capitolo 9

96 20 3
                                    

La lezione mi sembrò un'eternità.

Sentivo in sottofondo delle chiacchiere su di me: sul perché ero entrata con Henry e sul fatto che ero strana.

"Strana" è così che mi chiamavano sempre. Pensandoci, io non ero solo strana, ma anche complicata, lunatica, chiusa, vuota... ma il vero aggettivo che mi definiva era "debole".

Di incontrare nuove persone, di schiudere la mia corazza, di esprimere le mie opinioni, di fidarmi di qualcuno... avevo paura degli altri e, ancora di più a me stessa.

E da sola, non sarei mai riuscita a superarla.

Iniziò la ricreazione e con essa una serie di domande da parte di Alessia, sul perché ero in ritardo e perché c'era anche Henry con me.

Io allora le risposi:
-"Ieri avevo dimenticato di mettere la sveglia, per questo sono arrivata in ritardo. Se l'ha fatto anche Henry non sono affari miei. È stato solo un caso."

Un caso o no dovevo ringraziarlo, in fondo mi salvò la vita, un'inutile e sprecata vita.

Eravamo sedute come gli altri giorni sulla "nostra" panchina, isolata da tutte le altre e con una vista a dir poco stupenda.

Coperta da un Salice piangente, il quale per terra, si divertiva a creare delle figure sempre nuove.

Mi piaceva chiamarla "nostra", dava un senso di appartenenza, condivisione. Un qualcosa di prezioso che vuoi mostrare anche all'altro, non per vantarti , ma semplicemente perché sai che quella persona ne avrà cura.

Al finire delle lezioni salutai Alessia, che andava di fretta perché doveva prendere la sua sorellina.

Pian piano la classe si svuotava, fino a quando non rimanemmo solo io e lui.

Henry prese un quaderno e strappò due fogli dal centro, uno dei quali diede a me, osservandoli il viso con i suoi occhi.

Mi piaceva sprofondare dentro essi, erano come degli abissi profondi, freddi e bui, ma contemporaneamente pieni di meraviglie e tesori nascosti.

-"Prima finiamo, prima andremo a casa." Disse per poi sedersi nel banco davanti al mio, in modo tale da non poterlo più osservare, ne parlare.

Scrissi una scusa veloce, in fondo non feci nulla di grave, ne quantomeno arrivai tanto in ritardo.

Arrivò il momento di compilare il registro, ero sul punto di alzarmi, quando lo fece lui.

Si avvicinò alla cattedra prendendolo, per poi avvicinarsi a me, mentre guardava il soffitto.

Si sedette, questa volta vicino, per poi dire con voce piatta:
-"faccciamo metà e metà, inizia tu."

Presi una penna in mano, che senza volerlo un po' mi tremava. Iniziai a scrivere i nomi dell'elenco.

Eravamo in tutto 22. Solo a una persona importavo, Alessia. Per tutti gli altri ero solo un'ombra.

Mentre scrivevo sentivo i suoi occhi fissarmi, per poi posarsi sul foglio e di nuovo risalire. Come una lenta danza.

Finii di scrivere 11 nomi, persone che non conoscevo, ne avevo la voglia di fare.

-"Tieni." Dissi con tono freddo. Lui prese il registro e posò la penna su esso, formando nomi e cognomi.

Posai lo sguardo sul pavimento e sentii la sua voce quasi sussurrare:
-"Ho finito."

Mi girai verso di lui e guardai il registro, per assicurarmi che era vero. In effetti sì, però non come immaginavo.

-"Che scrittura!" sbuffai. Lui mi guardò quasi sorpreso per l'espressine che feci, per poi dire:
-"Ah sì?"

Si alzò di scatto avvicinandosi alla lavagna. Prese un gesso e iniziò a disegnare qualcosa.

Stava animando quella lavagna sbiadita attraverso il suo movimento fluido, sicuro, quasi perfetto della mano. Esprimeva tutte le sensazioni che aveva dentro con un semplice gesso.

Quando finì, sulla lavagna c'era un cuore, con delle rose che fuoriuscivano ancora non sbocciate. E dopo poco, mi accorsi che in alto c'era una lucciola, tutta sola.

-"Cosa rappresenta questo disegno?" Chiesi stupita, per la bellezza dell'immagine in confronto alla scrittura che aveva.

-"Molte più cose di quanto immagini." Si limitò a dirmi lui.

-"L'unica cosa che posso dirti... è quella lucciola sono io, e il calore che emano non basta a riscaldare il cuore." rispose guardando il disegno.

Gli strappai il gesso dalle mani, e mettendomi sulle punte, disegnai un'altra lucciola, per poi dirgli con tutta sincerità:
-"Tu non sei solo, ci sono io con te."

Mi guardò per un paio di secondi.
-"Nessuno può aiutarmi!" Rispose per poi andarsene.

Lasciandomi sola in quella stanza.

Almeno tu, resti?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora