Capitolo 4.

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Josh's pov.
Ero da poco arrivato in questa città,ormai a Seattle tutto era andato perso. Gli amici,la famiglia,tutti erano andati via dopo quel che avevo combinato. Avevo deluso tutti,non c'era giorno in cui non me ne pentissi,ma ormai c'era poco da fare,quel che era stato fatto era fatto,non si poteva tornare indietro. Nascondo dentro tante cose che non mi permettono al meglio di relazionarmi con gli altri. A volte non mi capisco neppure io,da che sembra che tutto si stia rialzando,perdo le speranze e faccio crollare nuovamente tutto.
In questa città,dove nessuno mi conosce,voglio ricominciare a farmi valere,voglio in un certo senso rimediare e fare ciò che nel mio vecchio paese non ho fatto o che comunque ho fatto ma non è andato a buon fine.
Ero ancora minorenne,avevo soltanto diciassette anni,decisi di ricominciare a frequentare la scuola. Di pomeriggio invece avrei cominciato un piccolo lavoro con cui sarei stato in grado di mantenermi.
Era già troppo tardi e se avessi continuato a pensare non sarei arrivato puntuale al mio primo giorno di scuola,quindi dopo essermi vestito e lavato,mi appostai alla fermata dell'autobus in attesa che arrivasse,poiché il mio motorino era rotto. Mi appuntai mentalmente di passare a prendere il pezzo di ricambio una volta uscito da scuola. Notai nel frattempo che,dalla casa di fronte la mia,di tutta fretta una ragazza uscì e comincio ad incamminarsi,anche se vista da lontano sembrava davvero una bella ragazza. Da quello che riuscì a vedere sembrava avere un fisico slanciato e dei lunghi capelli biondi.  Mentre io l'osservavo da lontano per riuscire a vedere ancor di più,l'autobus arrivò,quindi lasciai perdere e salì. Nel breve tragitto,inserì le cuffiette e cominciai ad ascoltare la musica,osservando man mano la strada che passava. Arrivai,disorientato,mi recai in presidenza e lì mi diedero tutte le indicazioni necessarie per arrivare nella mia classe. Non appena arrivato,tutti gli sguardi dei miei nuovi compagni erano tutti puntati nella mia direzione,ero un po' in soggezione,ma come sempre riuscì a mascherarlo. Riuscivo se volevo,a nascondere tutte le mie emozioni. Molte delle ragazze mi guardavano come se non avessero mai visto ragazzi,solo una ragazza in particolare mi colpì,era sola,chiusa dentro se,e diversa dalle altre,non mostrava interesse nel guardarmi,non si riusciva a capire per niente quello che in quel momento pensasse. Sembrava spenta,fredda. Mi ricordava molto quella ragazza che oggi avevo visto,le assomigliava molto,ma non ne ero molto sicuro avendola vista da lontano. Anche lei era davvero bella,molto.
La professoressa aveva già riposto tutte le sue cose e aveva cominciato a parlare,mi presentò a tutti i compagni e raccomandò loro di guidarmi,e di darmi i giusti consigli per mettermi a mio agio. A guardarli per bene uno per uno,non sembravano persone poco affidabili come quelli cui ero solito stare,sembravano tranquilli,semplici. Impegnato a pensare non mi accorsi che la professoressa aveva già finito di parlare e mi avesse gentilmente chiesto di prendere posto. Non ebbi molta scelta poiché l'unico posto libero era vicino quella ragazza,ma avrei preferito stare accanto a lei,anche se ci fossero stati altri quattro o cinque posti liberi. Questa ragazza mi intrigava e parecchio anche. Chiesi quindi il permesso e lei imbarazzata accettò. Passarono le ore,ma come mi aspettavo,e come infatti traspariva dal suo aspetto,era fredda. Non mi aveva rivolto parola,neppure un semplice saluto. Non sapevo neppure come si chiamasse. Volevo in qualche modo parlarci,ma non sapevo come comportarmi,non sapevo se era quella la cosa giusta da fare. Pensai che un semplice 'mi presti la gomma?' l'avrebbe in qualche modo sbloccata,ma non fu così.
Una volta suonata la campanella della fine delle lezioni,salutai tutta la classe ed andai in direzione del negozio dove avrei preso quel pezzo che mi serviva. L'avevo precedentemente cercato su internet,non essendo del posto e non conoscendo nulla,per questo motivo non ero molto sicuro su dove stessi andando,ma provai comunque. Con mia grande fortuna le indicazioni erano giuste e in poco tempo arrivai a destinazione. Presi quel che dovevo,pagai e tornai sulla via di casa,nuovamente in autobus. Arrivai e subito dopo senza neppure entrare dentro casa,uscì dal garage la mia moto e cominciai ad aggiustarla,diciamo che grazie a mio padre su queste cose ero abbastanza bravo,sin da piccolino avevo cominciato ad usare tutti questi attrezzi. Molto impegnato in ciò che stavo facendo,non persi tempo neppure a mangiare. Dovevo al più presto finire di aggiustarlo,perché l'autobus costava,ed io dovevo risparmiare se volevo continuare a restare lì. Si erano già fatte le cinque del pomeriggio,decisi che era ora di prendersi una pausa,quindi andai a farmi una passeggiata per la città. Londra era molto grande,tantissimi negozi,grandi parchi,c'era di tutto e di più. Una delle città più belle che avessi mai visto. Amavo viaggiare,e di città ne avevo davvero viste tante insieme alla mia famiglia. Persi un paio d'ore a girare e a familiarizzare con l'ambiente. Intorno alle nove la fame cominciava a farsi sentire,non avevo pranzato e il pomeriggio mi ero perso ad osservare la grande città,quindi passai a prendere una pizza,tornai a casa e la mangiai.
Mi guardai un po' di televisione e mi rimisi nuovamente a lavoro. Passarono così in fretta le ore,ero stanco,ma non potevo smettere proprio adesso,proprio quando stavo per finire. Talmente preso dal sonno,feci cadere a terra quel pezzo,fece un rumore assordante,erano le tre di notte e sperai che nessuno avesse sentito,sennò avrei dovuto subirmi anche dei rimproveri. Sembrava che fosse tutto apposto,quando ad un tratto la porta di fronte al vialetto si aprì. Feci finta di non accorgermene,ma quella ragazza che avevo visto oggi,o almeno sembrava fosse lei,uscì e pian piano si mise dietro una siepe. Mi venne spontaneo ridere per quel gesto,era davvero buffa ma decisi comunque di far finta di niente. Ci fu poi un leggero fruscio da dietro la siepe,pensai fosse lei,magari voleva che ci andassi e aveva apposta procurato quel rumore. Così decisi di andare,appena cominciai ad avvicinarmi,la ragazza uscì. Era lei,la mia nuova compagna di banco,quindi stamattina quando pensavo fosse lei non mi sbagliavo. Era davvero bella,dovevo ammetterlo,di una bellezza assurda. Il mio tipo di ragazza ideale,occhi chiari,capelli biondi,bassina,fisico perfetto. Con un sorriso la salutai,per mettere fine a quell'imbarazzo che si era creato. Poi ritornai al mio lavoro come se non ci fosse nessuno accanto a me,non volevo essere un disturbo per lei. Dopo vari minuti parlai,mi sembrò troppo male averla accanto e non rivolgergli la parola,chiesi quindi di passarmi quel cacciavite,e lei lo fece senza esitazioni. Non sapevo come rapportarmi a lei,dopo quello che avevo combinato non sapevo più come comportarmi,in generale. Preso dal dispiacere nel ricordare il mio passato,continuai a lavorare stando zitto. Lei ad un certo punto se ne andò,senza neppure dirle nulla,la lasciai fare.
Continuai a lavorare,ma mi pentì di non averle detto di restare,quindi una volta ultimato tutto,andai a citofonarle,e lei agitata aprì la porta.
La ringraziai per poco prima,ero visibilmente imbarazzato e nervoso. Non ero abituato a certe cose. Lei felice di quello che feci,mi mostrò un sorriso a trentadue denti,e poco dopo mi salutò. Chiuse la porta. Mi incamminai per casa mia,mi misi nel mio letto e cominciai a ripensarci,mi ricordai ad un certo punto che non sapevo neppure il nome di questa ragazza e che l'indomani avrei dovuto chiederglielo. Mi aveva reso abbastanza felice il fatto di aver finalmente parlato con qualcuno. E sperai che presto si ripetesse ciò che era accaduto poco tempo prima.

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