Capitolo 1

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-Kendra!-. Mi sembrò di riconoscere quella voce profonda e virile, ma non riuscivo a muovermi. Ero forse ancora incosciente? O ero forse morta?
-Dove diavolo sei dannatissima Witcam!-. Cavolo quanto odiavo quel nome. Una stupida categoria che i notturni avevano creato opportunamente per me, perché ero l'unica del genere. Che fortuna! In parte strega, in parte lupo e in parte vampiro. Tutto grazie hai miei genitori. Di ibridi ne erano esistiti, tanti, ma avevano vita breve. Io ero la prima chimera.
-Janette! Mr Thompson! l'ho trovata!- questa voce dolce, giovane e squillante. Non potevo confonderla da nessuna parte. "Abe!" Avrei voluto urlare, ma il grido rimase solo un pensiero. Riuscii però a dischiudere gli occhi, sperando in una luce fulva che illuminasse il buio in cui ero caduta da tempo, ma nulla. Anche fuori c'era solo il buio. Che fosse già scesa la notte?
Respirai più profondamente.
-Tranquilla mia signora, ora la riportiamo a casa, resista ancora un poco-. Lo scorsi appena, ma notai il suo viso trasfigurato dalla preoccupazione.
Povero Abe. Non volevo che avesse quell'espressione. Era sempre così solare da rallegrare il mio cuore di pietra. Era grazie al suo sorriso che lo avevo conosciuto e sempre per questo non avevo potuto fare a meno che salvarlo. Quando lo vidi per la prima volta, la sua giovialità di ragazzino mi aveva sconvolta. Lo pedinai per un lungo periodo, perché riusciva a farmi sentire di nuovo emozioni che non sentivo più da tempo. Però, da orfano e senza dimora, aveva una brutta abitudine: quella di andare sempre in giro da solo la notte. Per un essere umano è la cosa più folle che si possa fare, per via di molte folli creature che si aggirano tra le ombre.  Una sera mi distrassi solo un attimo e lo persi di vista. Quando lo trovai, era inerte tra le braccia di un vampiro affetto da mummificazione. Una malattia tipica dei non morti che li fa impazzire e uccidere tutto ciò che respira. Uccisi la minaccia, ma per Abe sarebbe stato comunque troppo tardi. Non potendo perdere la luce che mi regalava, lo salvai nell'unico modo che conoscessi. Lo trasformai in un vampiro e lo addestrai al controllo. Fu difficile, dovetti dare a Janette, la governante umana, un anno di riposo.
Sorrisi al ricordo.
-vedo che sei felice di vedermi, tesoro- disse la profonda voce maschile. Guardai con sforzo attraverso l'oscurità. Capelli neri con ciocche bianche, occhi violacei e fisico da mozzare il fiato. Era Isaac Thompson un mastro vampiro e, sfortunatamente, anche il mio ex-amante. Feci una smorfia di disgusto in risposta alla sua affermazione.
Perché avevano chiamato proprio lui?
-Janette!- si mise a gridare sgarbatamente Isaac.
-Arrivo Mr Thompson, abbia pazienza ma alla mia età non è facile tenere il passo di due vampiri-. Janette comparve alla mia vista, ansante e terribilmente affaticata. Portava tra le braccia tre grosse coperte, il che per una donna di quasi sessant'anni che aveva lavorato come governante per tutta la vita non era per nulla un bene. Io non l'avrei mai permesso perché per prima cosa era mia amica e nemmeno Abe avrebbe lasciato che accadesse. Questo era uno dei motivi per cui avevo lasciato Isaac. Non capiva la natura umana.
-Più rispetto verso i tuoi superiori Janette- Isaac le prese una coperta dalle braccia in malo modo e la avvolse attorno al mio corpo congelato.
Se in quel momento avessi potuto muovermi probabilmente lo avrei preso a calci o schiantato contro un albero con forza.
È brutto pensare questo dell'uomo che ti sta salvando, ma la mia natura se ne fregava altamente e a me stava bene.
Mi avvolsero attorno anche le altre coperte e iniziai finalmente a sentire il calore intorpidirmi le membra.
-Ecco qua- disse Isaac sollevandomi tra le braccia. Mi appoggiai a lui esausta. Non sentii nessun calore, non sentii nessun cuore battere. Isaac era un vampiro eppure mi dava sicurezza. In centocinquanta anni non ne avevo mai avuto bisogno, ma quella volta non potevo farne a meno. Il panico di una fine insulsa mi aveva corrosa nell'attesa dei soccorsi.
Sentii il vento gelido sul viso farsi sempre più forte e nonostante avessi gli occhi chiusi seppi che stavamo correndo. Era tenero che Isaac si preoccupasse così tanto per me, non era da lui. Era un vampiro e la terminologia freddo come il ghiaccio non era certo un ironia. I vampiri sono morti, non hanno un cuore, non hanno sentimenti ne emozioni. Si uniscono per convenienza o divertimento e sono terribilmente egoisti. Conoscevo una sola eccezione e ora correva al nostro fianco.
Finalmente i miei pensieri giunsero ad una conclusione: "perché Isaac era lì in quel momento?"
Isaac mi appoggiò sul vellutato sedile della carrozza. Altre coperte mi furono stese sul corpo, poi Janette entrò e mi si sedette di fronte.
-Pronte a partire?- chiese Isaac con sguardo imperscrutabile. Avrei tanto voluto leggere nel pensiero per sapere che cosa gli passasse per la testa e non era la prima volta che provavo quel desiderio.
-Pronte- rispose Jenette con affanno, mentre con le sue mani rugose e famigliari mi sfregava freneticamente per riscaldarmi.
-Abraam io torno a piedi, ti faccio da scorta per assicurarmi che nessuno ci veda o faccia domande, mi raccomando fai attenzione ai..- si guardò attorno circospetto -non è il caso di nominarli qui fuori, posso fidarmi?- disse tornando a fissare il ragazzino con le lentiggini.
-Non si preoccupi, Mr Thompson- detto questo chiuse la porta e il vento rimase fuori.
Dopo breve tempo la carrozza si mosse. Osservai il bosco al di fuori del finestrino scorrere velocemente. Tutto era sfocato, buio, ma la luna era invece splendente e luminosa. Un faro nella notte e una maestra di vita che sembrava sempre chiamarmi. Forse la vedevo così grande e come punto di riferimento, perché ero ancora sotto il suo effetto o forse semplicemente era stupenda. Lei così unica nel suo genere, era sempre così luminosa e protettiva da essere famigliare e amica, ma era così lontana e irraggiungibile.
Non si sentiva mai sola?
Janette chiuse la tenda perché nessuno vedesse chi vi viaggiava, poiché stavamo entrando in città. Così facendo mi sembrò che la realtà si mettesse in mezzo alla mia libertà, rendendomi prigioniera.

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