Prologo

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Il sole stava tramontando, tingendo di sfumature rosso scuro il cielo.
Era il momento. Mi alzai a fatica dal davanzale della finestra. La febbre stava già salendo. Ben presto non sarei più stata in grado di camminare. Dovevo sbrigarmi. Incespicavo nei miei piedi, sbattevo contro gli stipiti delle porte e la testa mi girava terribilmente.
Riuscii ad arrivare alla porta della cantina. Il legno scricchiolò con violenza mentre l'aprivo con irruenza. Riuscii a scendere le scale senza cadere. Quando arrivai alla cella ormai camminavo a gattoni. Uno spasmo mi scosse, facendomi sbattere il fianco sul pavimento. Il dolore mi tolse il fiato e per un momento fu tutto annebbiato dalle lacrime. Le dita si graffiavano contro la pietra del pavimento, così come le ginocchia, ormai terribilmente doloranti.
Riuscii a raggiungere la parete, il mio obbiettivo. Trattenni il respiro per colpa di una fitta di dolore alla nuca e iniziai a togliermi le vesti. Corsetto, gonna e sottoveste, fino a che non rimasi completamente nuda, alla mercé del freddo che imperversava in quella serata invernale. Iniziai a tremare violentemente. I denti mi sbattevano così violentemente che temevo potessero spezzarsi. La trasformazione era incominciata.
Con enorme fatica e più velocemente possibile chiusi le catene alle caviglie, ai polsi e al collo. Un nuovo tremendo spasmo mi costrinse a testare la resistenza delle catene. "Almeno funzionano" mi ritrovai assurdamente a pensare, appena prima che i pensieri perdessero del tutto il senso umano.
Sentii la luna piena e bellissima nell'istante in cui la curva candida della sua superficie fece capolino dai confini del mondo. La luna, un astro così bello e misterioso e, per una come me, terribilmente pericoloso.
Fu come morire e rinascere in uno stato di assoluta libertà.
I miei arti si contrassero fino allo spasmo. Alcuni si allungarono, altri si accorciarono e altri ancora comparvero. Le unghie sempre più scure e affilate facevano stridere la pietra sotto i loro graffi. Pelo biondo e irsuto si fece strada con violenza dalla pelle, ricoprendola interamente. Smisi di sentire freddo, ma in compenso sentii la libertà nell'animo, la fame, la sete e la voglia di correre in onore dei giovani muscoli che si stavano formando.
L'ultima cosa che ricordo fu il nostalgico ululato della bestia mentre salutava una vecchia compagna.

Per prima cosa percepii il freddo, poi di nuovo il coordinato muoversi delle membra. Aprii gli occhi e rimasi accecata nonostante la luce fosse abbastanza fioca.
Che luce poteva esserci all'interno di una cella sotto la superficie della terra?.
Guardai meglio. Ci misi un attimo a comprendere.
Era il sole!
La consapevolezza diveniva di secondo in secondo sempre più pregnante. Il respiro si fece corto. Mi alzai sulle mani e qualcosa di freddo e soffice distrasse la mia attenzione dal cielo. Sotto di me c'era erba smeralda macchiata di rosso.
Smisi del tutto di respirare nel momento stesso in cui mi osservai le mani. Erano ricoperte di sangue rosso, caldo, ancora vivo. Ne percepii l'odore ferroso e la cosa non mi turbò neanche un po' o come avrebbe dovuto essere se fossi stata umana.
Osservai il resto del mio corpo nudo. Anch'esso era sporco di terra e sangue. Avevo graffi profondi sul petto e sulla coscia destra ed ematomi un po' ovunque. Non sentivo dolore, probabilmente perché il mio corpo stava già guarendo da solo, ma lo shock era più che sufficiente a rimpiazzarlo.
Cosa avevo fatto?!
Come avevo fatto a togliermi le catene d'argento, uscire nella cella protetta da incantesimi e arrivare nel bel mezzo del bosco?
Riconoscevo gli odori quindi sapevo di non essere troppo lontana dalla cittadina dove abitavo. Tentai di ricompormi mentalmente, ora c'erano problemi più imminenti, ad esempio come sarei tornata alla villa? Ero terribilmente stanca, come ogni volta. Avevo tantissimo potere eppure dopo la luna piena non potevo nulla, spesso nemmeno camminare.
Assurdo!
Mi trascinai verso un cespuglio per riuscire a rimanere più riparata dalle tremende possibilità che mi stavano affiorando alla mente.
Tremavo forte. I denti sbattevano gli uni contro li altri. Mi rannicchiai il più possibile tentando di riscaldarmi con il mio stesso corpo, ma la stessa terra era gelata e nulla potevo contro quello.
Dovevo resistere e sperare che uno dei miei servitori sarebbe venuto a cercarmi nel bel mezzo della foresta che si distendeva dai confini della cittadina a perdita d'occhio. Ok pensandola così ero senza dubbio spacciata. Così totalmente indifesa ero una tenera preda per la morte.
"Niente panico" mi costrinsi a pensare. "Abraam ti fiuterà, lui ti troverà in tempo".
Tentai di rimanere sveglia aggrappandomi a quei pensieri. Resistetti per un tempo che mi parve infinito, poi persi i sensi.
Che brutto modo di morire. Assiderata, senza uno scopo, lontano dalla battaglia, soprattutto per una come me che per definizione era una sopravvissuta.
Nell'incoscienza, mi parve di sentire un nome riecheggiare nella foresta, rimbalzando contro i tronchi scuri dei possenti alberi.

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