non sembrare umana. Io al suo posto probabilmente avrei passato i miei giorni ad odiare la mia vita. Ad odiare il mondo intero.».
   Frank sapeva, ma non era il momento di dirlo. Gerard non gli stava raccontando la storia di Alicia, della sua morte, di Mikey e del suo tentato suicidio. Gerard stava facendo un viaggio nel passato, stava scavando verso il problema, verso ciò che era successo, e Frank era lì per ascoltarlo in silenzio, per offrirgli la sua compagnia durante il tragitto.
    «...Mikey l'aveva conosciuta ad un concerto, e l'aveva portata a casa come se fosse un cucciolo abbandonato al lato della strada.» fece una smorfia «Beh, Alicia era proprio come un cucciolo abbandonato. I suoi genitori la maltrattavano. La cacciarono di casa.Girò per un paio di settimane da sola. Dormiva nei bagni delle stazioni, si svendeva per del cibo...».
   Gee sentiva gli occhi umidi, mentre davanti a lui, nella sua mente, prendeva vita la scena di Mikey che in una serata colpita da una di quelle piogge estive che arrivavano senza preavviso, si presentò in casa Way accompagnato da questa ragazzina con i capelli scuri, spettinati e bagnati che le ricadevano sulle spalle, la pelle chiara, le occhiaie che le contornavano gli occhi pieni di speranza. Aveva chiesto ai suoi se potevano aiutarla ed ospitarla per qualche giorno.
    «..."qualche giorno" diventò "per sempre".» Gerard respirò una lunga tirata dalla sigaretta, e dopo aver espirato il fumo, che gli aveva bruciato i polmoni, deglutì «Alicia e Mikey erano una coppia bellissima. Erano così diversi che sembravano nati per completarsi l'un l'altro... eravamo soli, quando successe... Mikey era partito con la scuola, ed i miei genitori si erano concessi un paio di giorni di relax a New York».
   Frank annuì, seguendo il filo del racconto, notando come gli occhi di Gerard erano diventati lucidi e colmi di lacrime.
   «...Alicia era curiosa. Era un sbandata, c'erano cose che non ci aveva raccontato. Eravamo soli in casa, ed io avevo bevuto tantissimo, e lei si era unita a me. Mi disse che voleva provare a sniffare cocaina, e che sapeva che io ne avevo un bel pò nascosta nell'ultimo cassetto del mobile nell mia camera. Sorrise, supplicandomi di lasciargliela provare. Mi promise che non lo avrebbe mai raccontato a Mikey, e ai miei. Mi disse che sarebbe stato il nostro segreto, che non avrebbe mai detto una parola al riguardo. Io... sono stato un idiota. Le dissi "Ok, ma non qui in casa. Andiamo nella parte abbandonata del parco"» scosse la testa, spegnendo con forza la sigaretta sul terreno, come se volesse farle male    «...eravamo seduti proprio qui. Avevamo portato delle birre, la cocaina, un pacchetto di sigarette ed uno specchietto che ci serviva da appoggio. Alicia sembrava interessata ad ogni passo. Mi guardava, curiosa. Mi chiese a cosa mi serviva la carta di credito, così le spiegai che la cocaina andava sbriciolata per bene, poi allineata in strisce. Arrotolai una banconota e le mostrai come si faceva. Il fatto che lei mi guardava in modo così affascinato mi fece perdere il senso della realtà. Per una volta mi sentivo interessante, mi sentivo grande, ed ero contento di mostrarle qualcosa di cui sapevo così tanto... non avrei dovuto. Alicia sniffava le sue strisce, chiedendomi perchè non sentisse alcun effetto. Sentiva solo l'amaro scenderle in gola, nient'altro. Le spiegai che anche io la prima volta non sentii alcun effetto.   Lei mi guardò pronta chiedermi allora quando avrebbe potuto provare di nuovo, ma io le dissi subito che non sarebbe mai più successo. Non con me...
   Ci addormentammo sotto quest'albero. Quando riaprii gli occhi il sole era già tramontato e sentivo freddo. Alicia era sdraiata accanto a me. Le dissi "Ehi, svegliati!"...» Gerard sentì un pesante lacrima scivolargli sulla guancia, ma non la scacciò via. Lasciò che percorresse il suo volto, cadendo sui suoi pantaloni dal mento. A quella lacrima ne seguirono molte altre. La voce di Gerard era alterata, ora.    Disperata. «Le ripetei di svegliarsi. Le dissi che era tardi e che dovevamo rientrare in casa. Ma lei non mi sentiva, così provai a scuoterla ma... Alicia non reagiva. Era fredda, aveva uno strano aspetto, ed io ero così fatto che non riuscii a far altro che agitarmi e scuoterla e ripeterle di svegliarsi. Volevo solo che si svegliasse. Poggiai la testa sul suo petto. Non so cosa volessi fare. Volevo sentire il battito del suo cuore...».
   Gerard fu attraversato da un brivido di terrore, le sue mani cominciarono a tremare, e si strinse le braccia intorno al corpo, sotto lo sguardo dispiaciuto di Frank, che non aveva detto una parola per tutto il tempo.
   Il ragazzo gli mise un braccio intorno alle spalle, per confortarlo. Gerard deglutì.
«Il suo cuore si era fermato. Non sapevo nemmeno da quanto. Non sapevo cosa fare. Pensai a Mikey, ai miei genitori, ai genitori di Alicia, a chiunque avesse avuto la pessima idea di lasciarla nelle mie mani. E' stata colpa mia, Frank. Alicia è morta per colpa mia. Ed io non posso... io non riesco a perdonarmi.» disse singhiozzando.
   Frank lo abbracciò, sussurrandogli che non era colpa sua. Era tutto ciò che riuscì a dire.
   A Gerard avevano ripetuto quella frase in tanti, nei giorni seguenti l'accaduto, ma nessuno sembrava crederci davvero, quando pronunciava quelle parole. Nessuno sembrava dirlo con convinzione. O con affetto. Nessuno lo aveva detto come aveva fatto Frank, ora. 

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