Capitolo 3

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Una volta asciutta e indossata la vestaglia nera da notte, raggiunsi Abe e Janette in cucina.
-Cosa hai preparato di buono, Janette?- domandai posando un braccio sulle spalle curve e annusando con enfasi il fragrante odore di carne che inondava la stanza.
-Come se non lo sapesse già- disse Abe dal tavolo ridacchiando divertito prima di tornare alla suo pasto, ovvero un bicchiere di sangue di scimmia, l'unico così simile a quello umano da poter saziare veramente la fame di un vampiro "vegetariano". Gli lanciai una finta occhiataccia e per poco non gli feci la linguaccia. Abe tirava fuori la bambina che era in me.
-Bacon croccante, uova e polpette di maiale con il mio sugo dall'ingrediente segreto- concluse la governante non curante del nostro scambio di battute.
-Una delle tue prelibatezze, grazie Janette-. Le diedi un bacio sulla guancia rugosa. Non le avevo mai spiegato che grazie al mio essere soprannaturale potevo individuare tutti gli ingredienti di un piatto. Ci tenevo a lasciare che per lei rimanesse un mistero, perché le permetteva di essere creativa con piatti gustosi ed elaborati, sempre con l'immancabile ingrediente segreto.
-Ho pensato che volessi qualcosa di caldo e nutriente vista la brutta giornata-. Nella sua voce percepii tutta la tensione e le domande che voleva nascondermi e a cui, presto o tardi, avrei dovuto rispondere. Avrei voluto rimandare il momento, ma era meglio che venisse tutto a galla adesso, finché l'accaduto era ancora fresco.
-Avanti, parlate- dissi in un sospiro.
Abe e Janette si guardarono in una silente intesa, titubanti sul da farsi.
-Forza- li incoraggiai gentilmente.
-Ricorda qualche cosa di questa notte?- si fece avanti il ragazzino.
-Nulla, come sempre-.
-Il sangue che aveva addosso era umano non è vero?- chiese Janette senza distrarsi dalla sua cucina. Abe mi osservò senza proferire parola. Di sicuro lui sapeva già la risposta.
-Si Janette, era umano- dissi in un sospiro.
-Chi ha scoperto che ero scomparsa?- chiesi osservandoli negli occhi.
-Io- ammise Abe -ma lo sa che nessuno di noi due avrebbe mai neanche solo pensato di liberare il lupo, vero?-. Sospirai.
-Lo so, ho fiducia in voi, ma questo vuol dire che qualcuno è riuscito ad entrare nella villa e ha aperto deliberatamente la gabbia-.
-Ma perché qualcuno farebbe una cosa simile?- chiese preoccupata Janette.
-Anche questa è una buona domanda, ma quella più importante è come ha fatto ad eludere i miei incantesimi di protezione-.
Rimanemmo in silenzio pensierosi per un po', fino a che il pasto non fu pronto. Janette iniziò a servirmi.
-Cosa pensa di fare, mia signora?- chiese lei premurosa.
-Trovare il colpevole e fargliela pagare-. Non era necessario spiegare loro il perché.
-E se fosse ciò che vuole?- chiese Abe posando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo. Lo guardai negli occhi.
-Se così fosse, vuol dire che non ha idea con chi ha a che fare e questa mancanza gli costerà caro-. Mi sedetti sulla sedia rivestita di velluto bordeaux.
-Non posso permettere che qualcuno pensi di averla fatta franca dopo essere entrato nella mia tana-.
-E' il lupo che parla?- chiese Janette visibilmente preoccupata.
-Probabile- ammisi -però non posso permettere che qualcuno che conosce il mio segreto è che agisce in modo così sconsiderato vada in giro libero e impunito-. Janette fu scossa da un brivido. Questa mia vena sadica la metteva sempre a disagio.
-Come farà a trovarlo? Voglio dire non ci sono indizi e non vi è altro odore se non il vostro là sotto- esordì il ragazzino dai capelli rossi.
-Fortunatamente l'olfatto non è il mio solo strumento- gli feci l'occhiolino.
Abe sorrise tristemente, probabilmente avrebbe voluto evitare tutto ciò.
-Posso esserle d'aiuto?-
-Non per il momento, ti ringrazio- sorrisi premurosa e Abe ricambiò, questa volta sincero.
-Bene, ora non pensiamoci per un po' e pensiamo a riempire i nostri stomaci- concluse la conversazione Janette. La nostra società non avrebbe mai approvato ciò che accadeva in casa nostra, ovvero che una governate e un tutto fare mangiassero alla stessa tavola della loro padrona. Ciò che però nessuno avrebbe mai capito era che per prima cosa noi eravamo una famiglia. Nessuno di noi aveva nessun altro se non le persone sedute a quella tavola.
Nonostante il tempo del pasto passò tranquillo e beato, non riuscii a smettere di tormentarmi. Ciò che era successo era un orrore e non riuscivo a concepire che fosse accaduto.
Ben presto andai in camera. Il letto matrimoniale con le sue nere lenzuola di seta era così invitante che non resistetti. Mi addormentai ancora prima di toccare il cuscino.

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