Un amico ubriaco

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MARTINA
Ieri è stato il compleanno di Gabriele che abbiamo felicemente passato insieme. Credo che ieri oltre a essere una giornata importante, poiché suo diciottesimo compleanno, sia stata una giornata decisiva per la nostra relazione.
Essere stati insieme ci ha uniti fisicamente molto più di quanto lo fossimo sentimentalmente.
Stare stretti l'uno nelle braccia dell'altro è una sensazione così nuova, ma al contempo così bella.
Oggi ha organizzato una festa per festeggiare insieme ai suoi amici.
Ci andrò anche io ma senza le ragazze, che non se la sono sentita di venire.
Gabriele ha affittato una stanza in un locale vicino casa mia e ha allestito una mini discoteca.
Ci saranno anche alcolici, ma io non bevo. Ho paura di ubriacarmi e di fare
cose di cui potrei pentirmi.
Sotto i fanali improvvisati e un dj di fortuna, io e Gabriele balliamo le note di Hotline Bling.
Ci muoviamo insieme, lui dietro di me con un braccio stretto sulla mia vita e io con le ginocchia leggermente flesse e con un braccio stretto attorno al suo collo.
Lui mi lascia caldi baci sul collo e vorrei che questa serata finisse qui, chiudermi in camera sua e dargli il regalo di compleanno.
Traballante si avvicina a noi un ragazzo alto, con i capelli legati in un codino. Indossa un paio di occhiali specchiati tondi, tra le labbra ha un drum, porta una maglia bianca con le scritte nere lunga e un paio di pantaloni con la vita bassa; indossa un paio di vans colorate e un paio di calzini molto eccentrici: con mazzi di soldi stampati sopra.
Alza le mani al cielo e scuote la testa a ritmo di musica. Urla qualcosa ma non riesco a sentirlo a causa del volume alto.
Appena vede Gabriele si avvicina ma inciampa e mi finisce addosso.
-Sc.. Scusa- dice con la voce impastata, con movimenti strascicati si sistema gli occhiali sulla punta del naso e traballa.
Gabriele gli afferra un braccio e lo aiuta a rimanere in equilibrio.
-Amico ma quanto hai bevuto?-
-Così- avvicina pollice e indice.
-Sì, certo-
Gabriele si porta il braccio del ragazzo attorno al collo e cerca di farlo camminare.
-Amore mi aiuti?- mi indica l'altro braccio.
Lo trasciniamo fino all'esterno, nel parcheggio.
Gabriele lo appoggia alla fiancata della sua macchina.
-Lo porto a casa- dice Gabriele aprendo l'auto e caricando il ragazzo nei sedili posteriori.
-Ti accompagno- mi siedo nel sedile del passeggero e aspetto che anche Gabriele salga in macchina.
Intanto l'ubriaco mormora parole senza senso, riguardo un tanga leopardato in saldo alla macelleria.
-Ma chi è questo disgraziato?- domando sistemandomi i capelli arruffati.
-Il mio migliore amico-
-E com'è che in due anni non me lo avevi mai presentato?- inarco un sopracciglio.
-Era meglio se non lo conoscevi... Lui è un po' particolare-
-Lo vedo...-
-Che bello il caricabatterie con i brillantini, chissà che buono con il sedano- sbiascica con la bocca impastata il ragazzo.
Mi volto per assicurarmi che stia bene e che non vomiti in macchina.
-Jacopo, tutto apposto?- chiede Gabriele dando una rapida occhiata nello specchietto retrovisore.
-Non aspettarti che risponda-
Guida per circa dieci minuti e quando imbocca una strada sterrata, si ferma in fondo alla via.
Scende di macchina lasciando lo sportello aperto e si carica sulla spalla Jacopo.
Scendo anche io.
-Cerca le chiavi di casa-
Dopo un momento di esitazione infilo le mani nelle tasche alla ricerca delle chiavi.
Trovo scontrini, resti di tabacco e persino un paio di occhiali ma delle chiavi non vi è traccia.
Proprio mentre mi sto allontanando, Jacopo emette un conato e mi vomita sulle scarpe.
Faccio un urlo e salto indietro schifata.
-Oddio  che schifo!- urlo.
-Martina, tu non sali in macchina così lo sai vero?!-
-Stai scherzando Gabri?!-
-Cos'è tutto questo baccano?- un signore di mezza età sbuca dal portone del terratetto e non appena ci vede strabuzza gli occhi.
- Gabriele! Cos'è successo?- chiede preoccupato alla vista di Jacopo inerme tra le braccia del mio ragazzo.
-Ha bevuto un po' troppo e ha vomitato-
Mi da una veloce occhiata e scuote la testa.
-Lascia qua, me ne occupo io. Mio figlio se non combina qualcosa non è contento- Gabriele affida al padre Jacopo dopodiché lo saluta e torna in macchina.
-E io cosa dovrei fare in queste condizioni?- chiedo indicando le gambe e le scarpe piene di vomito.
- Forza sali, andiamo a casa mia-
Mi avvicino alla macchina, sotto i miei piedi, nel prato, sento qualcosa di molle.
Abbassò lo sguardo e illuminato solo dalla luce di un lampione, vedo ciò che ho pestato: cacca.
-Che serata di merda!- urlo.

AMORI PARALLELI -sospesa-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora