"Ciao". Mi giro, conosco questa voce...È Alberto. Inizio a gridare : "dove sono? che ci faccio qui? cosa è successo?". Inizio ad avere paura e lui si avvicina sempre di più fino a toccarmi una mano. Un brivido scorre il mio corpo e una lacrima scivola via. Non poteva essere vero tutto questo...inizia a dirmi una serie di cose che non capisco tranne una parola che mi salta all'orecchio, era un nome e questo nome lo conoscevo fin troppo bene. -Oreste-.
Lo fermo iniziando a dire "cosa ha fatto? dimmelo." urlando. La sua voce diventa sempre più silenziosa, non riesco quasi a vederlo e capisco fra quel rumoroso silenzio "vendetta". Ecco che riapro gli occhi e sento i ragazzi urlare "si sta riprendendo eccola". Prendo la borsa con forze al di sotto di 0 e me ne scappo a casa piangendo. Ora ho capito cosa fare. La macchina che scoppia, Alberto non è morto per un guasto nella macchina ma per un guasto causato da Oreste. Prendo una corda e un martello e giungo sotto il suo palazzo, lui ha un sorriso malizioso e io la rabbia che esplodeva. Salgo sopra e lui inizia a dire serie di cose tipo "che c'è il tuo amichetto ci ha lasciato, mi dispiace troppo, ti ha lasciata sola ed io ero sicuro che tornavi da me. Senza me sei una povera scema" e ride. La mia faccia e la mia espressione cacciava ira da tutti i pori. Apro la borsetta e mentre lui apre uno champagne faccio uno scatto e lo prendo con la corda per la gola. Ho il mio fiato sul suo collo, lui ha paura, mi implora di calmarmi, io non posso calmarmi. Lui ha tolto dal mondo tutta la mia vita e lui deve essere tolto dal mondo. Lui è cattivo e merita di soffrire. Prendo una sedia e lo sbatto sopra, lo lego e inizio a girarci intorno, ora sono io che sorrido. Stappo lo champagne e inizio a bere un sorso dopo l'altro. Lui piangeva, poverino ma io non ho mai avuto pietà per nessuno, Alberto nemmeno quello ha potuto fare. Nemmeno piangere. La rabbia sale sempre di più e apro di scatto la borsetta e inizio a prendere il martello. Lui quasi sviene, è bianco, sembra morto ma non lo è ancora, piange, urla, soffre, diceva uccidimi ma non è così che calmavo la mia ira. Lui doveva soffrire quello che avevo sofferto io. E colpo dopo colpo il mio sorriso cresce fino al colpo di grazia. Gli do un bacio in fronte e lo lascio lì sporco di sangue, distrutto come aveva distrutto me.