Capitolo 6

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Sono seduta accanto a lei, la corriera procede spedita.
È la prima volta che non sono attratta dal paesaggio; anche con gli occhi chiusi, è bellissima.
Apre di scatto un occhio, mentre ho ancora gli occhi puntati su di lei.
Alza un angolo della bocca in un sorriso sarcastico:
-Beccata- ridacchia, e richiude l' occhio. Per il resto del viaggio non dice una parola.

-Alex- dico, mentre traffica con le chiavi per aprire la porta del suo appartamento -perché lo stai facendo?

Alex' s pov
-Alex- dice.
Ma dove cazzo sono le chiavi? Bah.
-Perché lo stai facendo?- continua.
Ah eccole. Finalmente.
Non rispondo, non saprei cosa dire.
-Vieni- le dico anzi- forse dovresti avvisare i tuoi che 'sta sera dormi da un' amica. Non sei nelle condizioni di tornare a casa.
-Non mi lasceranno mai.
-Chiedi alla tua migliore amica se ti fa un favore e mente per te. Ormai sei qua. Ed è tardi.

Cammino verso la cucina per ordinare due pizze, mentre sento Laura urlare al telefono.

Devo ammettere che è proprio una bella ragazza. Non è la tipica ragazza, l' ennesima, che mi farei e poi butterei via.
Mi soffermo a guardarla, mentre gesticola e inveisce come una matta. Le guance rosso peperone, il viso corrugato in un' epressione scocciata. Gli occhi. Grigi, come il cielo nei suoi giorni peggiori. Come i suoi...
Quando mi riscuoto dai miei pensieri, noto che mi sta fissando, in silenzio.
-Sono riuscita a convincerei miei.- dice.
-Tutto ok?- chiede poi, con aria preoccupata.
-Uh-ehm ssi...

Laura' s pov
Vedo il suo sguardo traballare, insicuro, alla ricerca di un qualcosa che non riesco a capire. È questione di un attimo: il tempo di chiederle se ha qualcosa e le torna il mezzo sorrisetto di sempre.
-Aspetta qui.- afferma con tono autoritario.
Mi metto a gironzolare per la sala; un basso divano beige a L, situato a destra della stanza.
A destra del divano, un enorme camino acceso; a sinistra, dei mobiletti dove, qua e là, sono posizionate delle foto e dei soprammobili.
Un grigio luminoso attira la mia attenzione su una foto: Alex che abbraccia da dietro una ragazza dagli occhi grigi, in primo piano, i capelli rasati da un lato e lunghi fino al mento dall' altro, che a sua volta cerca di morderle il collo.
Sulla cornice, una frase: "Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo. F.".
Distolgo lo sguardo non appena sento i passi di Alex che sta tornando, con una chiave in mano.
-Cosa stai guardando?- chiede.
-"Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo", l' ho già sentita...-
-Eraclito, filosofo vissuto ancora prima di Socrate e Platone.-
-Non ti facevo una tipa da filosofia.-
-Infatti. Non lo ero.-
Scorgo una certa nostalgia nel suo sguardo, nuovamente triste. Ma è di nuovo questione di una attimo, il sorriso le riaffiora istantaneamente sulle labbra.
-Sigaretta?- chiede.
-Faccio sport, non credo sia il caso.-
-A una bella ragazza non si dice mai di no.-

Siamo sulla terrazza, illuminate solo dalla luce del lampione presente sul ciglio della strada. La osservo attentamente mentre in silenzio, inspira profondamente il fumo dalla sigaretta; faccio altrettanto. Inevitabilmente finisco col tossire ripetutamente, soffocata dalla troppa voracità con cui ho aspirato il fumo.
Mi osserva divertita, senza dire una parola, il sorrisetto sarcastico sempre tra le labbra.
In breve tempo ha già finito la sua sigaretta, si siede sul davanzale della finestra, tirando a sé una gamba e appoggiando la testa sul ginocchio.
-Muoviti- dice -devo mostrarti una cosa.- e tira fuori dalla tasca la chiave che avevo notato poco prima.

Entriamo in una stanza lungo il corridoio. Al centro: un pianoforte a coda. Lo apre con due giri di chiave, ne sfiora i tasti con nostalgia.
-Una volta lo sapevo suonare anche io. Su, suona qualcosa tu ora.-
-No davvero non so se so...-
-Ti prego.-
Intono un notturno di Chopin.
Le lacrime iniziano a scorrere sulle guance, incessanti.
-Boia che brava.- era stato il commento di Andrea, la prima volta che gliel' avevo fatto sentire.
Al termine del brano sento dei singhiozzi dietro di me. Anche Alex sta piangendo, con una fragilità che non avrei mai pensato di vederle addosso.
Di slancio la abbraccio, e lei mi lascia fare. Anzi, mi stringe a sé ancora di più, quasi a sentire i nostri cuori che si toccano, e inizia a singhiozzare ancora più forte.
Le accarezzo delicatamente i capelli, fino a quando il suo respiro non torna regolare.
Le prendo la chiave dalla mano, chiudo il pianoforte.
Lascio che le dita delle nostre mani si intreccino e la porto fuori da quella stanza.

All' Alba Dei Tuoi OcchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora