8. Un giorno diverso

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L’indomani mattina, Draco fu svegliato dal miagolio del gatto, il quale aveva preso a grattare le unghie sulla poltrona, facendo un rumore intollerabile. Il giovane era pronto a prendere a calci quella bestiaccia, ma a impedirglielo c’era Billy, ancora rannicchiato tra le sue braccia e profondamente addormentato.

Bastò ricordarsi come c’era finito, che Draco fu subito assalito dai rimorsi per essere stato così permissivo. Si era esposto troppo, con un bambino di soli sei anni che neanche conosceva bene, e che adesso si sarebbe certamente aspettato che tra loro tutto fosse destinato a diventare rose, fiori, orsacchiotti e altra robaccia melensa. Non si poteva mai sapere come si sarebbe comportato: lui gli aveva dato ben oltre un dito, e la quantità di braccio che il piccoletto si sarebbe potuto prendere era indefinibile.

Draco non sapeva come comportarsi, a cominciare dal dubbio atroce che lo assillava nell’immediato: doveva svegliare Billy oppure lasciare che continuasse a intorpidirgli le braccia col suo dolce peso?

A dire il vero lui era assai propenso verso la prima soluzione, ma sapeva che quella era, per il piccolo, la prima vera dormita priva di incubi da quando era in quella casa. Lo intuiva dall’espressione serena e tranquilla, e dalla pace che emanava tutto il suo esile corpo.

Draco non aveva mai guardato un bambino così da vicino, proprio lui che aveva visto alcune tra le cose più strane e uniche nel mondo dei maghi. Un bambino gli era sempre mancato. Non aveva mai pensato ai bambini, per ovvie ragioni, tra le quali l’essere lo scapolo d’oro di Inghilterra, ricco sfondato, felice della propria vita da single e circondato da allegre donnine con cui copulare in completa sicurezza. I bambini decisamente non erano contemplati fino almeno ai quarant’anni. Poi, forse, avrebbe cominciato a porsi qualche problema. E poi, ad ascoltare i discorsi dei colleghi, aveva avuto modo intuire che quegli esserini all’apparenza innocui fossero in realtà dei piccoli mostri, viziati e pretenziosi.

Urlavano, strillavano, piangevano, si facevano male da soli, si sporcavano, erano incontinenti, piangevano di nuovo, si esprimevano con grugniti e sputacchi, si scaccolavano… bleah!

Billy invece, rifletté Draco pensosamente, non sembrava incarnare le caratteristiche di quei bambini. Non era chiassoso, il che era per i suoi nervi una vera benedizione. Sapeva parlare quasi come un bambino di dieci o undici anni, nonostante fosse molto più piccolo. Era pulito e ordinato, vigile oltre ogni immaginazione. Forse un po’ impersonale, ecco. E anche spaventato all’idea di esporsi troppo.

Eppure voleva andare a scuola, ricordò Draco. Il che significava che al tempo stesso era desideroso di scoprire ambienti nuovi. Un po’ incoerente. Ma d’altronde i bambini così piccoli si contraddicevano spesso.

Billy si strofinò debolmente contro il tessuto del suo pigiama, cercando il calore di un adulto, percependolo inconsciamente e acquietandosi.

Draco lo lasciò fare, sentendo sempre meno la sensibilità alle braccia. Gli sembrava che gli si fossero staccate dal corpo. Billy si infilò il pollice in bocca, cominciando a succhiare piano.
Lui avvertì una lieve sensazione di disagio. Certe scene erano troppo intime per un uomo come lui. Non sarebbe mai riuscito a sopportarle.

— Ehi, Marmocchio. — lo chiamò, facendo scivolare lentamente le braccia da sotto il suo corpo. — E’ mattina, dobbiamo alzarci.

Il piccolo salutò il mondo con un grosso sbadiglio, per poi allungarsi pigramente, stiracchiandosi contro di lui, ancora tutto rattrappito e assonnato.

— Ciao. — disse strofinandosi gli occhi col dorso delle mani.

Draco gli spettinò i capelli, e il gesto fu accolto da un basso mugolio di piacere. Così, se a scarruffarlo era lo Sfregiato, non gli piaceva, se invece era lui apprezzava. Molto bene.

Diventar padre è (decisamente) molto più semplice che esserloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora