Capitolo uno

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Amber
Mamma mi ha appena svegliata. Dice che oggi per me sarà un giorno importante, che conoscerò gente nuova. Dice sempre che vorrebbe vedermi felice, magari uscire il pomeriggio con le amiche, andare alle feste o divertirmi ma credo che non mi vedrà mai così. Da quando sono nata faccio solo il mio dovere di brava figlia. Studio, aiuto mamma in casa e non porto nessun genere di guai, dovrebbe essere fiera di me no?
Quando mi alzo dal letto inquadro subito la sveglia sul comodino a destra, l'avrò come sempre fatta cadere e mamma di suo solito la mette sempre a posto prima di me perché odia il disordine, ma oggi non l'ha fatto e mi chiedo perché.
Esco dalla mia camera e cerco di andare in salotto senza rompermi una gamba o trascinarmi dietro qualcosa, vedo mamma ai fornelli intenta a preparare qualcosa e quando si accorge della mia presenza posa subito lo sguardo su di me.
<<Ben svegliata.>> dice sorridente.
<<Buongiorno.>> mi limito a dire io.
<<Ho pensato che per iniziare bene la giornata devi essere carica!>> esclama servendo la colazione.
<<Grazie mamma.>>
<<Oggi è un giorno speciale devi essere pronta.>>
<<Bhe è solo il primo giorno di liceo.>>
Fa l'occhiolino e poi si allontana.
Non riuscirò mai a capire il suo buon umore mattutino, è sempre così ottimista e sorridente che quasi mi fa invidia.
<<Ora vado a prepararmi comincia a farsi tardi.>>
Annuisce.
Non voglio dare troppo nell'occhio quindi scelgo di vestirmi in modo semplice. Prendo dell'armadio un paio di blu jeans, una camicetta colorata e scarpe da ginnastica. In pochi minuti sono già pronta, ho sistemato i capelli in una treccia e messo un filo di trucco.
<<Eccomi ho finito.>> dico.
<<Fatti dare una sistematina.>> dice scuotendomi.
<<Smettila mamma.>> urlo.
<<Ora sei perfetta.>> dice sorridendo.
<<Andiamo.>>
Durante il tragitto non diciamo una parola sarà offesa per come l'ho trattata ma del resto lo sa che mi dà fastidio il suo atteggiamento assillante.
<<Accosta pure qui.>> dico.
<<Ma hai ancora qualche isolato davanti.>>
<<Ho voglia di camminare.>> chiudo la portiera.
<<Ci vediamo dopo allora.>> dice salutandomi.
Alzo la mano per salutarla e mi volto.
La strada è piuttosto affollata, ci sono un sacco di auto rumorose e studenti che chiacchierano senza sosta. Quando attraverso l'incrocio vedo un ubriaco sul ciglio della strada, è in uno stato penoso,incrocia il mio sguardo e ride mostrandomi la bottiglia, smetto di guardarlo e mi incammino in fretta verso scuola. Ho il cuore a mille quando finalmente arrivo. Vedo in lontananza l'ingresso e il bidello che apre le porte per farci entrare, schiere di studenti si ammazzano per arrivare primi.
Io ho rallentato il passo per la stanchezza e per fortuna non sono l'unica sfigata , vicino a me noto un ragazzo alto e moro, indossa un cappello e per questo non riesco a vederlo in faccia. Cammina in modo tranquilla e striscia i piedi. Quando entrambi siamo nella soglia della porta mi fa cenno di entrare, io sorrido e faccio come dice.
Mi metto a seguirlo sperando che possa condurmi nei corridoi , lo guardo da dietro e poi a un certo punto si blocca e si volta nella mia direzione.
<<Mi stai seguendo?>> dice.
Non ha ancora scostato il cappello e mi domando perché vuole tenere il suo viso così coperto, forse vuole nascondere qualcosa o è solo stanco. Opto per la prima perché in effetti in lui c'è qualcosa di misterioso che intendo scoprire, non so perché ma mi intriga sapere che non sono la sola a voler stare per conto mio e lontano da tutto.
<< In realtà volevo solo trovare la mia classe.>> rispondo.
<<Vuoi che ti dia una mano?>>
<<Magari. Sempre che non sia un problema.>>
<<Non ho nulla di meglio da fare.>>
<<Va bene.>>
Cammina avanti mentre io lo seguo, non dice una parola e quando arriviamo davanti a una porta chiusa mi dice di entrare.
<<Grazie per l'aiuto.>> dico sorridendo.
Lui non dice una parola e si allontana.
Mentre poso la mano sulla maniglia respiro profondamente per prepararmi al peggio, poi entro. Mi guardano tutti e anch'io guardo loro, quella che dovrebbe essere la mia insegnante se ne sta comodamente seduta nella sua scrivania a fissare le sue mani perfette, poi si accorge di me.
<<Sei in ritardo.>>
<<Scusi non succederà più.>> dico.
Mi guarda da capo a piedi e poi mi indica dove sedermi. Il banco è vuoto, meglio così non dovrò questo inutile spazio con nessuno. I miei "compagni" continuano a guardarmi ma vengono distratti da qualcuno che bussa alla porta attirando anche la mia di attenzione.
Il ragazzo con il cappello entra senza salutare nessuno, si blocca un istante e cerca di inquadrare un posto libero e viene verso di me, getta il suo zaino e si siede facendo un gran rumore.
<<Roger Morgan le sembra questo il modo di entrare!>> urla la signorina Arlene.
Lui resta impassibile non guarda nessuno e resta a bocca chiusa.
<<Risponda.>>
<Se vuole posso benissimo anche uscire.>> dice.
<< Non è divertente. Adesso tolga il cappello.>>
La classe ride alla sua battuta mentre io lo guardo per capire se mi ha riconosciuta o meno ma lui non si muove.
<<Ha sentito?>> dice venendo venendo verso di noi.
<<Ho sentito non sono mica sordo.>>
<<Allora faccia quello che ho detto!>> esclama furiosa.
<<Lei non può obbligarmi a fare nulla e adesso si tolga dalle scatole.>> dice ignorandola.
<<Adesso basta Roger hai superato il limite. Vai subito dal preside e ringraziami se non ti ho ancora espulso.>>
Prende le sue cose la guarda ed esce dalla classe. Avevo subito capito che fosse un ragazzo scontroso ma non immaginavo fino a questo punto, penso abbia qualcosa da nascondere che non vuole tirare fuori per questo è accanito così con tutti.
Quando suona la campanella tutti escono dalla classe e parlano di lui, sono più tranquilla ora che non si parla di me ma per Roger mi dispiace.
Sono curiosa di rivederlo, di capirci qualcosa, cerco la presidenza e quando riesco a trovarla rimango lì e faccio finta di niente. Esce dopo pochi minuti e io mi trovo ancora lì.
<<Che hai da guardare?>> mi urla contro.
Scuoto la testa.
<<Volevo solo ricambiare il favore. Ti serve una mano?>> dico.
<<No non mi servo una mano, me la cavo benissimo da solo.>>
Lo ignoro voglio farlo arrabbiare sul serio.
<<Hai sbagliato a comportarti così in classe, passerai dei seri guai lo sai?>>
<<E a te che te ne importa?>> urla ancora.
<<Nulla, è solo un consiglio.>>
<<Lasciami in pace.>>
<<Cosa cerchi di ottenere in questo modo?>>
Sento che da un momento all'altro mi ucciderà con quello che sta per dire.
Si irrigidisce, lo vedo dalle sue mani che sono chiuse a pugni.
<< Voglio solo fare a modo mio.>>
<<E ti sembra questo il luogo?>>
Lui mi fissa e come sempre non parla.
<<No non lo è. Ora và a chiedere scusa alla signorina Arlene.>> dico.
So che non ho alcun diritto su di lui e che probabilmente non mi ascolterà perché non ci conosciamo nemmeno, ma mi sento di doverlo mettere in guardia.
<<Non lo farò scordatelo.>> dice impassibile.
<<Non vai da nessuna parte così.>> dico mollandolo lì solo.
Mi sembrava carina l'idea di poterlo aiutare ma lui non apprezza nulla, è pieno di orgoglio e non vede oltre.
Mi incammino verso la classe ed ancora piuttosto vuota, poi lo vede arrivare e viene a sedersi.
Si volta verso di me e fa il gesto di levarsi il cappello.
<<Hai vinto.>> dice.
<<Credevo ci volesse più tempo per convincerti.>> ammetto fiera.
<<Non se a farlo è una bella ragazza.>>
Divento rossa a quelle parole.
<<Immagino allora te ne servano molte per sostenere i tuoi casini.>>
<<Dipende..non se si tratta di quella giusta.>> dice serio.
<<E l'hai trovata?>> gli domando.
<<Non ancora.>> risponde.

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