Capitolo 2

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Dopo un tempo che sembrò troppo lungo la carrozza si fermò bruscamente. Janette spostò appena la tenda per osservare il mondo esterno e trattenne il respiro. Qualcosa nella sua espressione mi fece intuire che non eravamo ancora tornati alla villa.
-Che succede?- chiesi fiaccamente.
-Non lo so, ma di sicuro nulla di buono, mia signora- la sua voce tremò appena. Potevano esserci tanti motivi per cui ci eravamo fermati durante il percorso, ma solo uno era davvero temibile.
La porta della carrozza si aprì di scatto. Io e Janette sussultammo all'unisono e il cuore mi si fermò per un momento. Erano Isaac e Abraam, per fortuna. Entrarono terribilmente veloci e richiusero l'abitacolo. Sul volto di Abe c'era il terrore e la preoccupazione nei suoi occhi.
Isaac al mio fianco, imperturbabile come sempre, estrasse il pugnale d'argento rifinito con rubini che portava sempre con se. Decisamente un brutto presagio.
Non osai domandare, ma quando sentii puzza di carne bruciata mischiato ad orribile tanfo di zolfo compresi ciò che ci stava passando accanto.
Isaac si posò l'indice sulle labbra incoraggiandoci a fare silenzio, come se qualcuno di noi potesse aver voglia di trovarsi faccia a faccia con un Cinder. Una creatura mostruosa che usciva con il calare della notte. La sua pelle era fatta di cenere. Le linee infuocate che come vene gli scorrevano lungo il corpo lo facevano sembrare un braciere umanizzato, ma questo non lo rendeva meno consistente, meno reale. I suoi artigli neri come l'onice sono ricurvi e affilati. Ha tre file di lunghe zanne sempre in mostra e dalla bocca, sempre aperta come pronta ad afferrare qualcuno, esce fumo nero e ustionante.
Chiunque teme queste creature, persino i notturni. Nessuno osa avvicinarle, nemmeno osare ammirarle da lontano per quanto siano uno splendido e macabro spettacolo. Hanno un carattere irascibile, orgoglioso e maligno. Sono costantemente affamate e nessuno ha mai scoperto come ucciderle. Tutti gli edifici e le carrozze erano costruite con  il sorbus aucuparia o sorbo dell'uccellatore perché era l'unico legno che impediva a quelle creature di aggredirti mentre dormivi. I Cinders sembrano incapaci di attraversarlo, ma il motivo è ignoto.
Per fortuna di questi esseri ne esistono pochi e sono abbastanza solitari, ma non per questo vanno sottovalutati. Sono anche terribilmente intelligenti.
Lo sfrigolio tipico della pelle del Cinder si fece sempre più vicino e anche il puzzo di morte. Smisi di respirare, sperando che così avrei fatto ancora meno rumore. Un rantolo giunse dal ringhio soffuso della bestia.
Aveva una preda! Non provai disgusto, anzi l'unica cosa che riuscivo a pensare era che se era distratta forse ci avrebbe ignorati.
Il tempo non passava, il Cinder sembrava muoversi a rallentatore e il suo puzzo mi nauseava profondamente.
La carrozza ondeggiò bruscamente. Fummo tutti saggi e nessuno si mosse nonostante il terrore fosse tangibile.
Uno strano brontolio provenne da fuori. Ci misi un attimo a capire cosa stesse succedendo. Spalancai gli occhi.
La bestia rideva di noi! Fiutava il nostro terrore e si divertiva nell'accrescerlo, nel farci capire che non saremmo mai stati al sicuro!
La mia parte orgogliosa di lupo avrebbe voluto reagire, ma la mia parte razionale capii che sarebbe stato un suicidio.
La carrozza ondeggiò nuovamente in modo più violento. Il Cinders non poteva entrare, ma nulla gli impediva di scaraventare l'abitacolo da qualche parte per rompere l'involucro che ci conteneva e cibarsi di noi.
La bestia rise di nuovo. Tonfi cupi ci fecero capire che aveva ricominciato a muoversi e ad allontanarsi da noi.
Nemmeno quando sia il puzzo, sia il rumore fu passato riuscii ad emettere un sospiro di sollievo. Passarono diversi minuti di assoluto silenzio.
-E' passata- disse finalmente Isaac. Janette respirava affannosamente, mentre Abe non riusciva a nascondere il suo spavento.
Il mastro vampiro spalancò la porta e si osservò intorno.
-Libero- esordì infine -muoviamoci- e scese dal mezzo. Abe non si mosse, le sue emozioni lo bloccavano.
-Abraam!- lo chiamò Isaac ormai a me non più visibile. Il ragazzino si riscosse e scese dalla carrozza richiudendosi la porta alle spalle. Dopo poco ricominciammo a muoverci, più velocemente di prima.
-C'è mancato davvero poco questa volta- penso Janette ad alta voce. Non era la prima volta che incrociavamo il cammino di un Cinders, ma non gli eravamo mai stati così vicini e soprattutto non lo avevamo mai sentito ridere delle sue prede.
-Era come se giocasse con noi-
-Non mi ci faccia pensare- Janette venne scossa da un brivido. Povera governante, di sicuro per lei era stata un esperienza peggiore della mia.
Trovai la forza per sorriderle.
-Non preoccuparti, abbiamo ancora altri giorni davanti a noi-
-Sono felice che lei la veda in modo così positivo-
-Merito degli anni- dissi. Sembrava assurda questa frase detta a Janette, ma solo perché lei dimostrava la sua età mentre io, nettamente più vecchia, dimostravo poco più di vent'anni.
In breve tempo la carrozza si fermò di nuovo, per fortuna non per inconvenienti.
Isaac mi aiutò a scendere, cosa che a causa di tutte le coperte non era poi così facile. Fui scortata lungo i gradini alla porta d'ingresso della villa.
Janette iniziò a rovistare nella reticulle alla ricerca delle chiavi.
Qualcosa attirò la mia attenzione. Con la coda dell'occhio scorsi dall'altro capo della strada la figura di un uomo. Un uomo che ci stava osservando, come se ci stesse aspettando. Mi volsi di scatto per coglierlo di sorpresa, ma nulla. Non c'era nessuno.
Aggrottai le sopracciglia confusa.
Eppure ero proprio convinta di aver notato qualcuno.
Mentre entravo finalmente nella villa mi venne l'illuminazione. Solo chi è una strega sa che con la coda dell'occhio si vede più di quel che è visibile, cioè si vedono creature che si celano o si vede attraverso gli incantesimi di occultamento.
Un brivido mi corse lungo la schiena. C'era davvero qualcuno che ci osservava.
Era forse colui che era entrato in casa mia e aveva spalancato la gabbia del lupo?
-Povera la mia Witcam, il freddo non ti si addice- esordì Isaac. "Altra ragione per cui ho chiuso con te" pensai con sarcasmo.
-Janette accompagna la tua padrona a fare un bagno caldo- poi cambiando tono aggiunse -tranquilla Kendra, quando ti sarai ripresa mi ritroverai qui-.
"Che fortuna!" pensai ironica.
-Torna pure al tuo rifugio a breve sorgerà il sole- dissi facendo riferimento alla sua impossibilità di camminare di giorno. Volevo davvero liberarmi di lui.
-Se creassi per me un amuleto, come hai fatto per Abe potrei starti accanto, nonostante il giorno-. La sua voce si era fatta persuasiva, terribilmente sexy.
Sfoderai il sorriso più finto che fossi mai riuscita a fare.
-Sono ora terribilmente stanca e credo che dopo essermi rinfrescata andrò direttamente a dormire-.
-D'accordo, ma ne riparleremo- detto questo uscì dalla casa. "No grazie" pensai un po' inorridita.
Janette mi sorrise e, mentre Abe chiudeva a gran velocità porte e finestre con i chiavistelli, mi scortò al primo piano verso la stanza da bagno. La vasca di ceramica finemente decorata con ghirigori dorati era già piena d'acqua, ovviamente ormai fredda.
-Mi spiace molto mia signora, l'avevo preparata questa mattina prima di scoprire che eravate scomparsa, vado immediatamente a riempirvela di nuovo- disse avviandosi, ma la fermai immediatamente. Janette svolgeva i suoi compiti sempre in maniera impeccabile.
-Hai già fatto molto- le dissi sorridendo stanca -ti prego, pensa alle mie vesti-.
Janette sembrò combattuta, ciò nonostante sorrise, chinò leggermente il capo e uscì dalla stanza da bagno richiudendo dolcemente la porta.
Ero finalmente sola. Trassi un respiro profondo, troppo stanca per continuare a pensare a tutto ciò che era accaduto e a ciò che avevo visto.
Lascia cadere le pesanti coperte sul pavimento. Fissai l'acqua per qualche istante e questa iniziò ad emettere vapore caldo. Mi sfuggì un sorriso orgoglioso. Alcune magie mi riuscivamo così facili. Nessuna imposizione delle mani, nessuna formula e nessun utilizzo di strani infusi, un solo pensiero e la magia era compiuta. Peccato non funzionasse con tutto. Però senza dubbio questo mio vantaggio era dovuto alla mia natura.
Infilai un piede nella vasca. L'acqua era perfetta. Entrai e mi immersi fino al collo. Stetti per un po' nel tepore a rilassarmi. Sentii le ferite smettere di pizzicare e completare la loro guarigione. Sarei rimasta lì dentro per tutta la vita. I problemi sembravano sempre così lontani da me, mentre ero immersa in acqua calda e rinvigorente.
Mi costrinsi a muovermi, prima di addormentarmi. Afferrai la spazzola e...la verità mi piombò di nuovo di fronte come un macigno.
Il sangue che non mi apparteneva si era raggrumato sul mio corpo, formando una sottile incrostazione. Mi mancò il respiro e il cuore prese a correre terribilmente veloce.
La notte precedente avevo aggredito qualcosa o qualcuno. Istintivamente iniziai ad indagare sui tagli che avevo sul corpo. Ad un primo sguardo avrebbero potuto sembrare i graffi di uno sfortunato animale, però al mio occhio più attento sembravano tanto ferite di spada. Sollevai una mano e annusai, cercando qualcosa che smentisse i miei timori, ma trovai solo conferme. L'odore era inconfondibilmente quello del sangue umano.
Avrei voluto sbagliarmi, ma anche solo pensarlo avrebbe comportato ingannare me stessa. Avevo aggredito un essere umano e con l'esperienza sapevo che non poteva essersi salvato.
Approfittai di quel momento solitario per far emergere la mia vulnerabilità. Sentii le lacrime calde scorrermi lungo le guance, per poi tuffarsi nella vasca.
"Che cosa ho fatto?" Continuavo a pensare, consapevole del fatto che non avrei potuto tornare indietro. Era stato il mio incubo per anni e ora era divenuto realtà. Mi sfuggì un singhiozzo. Mi avevano accusato per tutta la vita di essere un abominio incontrollabile ed ora lo ero diventata. Dovevo impedire che accadesse di nuovo e lo avrei fatto con tutte le mie forze.
Trasformai la tristezza e il senso di colpa in odio che rivoltai verso chiunque mi avesse fatto questo. Il colpevole avrebbe provato il dolore della mia prima vittima triplicato cento volte.
"Povero sciagurato" pensai mentre un ringhio basso che rompeva il silenzio nasceva dalla mia gola.

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