CAPITOLO 1

506 45 7
                                    

Esausta. 

Il termine adatto dopo una lunga, stressante, faticosa giornata scolastica.

Il mio sguardo era perso fuori dal finestrino dello scuolabus. Le cuffie nelle orecchie erano a tutto volume: la medicina perfetta per guarirmi dallo shock chiamato 'scuola'.

Marzo era uno dei mesi più nuvolosi e malinconici dell’anno nel paese in cui abito. La pioggia cadeva violentemente sui finestrini del bus e le gocce facevano a gara a chi cadeva prima. 

In classe, come succede ogni giorno, le smorfiose mi avevano preso in giro. 

Non sono una ragazza tanto sensibile, ma quelle parole che mi dicevano mi urtavano. 

"Tu non hai nessuno, tu non sei nessuno. Non ti vogliono nemmeno adottare."

Le parole e le risate di Giada mi rimbombavano nella testa con un eco di sottofondo.

Alla fine, non aveva proprio torto. Nessuno mi vuole. 

Dietro al bus, i ragazzi più fortunati sorridevano e si divertivano. A volte li invidiavo: loro hanno una bella casa, una famiglia, dei parenti che li vogliono bene.

“Skies are crying, I am watching 

Catching teardrops in my hands 

Only silence, as it's ending, like we never had a chance. “

Quella canzone era bellissima e piena di significato. Diciamocela tutta: Demi ci sapeva proprio fare. L’avrei ascoltata tantissime volte se il mio viaggio nel bus fosse senza destinazione.

Uno schiocco con le dita di Celestine, che era seduta vicino a me, mi fece capire che eravamo arrivati. Tolsi le cuffie con molto dispiacere e scesi dall'autobus. A darci il benvenuto era un grosso edificio, con i mattoni rossicci e un giardino ben curato: era l'orfanotrofio St. Catrine. 

Io e la mia amica, guardandoci in faccia, aprimmo la porta seguite dall'accompagnatrice dell'autobus.

Quel luogo, per quanto fosse ospitale, era orribile. Sembrava di stare in carcere: non ci lasciavano mai un minuto da soli e se volevamo uscire dovevamo essere accompagnati dalla signora Joannah, una russa antipatica e fastidiosa.

"Buongiorno ragazze!" Il saluto caloroso della signora Agata si espanse per tutto l'edificio.

"Salve signora Agata!" urlammo in coro.

"Com'è andata oggi a scuola?"

"Molto bene" escamò con un sorriso a 32 denti Celestine.

"E a te, Aria?"

"Come ogni giorno: una vera schifezza." sputai mentre appoggiavo lo zaino nell'armadio.

"Lasciale stare  - sentì la mano di Agata appoggiarsi sulle mie spalle -  loro lo fanno per farti sentire male, tu non crederci e non preoccuparti. Infondo, c'è qualcuno che ti vuole bene per davvero!"

Non risposi. O almeno, non ne avevo voglia.

"Ricordati che noi siamo sempre qui con te." disse per poi girarsi. "Piuttosto ora venite a mangiare, che gli altri bambini hanno fame."

Celestine alzò le spallucce e si recò nella mensa, prendendo un posto anche per me.

Guardandomi intorno, per evitare che Joannah si trovasse nei paraggi, presi il diario e cominciai a vedere i compiti. Una pagina bianca fece capolino sotto i miei occhi.

“Tutti a tavola, muovetevi!”

Delle urla di bambini spaventati echeggiarono nel corridoio, seguiti da un rumore fastidioso di tacchi.

“Joannah in arrivo!” urlai correndo nella mensa.

Tutti la odiano, compresa me. L’unica cosa che sa fare è urlare e picchiare i bambini più piccoli.

Vocifera che i suoi genitori l’hanno abbandonata qui, in questo orfanotrofio.

Quindi anche lei non sa cosa significa la parola ‘felicità’.  Forse questa è la spiegazione del suo comportamento.

Presi posto e mi bloccai vedendo il brodo nel piatto: non aveva proprio un buon aspetto.

Quando la signora della mensa  (Marianne) non cucinava bene, voleva dire che era turbata.

“Ehi.. tu mangerai questa roba?” Celestine mi parlava nelle orecchie controllando che nessuno ci vedesse.

“Credo proprio di no. Ha un aspetto orribile.” Ricambiai.

“Oh, che orrore! – urlò Agata – Oggi Marianne non ha avuto tanta voglia di cucinare”

“Potrei saltare il pasto, oggi? - la mia vocina flebile fece fatica ad arrivare nelle orecchie della signora – ho mal di pancia”

“Signorina, lo sa che è contro le regole dell’orfanotrofio?” Subito Joannah si impicciò.

“No, vai. Ma solo lei, capito? Se qualcun altro mi chiede di andare mi arrabbio” Agata mi salvò.

Un “nooo” degli altri ragazzi si sentì per tutto l’istituto.

Feci la faccia addolorata e corsi nella mensa, a cercare disperatamente Marianne. Dovevo scoprire cosa era successo.

Mi venne un colpo al cuore quando…

#SPAZIO AUTRICE

Finalmente ho postato il primo capitolo di ‘This is my weird Life’.

Continuerò con il secondo capitolo quando il primo arriverà a 5 voti e 2 commenti.

Spero vi piaccia <3 

This is my weird life.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora